sabato 22 novembre 2014

Roma. Atac, un anno dopo la truffa continua.

Atac, un anno dopo la truffa continuaNon c'è ancora alcun responsabile per la colossale frode dei biglietti clonati scovata e denunciata da Repubblica. Dodici mesi dopo quel clamoroso scandalo poche cose sono cambiate nell'azienda di trasporto romana. L'indagine interna avviata dal Campidoglio si è conclusa con un nulla di fatto.

Mentre la magistratura è alle prese con l'intricata matassa di scatole cinesi costruite a paravento dell'illecito una fonte interna conferma: "Le segnalazioni di codici duplicati, codici assenti e matrici duplicate continuano".

repubblica.it di DANIELE AUTIERI. Con un commento di CARLO BONINI. Illustrazione di MOJMIR JEZEK

Una denuncia senza risposte
di DANIELE AUTIERI

ROMA -
A un anno dall'inchiesta di Repubblica sui titoli di viaggio clonati di Atac, c'è ancora molta opacità sulla vicenda che avrebbe visto coinvolti manager e dipendenti interni, impegnati a mettere in piedi un sistema parallelo di bigliettazione i cui proventi illeciti sarebbero stati dirottati nelle casse di partiti politici e dirigenti corrotti.

Al pesante interrogativo sollevato attraverso una serie di testimonianze e documenti interni rimasti fino ad allora inediti, nessuno ha saputo dare risposte. Non l'ha fatto la Commissione d'inchiesta istituita dal sindaco Ignazio Marino; non l'hanno fatto (almeno per il momento) Guardia di Finanza e Procura di Roma che tuttavia sono da mesi al lavoro per far luce sulla vicenda; e non l'ha fatto l'attuale amministratore delegato di Atac, Danilo Broggi, che, invitato nuovamente a spiegare ai lettori come l'azienda abbia arginato il problema, ha preferito evitare il confronto, rifiutandosi di concedere un'intervista.

Eppure qualcosa nel corso di questo anno si è mosso, ed oggi - di fronte al nuovo piano industriale dell'azienda che prevede aumenti tariffari e sacrifici per i dipendenti - la tensione è alle stelle al punto che alcune sigle sindacali hanno chiesto che Atac renda più efficienti e tracciabili le entrate ottenute dalla vendita dei biglietti prima di far pagare ai dipendenti il conto salato dei debiti.
Dati economici Atac
Previsioni 2014. Dati in milioni di euro
273.679.000 I ricavi da traffico
423.000.000 Contratto di servizio da Roma Capitale
91.879.000 Contratto di servizio da Regione Lazio
930.771.000 Valore della produzione
550.867.000 Costi del personale
926.330.000 Costi totali della produzione
fonte: Piano Industriale Atac

L'inchiesta. Il punto di svolta dell'inchiesta giudiziaria su Atac si materializza il 12 giugno di quest'anno quando gli uomini della Guardia di Finanza tornano in azienda per una lunga perquisizione che dura una giornata intera. È la seconda perquisizione in sette mesi e viene anticipata da una gravissima fuga di notizie. Il giorno prima dell'accesso - secondo quanto ricostruito da almeno due fonti interne - un dirigente aziendale avrebbe chiesto ai suoi collaboratori di nascondere ai finanzieri alcune fatture "sensibili". Nonostante ciò la Finanza cerca di far luce sulle operazioni di quattro manager finiti sul registro degli indagati (l'ex-ad Gioacchino Gabbuti, l'ex-direttore generale Antonio Cassano, e i dirigenti Anselmi e Pesce) e di due prestanome (Marcello Bonura e Umberto Bianchi).


Secondo il decreto di perquisizione firmato dai pubblici ministeri che conducono l'inchiesta, Laura Condemi e Alberto Pioletti, attraverso questi e altri indagati sono transitate le società utilizzate per trasferire all'estero parte del denaro nero drenato dalle casse di Atac "tramite la creazione di un canale parallelo di produzione, distribuzione e vendita di biglietti". In particolare - recita il decreto - Gabbuti e alcuni altri manager si sarebbero appropriati della somma di 2,4 milioni di euro mediante la stipula di 52 contratti di consulenza per attività di mera facciata con la società Pragmata, di cui lo stesso Gabbuti era socio occulto. Oltre alla Pragmata, il decreto indica altre aziende come la "XIII Ottobre" o la "Tanya Invest", controllate attraverso fiduciarie sanmarinesi, che farebbero sempre riferimento a Gabbuti e che ottenevano da Atac consulenze con lo scopo di dissimulare il trasferimento di fondi all'estero o di "ostacolare l'identificazione della provenienza illecita del denaro".

Le anomalie. Mentre l'inchiesta giudiziaria va avanti, all'interno dell'azienda sopravvivono non poche anomalie nell'ambito del sistema di bigliettazione elettronica. Un manager che chiede di rimanere anonimo conferma che tuttora "arrivano agli uffici competenti segnalazioni di codici duplicati, codici assenti, matrici duplicate". "Inoltre - spiega ancora la fonte - la catena di comando che guida i sistemi informatici, e quindi la bigliettazione, è rimasta occupata perlopiù dagli stessi dirigenti che hanno gestito l'unità negli ultimi anni".

