mercoledì 26 novembre 2014

Classe Dirigente. Arrestati i signori delle bonifiche.

L'intera famiglia Grossi nei guai. Al centro delle indagini la discarica di Borgo Montello a 50 chilometri da Roma. Proprietari e dirigenti di Green Holding e Indeco accusati di falso, truffa aggravata e frode in pubbliche forniture. 
  Secondo la ricostruzione della procura, l'imprenditore e i suoi manager hanno dirottato oltre 34 milioni di euro, che sarebbero dovuti servire a garantire le operazioni di bonifica della discarica dopo la chiusura, ma che in gran parte sono finite a tre società di diritto lussemburghese.
 
L'Espresso di Stefania Maurizi
Hanno ereditato un business colossale, che trasforma i veleni in oro, realizzando enormi profitti, ma l'incantesimo di Re Mida potrebbe essere finito per gli eredi di Giuseppe Grossi, il signore delle bonifiche, con potenti agganci nel centro destra - da Paolo Berlusconi a Roberto Formigoni - e che è scomparso tre anni fa mentre era al centro di un'inchiesta su colossali risanamenti fantasma. Ora a finire nei guai è l'intera famiglia Grossi. I figli Andrea, Paola, Simona e la vedova Marina Rina Cremonesi sono stati arrestati stamani su ordine del Gip di Latina, Giuseppe Cario, nell'ambito di un' inchiesta coordinata dal sostituto procuratore di Latina, Luigia Spinelli, e condotta dalla squadra mobile di Latina guidata da Tommaso Niglio. Nel mirino delle indagini c'è il buco nero della discarica di Borgo Montello, ad appena una cinquantina di chilometri da Roma e nel cuore del distretto italiano che produce verdure e primizie per tutta l'Italia. Una grande cloaca di veleni, al centro di traffici mai chiariti.


Già nell'ottobre scorso, Andrea Grossi e alcuni dirigenti di “Green Holding” e “Indeco”, aziende dell'impero Grossi, erano finiti agli arresti domiciliari con l'accusa di peculato nell'inchiesta del pm Spinelli su Borgo Montello. Secondo la ricostruzione della procura, l'imprenditore e i suoi manager hanno dirottato oltre 34 milioni di euro, che sarebbero dovuti servire a garantire le operazioni di bonifica della discarica dopo la chiusura, ma che in gran parte sono finite a tre società di diritto lussemburghese. Perquisizioni e accertamenti seguiti a queste prime indagini, hanno portato all'arresto di oggi dell'intera famiglia Grossi e di tre dirigenti di Green Holding e Indeco per falso, truffa aggravata e frode in pubbliche forniture.

Per tutti il Gip ha stabilito la misura di custodia cautelare agli arresti domiciliari, il braccialetto elettronico e l'assoluto divieto di comunicare con qualsiasi mezzo con l'esterno. Il giudice per le indagini preliminari ha anche accolto la richiesta del pm Spinelli di sequestro preventivo delle quote della società “Indeco srl”, che gestisce la discarica di Borgo Montello, in quanto «vi è fondata ragione di ritenere che la libera disponibilità delle quote da parte di Indeco possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolarne la commissione di altri».

