Il Ministro all’Ambiente Galletti il 16 ottobre scorso, in audizione
alla Camera presso la Commissione Ecomafie, ha sollecitato
l’approvazione del Disegno di Legge 1345 sui reati ambientali.
Coincidenza delle date: il 16 ottobre è stato il giorno in cui la
Commissione Europea ha lanciato il “parere motivato”, nell’ambito della
procedura d’infrazione contro l’Italia per la questione Ilva. Il 16
ottobre è anche il giorno in cui c’è stata la prima udienza preliminare
per il Processo Ilva “Ambiente Svenduto”.
micromega Antonia Battaglia
Il Ministro ha
affermato che il Ddl è da approvare immediatamente, considerata la
portata delle novità che esso comporta in materia di reati ambientali.
Ma in realtà il testo approvato alla Camera e in discussione al Senato è
molto pericoloso e desta numerose perplessità perché costituisce una
vera e propria sanatoria per chi è o sarà accusato di aver commesso
crimini ambientali.
In poche parole, il Ddl vuole sancire il
danno ambientale definito come “alterazione irreversibile
dell’ecosistema”, senza tuttavia specificare i concetti di
“compromissione” e di “deterioramento” dell’ambiente stesso, lasciando
così ampi margini d’interpretazione a chi dovrà giudicare reati gravi,
come quelli ipotizzati a Taranto.
L’astrazione della definizione
di reato ambientale e il lavoro di ricognizione scientifica che il
testo chiama in causa fanno presupporre che il reato sarebbe
ipotizzabile solo dopo lunghi anni di studio e di ricerca, visto che per
dichiarare "irreversibile" un danno ambientale, si dovrebbe aver già
provato a ripristinare la situazione antecedente all’inquinamento,
attraverso una serie di tentativi di bonifica e di decontaminazione.
Inoltre,
portando la punibilità del reato di disastro ambientale al livello di
meri regolamenti degli enti territoriali locali, si perseguirebbero
illeciti anche pesanti con semplici sanzioni amministrative.
Il
reato verrebbe totalmente depotenziato. Inoltre, il ravvedimento operoso
dell’inquinatore, previsto nella nuova norma, comporterebbe una
significativa riduzione della pena (fino ai due terzi della stessa). Una
legge-condono che implica, inoltre, che i reati da giudicare vengano
sottratti al giudizio dei Tribunali locali competenti e trasferiti alla
Procura Nazionale Antimafia.
Il Ddl 1345 è pericoloso per
Taranto e per le altre realtà italiane dove sono in atto reati
ambientali. Per il processo Ilva, la conseguenza dell’approvazione della
nuova legge potrebbe essere quella di una revisione delle richieste di
rinvio a giudizio e quindi dell’apertura di una battaglia legale mirante
a sfruttare le numerose ambiguità del nuovo testo.
Il Disegno di Legge 1345 è l’arma che può salvare chi è reo di gravi crimini ambientali.
Nel
frattempo, a Taranto va di modo il “Toto-Ilva”. Cosa accadrà? Chi
acquisterà l’Ilva? Che ne sarà dei posti di lavoro, delle bonifiche, del
diritto di una città intera a esser risarcita economicamente e
moralmente?
Si parla molto, in questi ultimi giorni, del rischio
concreto di fallimento per il gruppo siderurgico. Pochi giorni fa,
fonti di Arcelor Mittal davano ancora per certo l’accordo per l’acquisto
dell’Ilva insieme al gruppo Marcegaglia, con l’escamotage della
creazione di una “new company” che riparta da zero e di una “bad
company” alla quale accollare i debiti, il passivo, il processo, le
bonifiche, insomma tutto il dramma di Taranto.
Si è in attesa
della decisione del Tribunale di Milano sul dissequestro degli 1,2
miliardi di euro, bloccati alla Famiglia Riva per altro processo. Il
Commissario Gnudi dice che quei fondi sono necessari a completare i
lavori dell’AIA, della stessa AIA che la Commissione Europea rileva come
non rispettata. Ma, come nelle migliori tradizioni, l’Ilva afferma che
l’AIA è completata al 75% e che presto a Bruxelles metteranno in chiaro
che quello di Taranto è uno dei migliori stabilimenti europei.
Quindi,
da quello che si evince, il Governo vorrebbe paventare il rischio
fallimento per poter realizzare rapidamente la “svendita” dello
stabilimento al gruppo Marcegalia e al gruppo Arcelor. Con quali
garanzie per il futuro della città? Se passivo, debiti, responsabilità
civili e bonifiche dovessero davvero esser rifilati alla “bad company”
in fallimento, cosa ne sarebbe del futuro della città e del principio
europeo del “chi inquina paga”?
Quali sono le garanzie per gli
operai e per le opere di bonifica? E questo comporterebbe quindi che la
"nuova Ilva" continuerebbe a produrre con gli stessi stabilimenti non a
norma?
Il Governo non fa chiarezza. Taranto è una bomba a
orologeria: sono in atto una pesante infrazione europea, un processo,
una crisi sociale ed economica molto grave, una crisi sanitaria e
ambientale senza pari. Cosa altro deve accadere prima che il Governo
prenda atto della necessità e dell’urgenza di chiudere gli impianti
inquinanti e di risolvere la questione una volta per tutte?
Taranto
ha diritto a una via d’uscita dignitosa. Vogliamo la fine di questo
psico-dramma. Vogliamo esser risarciti e che l’ambiente sia bonificato e
vogliamo che i nostri operai non siano lasciati alla mercé di elementi
incerti ma che i loro diritti vengano rispettati e garantiti.
(23 ottobre 2014)
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venerdì 24 ottobre 2014
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