mercoledì 26 novembre 2014

Affido familiare: serve fare chiarezza per collaborare meglio.

Dopo aver letto con grande attenzione i commenti di molte persone, che ringrazio per il tempo che hanno dedicato al tema e alle mie riflessioni, mi è apparso chiaro come una delle cause di poca disponibilità delle persone verso l’istituto “Affido familiare”, sia da ricercare proprio nella scarsità di informazioni corrette e, soprattutto, precise.

Alessandro Bongarzone Presidente associazione Seconda Stella per la promozione dell'affido familiare
Affido CondivisoMi riferisco alla mancanza di campagne mirate, a momenti specifici d’informazione, a proposte di incontri formativi/informativi che i Comuni, attraverso i loro Servizi sociali o Consorzi di Servizi alla Persona, dovrebbero realizzare in quanto strutture deputate dalla legge per attivare, regolare e vigilare sui progetti di affido.
Per ovviare a tali carenze sono nate – in giro per l’Italia – molte associazioni come “Seconda Stella” che si sono date come compito, la divulgazione e la promozione della cultura dell’affido e contemporaneamente quello di fornire strumenti e occasioni di confronto delle esperienze degli affidatari che la Legge 184 e la 149 del 2001 accomunano ai genitori adottivi.


Tralascio, per comodità e per questioni “crono topiche”, di affrontare la questione adozione, nelle sue articolazioni nazionali e internazionali, rimandando alla normativa generale nell’ottimo compendio realizzato dal ministero della Giustizia per concentrarmi sulla materia dell’affido tentando spiegarne motivi, modalità e funzionamento.
Il principio ispiratore dell’istituto dell’affido nasce, come enunciato dall’articolo 1 della Legge 184 del 1983, dal “diritto del minore di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia” chiarendo, subito dopo, al comma 2 che “le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia”.
Prendendo atto, però, che possono verificarsi situazioni in cui la salute psicofisica del minore potrebbe essere a rischio, la Legge sancisce che: “Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno”.
Con tali presupposti, quindi, per affido familiare s’intende l’intervento di collocazione in un nucleo familiare, diverso da quello originario, per un tempo variabile, bambini e ragazzi la cui famiglia di origine esprima difficoltà tali da non riuscire ad occuparsi della loro cura, educazione e formazione.
L’affido familiare presuppone, quindi, una valutazione che comprende la recuperabilità della famiglia di origine del minore, così come l’importanza del mantenimento dei rapporti con essa.

L’accezione di “temporaneo” si riferisce al tempo necessario per il superamento delle difficoltà iniziali.
L’affidamento può essere realizzato sia con il consenso dei genitori (definito affido consensuale) e disposto con un atto amministrativo dei Servizi sociali e reso esecutivo dal giudice tutelare; sia con un provvedimento del Tribunale per i minorenni, attuato dai Servizi sociali degli enti titolari, o delegati, prescindendo dal consenso dei genitori del minore.
Per diventare affidatari non è richiesto alcun vincolo matrimoniale ma, altresì, possono diventarlo sia sposate che conviventi, con o senza figli e, ancora, possono affidare persone singole senza alcun limite di età. Non sono previsti, inoltre, minimi di reddito mentre i requisiti richiesti possono essere così sintetizzati:
1.    avere uno spazio nella propria vita e nella propria casa per poter accogliere un bambino;
2.    avere una disponibilità affettiva e la volontà di accompagnare, per un tratto di strada, più o meno lungo, un bambino senza la pretesa di cambiarlo, ma aiutandolo a sviluppare le sue potenzialità e capacità.
3.    Riconoscere l’importanza della famiglia d’origine nella vita del bambino.
Le persone interessate a diventare affidatarie o a dare la propria disponibilità, possono rivolgersi agli appositi Servizi – predisposti dai Comuni – normalmente presso i Servizi sociali.

Gli affidatari hanno diritto a un contributo economico (circa 400 euro mensili) e a specifiche coperture assicurative.
I genitori affidatari godono degli stessi benefici relativi ai congedi lavorativi e ai riposi giornalieri garantiti ai genitori naturali.
Per informazioni, a titolo esemplificativo consultare: www.aspravennacerviaerussi.it

Nessun commento:

Posta un commento