venerdì 24 ottobre 2014

Reati ambientali, il governo prepara il colpo di spugna.

Il Ministro all’Ambiente Galletti il 16 ottobre scorso, in audizione alla Camera presso la Commissione Ecomafie, ha sollecitato l’approvazione del Disegno di Legge 1345 sui reati ambientali. Coincidenza delle date: il 16 ottobre è stato il giorno in cui la Commissione Europea ha lanciato il “parere motivato”, nell’ambito della procedura d’infrazione contro l’Italia per la questione Ilva. Il 16 ottobre è anche il giorno in cui c’è stata la prima udienza preliminare per il Processo Ilva “Ambiente Svenduto”.

micromega Antonia Battaglia
Il Ministro ha affermato che il Ddl è da approvare immediatamente, considerata la portata delle novità che esso comporta in materia di reati ambientali. Ma in realtà il testo approvato alla Camera e in discussione al Senato è molto pericoloso e desta numerose perplessità perché costituisce una vera e propria sanatoria per chi è o sarà accusato di aver commesso crimini ambientali.

In poche parole, il Ddl vuole sancire il danno ambientale definito come “alterazione irreversibile dell’ecosistema”, senza tuttavia specificare i concetti di “compromissione” e di “deterioramento” dell’ambiente stesso, lasciando così ampi margini d’interpretazione a chi dovrà giudicare reati gravi, come quelli ipotizzati a Taranto.

L’astrazione della definizione di reato ambientale e il lavoro di ricognizione scientifica che il testo chiama in causa fanno presupporre che il reato sarebbe ipotizzabile solo dopo lunghi anni di studio e di ricerca, visto che per dichiarare "irreversibile" un danno ambientale, si dovrebbe aver già provato a ripristinare la situazione antecedente all’inquinamento, attraverso una serie di tentativi di bonifica e di decontaminazione.
Inoltre, portando la punibilità del reato di disastro ambientale al livello di meri regolamenti degli enti territoriali locali, si perseguirebbero illeciti anche pesanti con semplici sanzioni amministrative.

Il reato verrebbe totalmente depotenziato. Inoltre, il ravvedimento operoso dell’inquinatore, previsto nella nuova norma, comporterebbe una significativa riduzione della pena (fino ai due terzi della stessa). Una legge-condono che implica, inoltre, che i reati da giudicare vengano sottratti al giudizio dei Tribunali locali competenti e trasferiti alla Procura Nazionale Antimafia.

Il Ddl 1345 è pericoloso per Taranto e per le altre realtà italiane dove sono in atto reati ambientali. Per il processo Ilva, la conseguenza dell’approvazione della nuova legge potrebbe essere quella di una revisione delle richieste di rinvio a giudizio e quindi dell’apertura di una battaglia legale mirante a sfruttare le numerose ambiguità del nuovo testo.
Il Disegno di Legge 1345 è l’arma che può salvare chi è reo di gravi crimini ambientali.

Nel frattempo, a Taranto va di modo il “Toto-Ilva”. Cosa accadrà? Chi acquisterà l’Ilva? Che ne sarà dei posti di lavoro, delle bonifiche, del diritto di una città intera a esser risarcita economicamente e moralmente?

Si parla molto, in questi ultimi giorni, del rischio concreto di fallimento per il gruppo siderurgico. Pochi giorni fa, fonti di Arcelor Mittal davano ancora per certo l’accordo per l’acquisto dell’Ilva insieme al gruppo Marcegaglia, con l’escamotage della creazione di una “new company” che riparta da zero e di una “bad company” alla quale accollare i debiti, il passivo, il processo, le bonifiche, insomma tutto il dramma di Taranto.

Si è in attesa della decisione del Tribunale di Milano sul dissequestro degli 1,2 miliardi di euro, bloccati alla Famiglia Riva per altro processo. Il Commissario Gnudi dice che quei fondi sono necessari a completare i lavori dell’AIA, della stessa AIA che la Commissione Europea rileva come non rispettata. Ma, come nelle migliori tradizioni, l’Ilva afferma che l’AIA è completata al 75% e che presto a Bruxelles metteranno in chiaro che quello di Taranto è uno dei migliori stabilimenti europei.

Quindi, da quello che si evince, il Governo vorrebbe paventare il rischio fallimento per poter realizzare rapidamente la “svendita” dello stabilimento al gruppo Marcegalia e al gruppo Arcelor. Con quali garanzie per il futuro della città? Se passivo, debiti, responsabilità civili e bonifiche dovessero davvero esser rifilati alla “bad company” in fallimento, cosa ne sarebbe del futuro della città e del principio europeo del “chi inquina paga”?
Quali sono le garanzie per gli operai e per le opere di bonifica? E questo comporterebbe quindi che la "nuova Ilva" continuerebbe a produrre con gli stessi stabilimenti non a norma?

Il Governo non fa chiarezza. Taranto è una bomba a orologeria: sono in atto una pesante infrazione europea, un processo, una crisi sociale ed economica molto grave, una crisi sanitaria e ambientale senza pari. Cosa altro deve accadere prima che il Governo prenda atto della necessità e dell’urgenza di chiudere gli impianti inquinanti e di risolvere la questione una volta per tutte?

Taranto ha diritto a una via d’uscita dignitosa. Vogliamo la fine di questo psico-dramma. Vogliamo esser risarciti e che l’ambiente sia bonificato e vogliamo che i nostri operai non siano lasciati alla mercé di elementi incerti ma che i loro diritti vengano rispettati e garantiti.

(23 ottobre 2014)

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