Un altro caso strano riguarda l'appalto per la dematerializzazione dei titoli di viaggio, quindi per la vendita dei biglietti attraverso internet, cellulare, o altri strumenti. La gara è stata indetta nel mese di agosto, quindi nel pieno delle vacanze, e a vincerla è stata la Vix, la società nata dalle ceneri della vecchia Erg che si occupa ancora oggi della gestione di parte dei sistemi informatici.


La Commissione. "Se ci saranno responsabili li metteremo in carcere e butteremo la chiave", aveva detto il sindaco di Roma Ignazio Marino un anno fa. E la sua indignazione si era trasformata nell'istituzione di una Commissione di inchiesta riunita per la prima volta il 14 novembre del 2013 e presieduta dall'onorevole Massimo Caprari. L'organismo ha lavorato per oltre sei mesi, interrogato amministratore delegato e manager di Atac, visitato i luoghi chiave del processo di bigliettazione, dalla società Mecstar che produce i titoli di viaggio alla Sipro che li stocca e li distribuisce. Tuttavia nulla di insolito è stato riscontrato dai membri in visita negli stabilimenti, nonostante la "Relazione investigativa sui titoli di viaggio" redatta nel 2012 avesse denunciato alcune gravissime anomalie come l'esistenza nei depositi della Sipro di milioni di biglietti invenduti e mai distrutti. L'ultimo verbale della Commissione è datato 4 giugno e racconta il sopralluogo compiuto nel cosiddetto "bunker" di via Salone, il Centro di smistamento interventi dove viene gestita la bigliettazione elettronica. La visita termina alle 16 e il verbale si chiude con una promessa che è anche un auspicio: "I processi per la sicurezza stanno migliorando e l'obiettivo è quello di arrivare ad una completa migrazione dei titoli su carta elettronica".

Tutti colpevoli nessun colpevole
di CARLO BONINI
Nel Paese in cui tutti sono responsabili perché nessuno davvero lo sia, l'affaire Atac sollevato ormai un anno fa da un'inchiesta di Repubblica non fa eccezione. Nella notte del trasporto pubblico su gomma e ferro e del suo debito monstre (1, 6 miliardi di euro, con un deficit annuale che ha superato i 250 milioni), tutti i gatti sono e rimangono grigi. I sindaci e le giunte che si sono succedute alla guida del Campidoglio, il management di nomina politica che ha avuto nel tempo la responsabilità di gestione di una delle più grandi aziende di trasporto pubblico in Europa (12 mila dipendenti). Non sono stati infatti sufficienti dodici mesi - non una settimana, non un giorno - non solo a venire a capo dei risvolti giudiziari della stangata dei biglietti clonati (e qui siamo nella media dei tempi di un procedimento penale: più o meno 5 anni tra l'avvio di un'indagine preliminare e la sua definizione in un processo passato in giudicato), ma anche solo ad increspare le acque immobili dell'amministrazione capitolina.

A ottobre dello scorso anno, la faccia improvvisamente torva del sindaco Ignazio Marino aveva promesso di "buttare la chiave" una volta venuto a capo di una caccia senza quartiere agli amministratori infedeli. Ma quella minaccia che era insieme un impegno al rigore dei comportamenti e alla trasparenza verso una città che muore di traffico ogni giorno e ogni giorno si stipa in un parco mezzi indegno di una grande capitale europea, si è spenta in un buffetto. Meglio, in un auspicio con cui una commissione di inchiesta del Campidoglio ha concluso che sui biglietti tutto è in regola. Anzi, che le cose migliorano a vista d'occhio e possono ancora migliorare.

Tuttavia, non potendo negare che siano circolati e continuino a circolare "biglietti clonati", l'Atac e con lei l'amministrazione capitolina hanno dunque visto bene di declassare la faccenda a una truffa da soliti ignoti. Sono volati gli stracci. E nelle peste (nonostante l'inchiesta penale veda indagati l'ex amministratore delegato e il suo direttore generale) sono sin qui finiti solo pochi disgraziati sorpresi a trafficare con qualche fotocopiatrice in provincia. La scommessa è stata, come sempre, lasciare che il tempo e il silenzio annichilissero la voglia e l'urgenza di qualche risposta. Non a caso, a Repubblica, che in questo anno non ha smesso di sollecitare testimoni, fonti interne all'azienda, inquirenti, dandone di volta in volta conto, l'unico a non voler rispondere anche solo a una domanda, è stato il nuovo amministratore delegato di Atac, Danilo Broggi, l'uomo personalmente scelto dal sindaco per "cambiare verso".

Forse perché l'accountability, politica o aziendale che sia - l'obbligo di rendere conto delle proprie decisioni e delle scelte non solo future ma anche passate - ha in Italia e in primis a Roma, una nota declinazione. Quella che consente di sottrarsi sempre alle domande che non piacciono e che fa il verso alla battuta di un celebre film di Totò e Peppino: "Io? E che c'entro io? E che mi chiamo Pasquale?".

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