Tariffe gonfiate. Costi spropositati. Negli atti dell'inchiesta, il pm parla di una vera e propria «attività predatoria nella gestione della discarica di Borgo Montello da parte di Indeco». “I predoni” non avrebbero solo distratto le somme destinate alla fase “post-mortem” di Borgo Montello - ovvero la fase di bonifica dell'impianto, dopo l'esaurimento della discarica - ma avrebbero anche causato l'applicazione di tariffe di smaltimento dei rifiuti nettamente gonfiate. Parte della tariffa sostenuta dai comuni per conferire la monnezza a Borgo Montello, infatti, è dovuta alle spese che Indeco dichiarava di sostenere per il pagamento dei mezzi meccanici necessari alla manutenzione della discarica. Trituratori dei rifiuti, compattatori, escavatori, muletti. Indagando, però, il pm scopre i costi astronomici che hanno portato le tariffe a lievitare, senza che nessuno – né i comuni né la regione Lazio - abbiano veramente vigilato. Un compattatore di rifiuti modello 826 del prezzo di 48mila euro, veniva preso a noleggio da Indeco nel periodo 2008-2015 per oltre un milione e 400 mila euro, ovvero trentuno volte tanto il suo prezzo di acquisto. Un muletto del costo di 2.200 euro affittato a Indeco per il periodo 2009-2015 alla modica cifra di 103.500 euro: quarantasette volte il suo costo originale. E ancora: una pala cingolata di 58mila euro, affittata dal 2008 al 2015 per oltre 464mila euro. Da chi noleggiava questi mezzi la Indeco? Da una società di nome “Alfa Alfa” «sempre riconducibile alla famiglia Grossi», conclude il pm. «A fronte di un costo di 1.926.052,46 euro sostenuto dalla concedente Alfa Alfa per l'acquisizione dei mezzi d'opera, la stessa ha addebitato ad Indeco canoni di noleggio per un importo 6,5 volte superiore, pari a 12.644. 647,09», scrive il pm, che si chiede «per quali ragioni Indeco avrebbe dovuto accettare soluzioni negoziali (noleggio in luogo di acquisto) ed entità dei canoni (in special modo per i mezzi usati) tali da determinare una penalizzazione economica di 10.718.594,63?». Da notare come alcuni dei veicoli fossero stati acquistati da Alfa Alfa nei primi anni 2000 o addirittura del 1999: Indeco dei Grossi pagava dunque a una società degli stessi Grossi costi enormi di noleggio per mezzi vecchi. E' proprio questa «prospettazione di costi inesistenti», secondo la ricostruzione della procura, ad avere ingannato la Regione Lazio nella sua determinazione delle tariffe del conferimento in discarica per i comuni, tariffe “drogate” da questi costi gonfiati e che hanno determinato un danno agli enti pubblici.

Possibile, però, che nessuno si sia accorto di queste spese anomale caricate sull'intera collettività? In realtà la Regione Lazio ha conferito un incarico alla “Sviluppo Lazio”, che è la società che attua la programmazione regionale in materia economica e territoriale. Sviluppo Lazio ha selezionato due professionisti per analizzare i dati presentati da Indeco a giustificazione dei costi di gestione di Borgo Montello, ma «sul peso economico dei mezzi d'opera noleggiati, non si registra da parte dell'organismo di valutazione alcuna osservazione critica», scrive il pm. Né tanto meno la società di revisione dei conti “Vittucci Fausto & C. Sas” risulta aver vigilato, tant'è vero che il socio Vittucci risulta indagato: per il procuratore Spinelli, la condotta di falso, truffa e frode in pubbliche forniture è stata possibile oltre che dal gioco di società “Alfa Alfa” e “Indeco” dell'impero Grossi, anche dalle false certificazioni rilasciate dal revisore. Revisore che, per legge, andava scelto dalla Regione Lazio e selezionato secondo una procedura di rotazione e invece, rivelano le carte dell'inchiesta, non solo la regione non risulta aver scelto il revisore, ma addirittura la società di revisione Vittucci è la stessa che certifica i bilanci dell'intero gruppo Green Holding dei Grossi, compresa la Indeco, «con evidente compromissione dell'indipendenza del soggetto adibito al controllo», scrive il pm nell'ordinanza di richiesta delle misure cautelari. Nel caso di Borgo Montello, insomma, tutte le procedure di garanzia sembrano essere saltate. Controlli che sono lettera morta, garanzie che esistono solo sulla carta. Nell'approvare le misure di custodia cautelare, il gip di Latina Giuseppe Cario definisce “meritevole di approfondimento investigativo” sia “l'inerzia regionale” registrata in merito all'omesso controllo dei fondi per la bonifica post-mortem della discarica sia l'inefficacia dei controlli sul fronte del falso, della truffa e della frode. Dal buco nero di Borgo Montello, dunque, l'inchiesta promette di arrivare nel più grande e più nero buco della Regione Lazio.

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