mercoledì 26 novembre 2014

Diritto al lavoro, una società non violenta non può non garantirlo.

Una piccola notizia nelle brevi in cronaca locale: «Non pagavano l’Inps, ambulanti non possono più vendere al mercato».

Sergio Noto Professore di Storia economica presso l’Università di Verona
Ambulanti-Roma-540Ovviamente, ognuno potrà dire quello che vuole, ma ad alcuni queste cose, apparentemente piccole, apparentemente contraddittorie, fanno arrabbiare più di qualsiasi altro scandalo, più di qualsiasi altro gravissimo torto. Perché fanno il paio con la prescrizione all’Eternit. Anzi ne costituiscono il fondamento non solo logico e quindi sono ancora peggio. Perché la prevalenza della forma che impedisce di fare giustizia ai morti è la stessa malattia che fa sì che, per riscuotere un’imposta o una tassa, si impedisca di lavorare e quindi di trarre il guadagno necessario per pagare le doverose imposte. Non è buttare via il bambino con l’acqua sporca – come dicono spesso i politici per salvare le loro malefatte – è molto di più, è l’assoluta mancanza di rispetto per la dignità della persona, l’accanimento abituale con i deboli e gli indifesi, con chi non ha altri mezzi che il proprio lavoro per sostentarsi.


Ma non vale arrabbiarsi in Italia, perché si fa anche la figura dello scemo che non ha capito come funziona o del moralista, che nel Paese dei furbi-cinici-del-tubo è l’offesa peggiore. Però qualcosa bisognerebbe fare, perché il rispetto per le persone e per il loro lavoro è all’ultimo posto, non dico nella cultura dei politici – che per definizione non praticano la logica di chi deve fare fatica per guadagnarsi da vivere – ma nella vita quotidiana, che è molto più grave.
Gli Usa saranno anche la patria del turbocapitalismo e delle disuguaglianze, ma anche i lavori più modesti sono rispettati, svolti quasi sempre con grande fierezza e consapevolezza. E molto più frequentemente che da noi, chi ha incominciato con un lavoro modesto può ascendere a posizioni di vertice inimmaginabili. Fidatevi, funziona così in tutti i Paesi veramente civili. Al contrario spesso in Italia sono gli stessi lavoratori – per lunga consuetudine – a sottostimare il valore della propria funzione, a comportarsi come quelle signore di mezza età che si lasciano andare, si trascurano e tollerano di non essere ammirati per le molte virtù che ancora potrebbero esprimere.
Alcuni si ostinano a ricordare il dettato costituzionale, così attento al lavoro e così disatteso. Riducono la questione a una faccenda di principi e di leggi fondamentali, dimenticando che alla fine è solo una questione concretissima di comportamenti quotidiani. E dimenticano che gli italiani non è che ce l’abbiano con la Costituzione in particolare, perché è proprio il fatto di avere dei principi da rispettare che non gli va giù. E non esiste società più violenta, indipendentemente dal numero dei morti e dei feriti, di una società che non riconosca nessun principio, nessuna regola, come intoccabile e indiscutibile. Perfino le regole della violenza sono meno violente dell’assenza di regole. E la società italiana è una società molto, molto violenta, anche se non ammazza per le strade, ammazza con l’Eternit infatti… e poi ti prescrivono. Dove non c’è rispetto per il lavoro c’è violenza.
Quante piccole vicende quotidiane di violenza, del tipo di quella che abbiamo ricordato all’inizio contro gli ambulanti che non avevano pagato l’Inps, dobbiamo ancora vedere prima di morire? Quanti oltraggi alle persone che vogliono lavorare e basta dovremmo ancora sopportare perché cambi qualcosa in questo paese? Un tempo la lotta di classe spingeva alla rivoluzione e non è stato un grande successo. Ma oggi la crescita di un movimento trasversale di difesa del lavoro potrebbe cambiare la faccia dell’Italia. Altro che Jobs Act.

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