La Commissione ha approvato l'operazione che dovrebbe attivare interventi per oltre 300 miliardi. Le risorse messe in campo da Bruxelles sono però molto inferiori: la speranza è che l'effetto leva le moltiplichi di 15 volte. Il cofinanziamento dei singoli Stati sarà volontario e non verrà inserito nel calcolo del deficit.
La Bei utilizzerà i 21 miliardi complessivi per emettere obbligazioni e raccogliere sul mercato fondi per un totale di 60 miliardi, con i quali a loro volta saranno finanziati i singoli progetti infrastrutturali (reti energetiche, di telecomunicazione e trasporto). Ed è qui che entra in azione l’effetto leva che dovrebbe consentire di far arrivare sul territorio dell’Unione 315 miliardi.
Il Feis sarà formalmente un’entità separata dalla Bei, per non mettere al rischio il suo rating tripla A ed evitare di esporre l’istituto creditizio a rischi. Il piano della Commissione risponde a tre esigenze (“pilastri”): mobilitare investimenti senza produrre nuovo debito pubblico, sostenere progetti in aree ritenute chiave come infrastrutture, ricerca e innovazione e rimuovere le barriere non finanziarie agli investimenti. “Il fondamento logico del Feis è di intercettare i progetti più rischiosi e soffermarsi su attività che sono di maggiore interesse strategico”, spiega la nota della Commissione. Il fondo “si assume la parte di rischio complessa”, facendosi carico della garanzia “sotto forma di debito subordinato”. Cioè accetta di essere pagato dopo gli altri creditori. Questo, secondo la Commissione, dovrebbe indurre i privati a partecipare alla parte meno rischiosa dell’investimento.
Gli Stati membri dell’Ue, come già chiarito nei giorni scorsi, potranno contribuire al piano su base volontaria immettendo risorse aggiuntive nel Feis. In tal caso “la Commissione adotterà una posizione favorevole nel contesto del giudizio delle finanze pubbliche nell’ambito del Patto di stabilità e crescita“. Vale a dire che quel cofinanziamento resterà fuori dal calcolo del deficit. Una decisione, quest’ultima, che Roma caldeggia fin dai tempi del governo Monti.
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