martedì 14 ottobre 2014

Matteo Renzi presenta una manovra che fa contenta la Confindustria. Mentre gli operai protestano sotto la pioggia.

RENZILa macchina del Presidente del Consiglio sfreccia all'ingresso nella fabbrica della Persico a Nembro, dov'è riunita la Confindustria di Bergamo, noncurante della pioggia battente che sta flagellando il Nord Italia. L’obiettivo è quello di evitare la protesta di un centinaio di operai, per lo più della Fiom, che culmina in un lancio di uova, farina, ortaggi.

Una volta dribblata la manifestazione, l’auto oltrepassa i cancelli della fabbrica e si ferma davanti ai capannoni. Il Presidente scende e, una volta dentro, si presenta davanti alla platea confindustriale, parlando la sua stessa lingua. Annuncia una manovra di crescita, fatta tutta di tagli alle tasse, miliardi di spending review, l’abolizione di mezza Irap. E, dulcis in fundo, lo sgravio contributivo per chi assume nuovi lavoratori. Un diluvio di applausi. Mentre fuori, sotto al diluvio vero, ci sono ancora gli operai a protestare per l’abolizione dell’articolo 18. La scena descritta fa pensare alla classica giornata di un premier di centrodestra, o quanto meno di centro. E invece è la sintesi del lunedì di Matteo Renzi, premier di centrosinistra.

Una manovra da trenta miliardi, è quella annunciata da Renzi. Con sedici miliardi di tagli alla spesa e "neanche un centesimo" di tasse in più. Anzi, diciotto miliardi di tasse in meno: "La più grande riduzione" mai vista in Italia, secondo il premier. Perchè quei numeri lanciano loro una sfida ad assumere ("Via la componente lavoro dall'Irap") e a farlo con contratti a tempo indeterminato ("Tre anni a zero contributi"). Ma anche perchè quei numeri danno corpo all'azione del governo e alla "consapevolezza - dice - che ce la possiamo fare".
Gli oggetti neanche lo sfiorano, ma la consapevolezza "delle difficoltà" sì. E lo mette in chiaro subito, Matteo Renzi: "Siamo in un momento delicato" e "le difficoltà vanno affrontate senza far finta di sottovalutarle". Ma poi aggiunge che l'Italia è "una grande potenza industriale" e deve "recuperare fiducia nel futuro", non perchè lo dice "un pazzarello", ma perchè "i numeri dicono che ce la possiamo fare". E allora, è l'appello del premier, se si "lasciano da parte le divisioni di parte, ideologiche, culturali", se si "smette di litigare" e si "dà tutti una mano all'Italia", si arriverà "all'ultimo giorno di questa legislatura con un Paese trasformato" dalle riforme.
Una tappa importante di questo percorso attende il governo mercoledì, con il varo della legge di stabilità. Una manovra che, per la necessità di recuperare "credibilità" in Europa, rispetterà un patto di stabilità che è "stupido". Ma che, afferma Renzi, permette di "cambiare davvero l'Italia". E per farlo sarà più corposa delle attese: trenta miliardi in tutto. Sul fronte delle risorse, si profila una spending review come "mai" ne erano state fatte, da ben 16 miliardi. E 11,5 miliardi "liberati", spiega il premier, da un rapporto deficit-pil al limite ultimo del 2,9%. A partire da qui, si apriranno "spazi" da un miliardo per investimenti nel patto di stabilità per gli enti locali, con un "miglioramento del 77%". E si porranno le basi, ribadisce Renzi, perchè dal 2015 ci sia un'unica tassa comunale di cui i sindaci si assumeranno la "responsabilità".
Ma nel giorno in cui la Cgil di Susanna Camusso profila uno sciopero generale contro il Jobs act, è sul taglio delle tasse l'annuncio che fa rumore: "Il 18 non è l'articolo dello statuto dei lavoratori" al centro delle proteste, "ma sono i miliardi che tagliamo come tasse, tra la finanziaria 2014 e 2015". Una cifra 'a effetto' che così si compone: dieci miliardi per confermare gli 80 euro, mezzo miliardo per "detrazioni fiscali per le famiglie", "incentivi che permetteranno per un triennio di non pagare contributi a chi fa assunzioni a tempo indeterminato" e "6,5 per abolire la componente lavoro dall'Irap, una tassa che manda fuori di testa". Ferma restando la determinazione a procedere a un accordo con le banche ("Nelle prossime ore") per l'anticipo facoltativo del tfr in busta paga.
E accanto alle cifre, assicura Renzi, le riforme. Contro la "perversione fiscale". Contro "la cultura borbonico-napoleonica" delle sovrintendenze che bloccano opere "che non sono la cupola del Brunelleschi". Contro quello che sta avvenendo a Genova: "l'insopportabile scaricabarile" di un sistema in cui "lavorano più i giudici che i manovali". La politica deve cambiare e "dare il buon esempio". Deve cambiare la P.a.. Ma devono cambiare anche la scuola ("Senza le occupazioni mi sarei sentito menomato", scherza il premier) e l'università che "è stato spesso il problema e non la soluzione, con l'eccesso di baronie e i corsi per gli amici degli amici, i nipoti dei nipoti". Renzi promette che andrà avanti "a testa alta", chiedendo "a tutti di cambiare un pò" ma di aver "fiducia" nel cambiamento.

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