Scrivo queste righe mentre gli Stati Uniti sono scossi da un’ennesima ondata di rivolte dei cittadini afroamericani, furiosi per l’incredibile assoluzione (più che di assoluzione, si tratta di un non luogo a procedere, motivato dal fatto che l’imputato avrebbe agito “secondo la legge”) del poliziotto di Ferguson che ha assassinato a sangue freddo (sui fatti, certificati da numerose testimonianze, non sussistono dubbi) un adolescente nero disarmato (simili episodi si ripetono da decenni e altri si sono ripetuti di recente, anche dopo la sparatoria di Ferguson).
micromega CARLO FORMENTI
Non è qui mia intenzione affrontare la specificità del caso, approfondire il significato di questa ennesima, palese smentita delle mistificazioni ideologiche in merito ai “passi avanti” che la società americana avrebbe compiuto verso il superamento del conflitto razziale (mistificazioni reiterate da quel presidente “zio Tom” che è Barak Obama).Il punto che voglio mettere a fuoco non è la peculiarità dell’evento, la sua spiegazione a partire dal contesto della “storia locale” degli stati meridionali degli Usa, bensì la sua universalità, il filo rosso (color sangue) che lo connette a molti, troppi casi di casa nostra: dalla indegna sentenza sul caso Cucchi, alla mancata condanna dei responsabili del genocidio perpetrato dai produttori di amianto; dalle risibili condanne dei poliziotti responsabili della macelleria messicana di Genova 2001 a quelle comminate ai responsabili del disastro della Thyssen Krupp a Torino e l’elenco potrebbe andare avanti per pagine e pagine.
Che cosa c’entrano l’uno con l’altro tutti questi esempi; non si tratta di casi estremamente diversi, ognuno dei quali comporta cause ed evoca contesti giuridici e sociali altrettanto diversi? No, perché ciò che li accomuna è l’impunità che in tutti questi casi le istituzioni giuridiche hanno sistematicamente garantito alle “forze dell’ordine” e alle grandi imprese. Dobbiamo purtroppo prendere atto che la giustizia non è mai stata, non è, né mai sarà (finché resterà giustizia di classe) uguale per tutti. Noi vecchi marxisti lo sappiamo da sempre, forse sarebbe ora che se ne accorgessero anche gli amici che sperano che siano i magistrati a rovesciare i poteri forti, che invocano il rispetto della legalità come via maestra per risolvere tutti i problemi politici e sociali.
Quando viene invocata contro i pezzenti (neri in America, immigrati e poveri in casa nostra), come oggi avviene con le continue invocazioni di media e partiti di destra, centro e sinistra (ad eccezione delle sinistre radiali) a punire i responsabili delle occupazioni di case sfitte in varie città italiane, o delle lotte in Val di Susa, politici, poliziotti e magistrati rispondono presente, quando andrebbe applicata contro “tutori dell’ordine” e imprese assassine, il silenzio della legge si fa assordante. In questo sistema si è criminali o innocenti per nascita (cioè per appartenenza etnica o di classe, che spesso coincidono). La legge secolare si comporta come la legge divina secondo Calvino e i suoi seguaci: si è salvi o dannati per la imperscrutabile volontà di chi sta lassù.
Carlo Formenti
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