martedì 28 ottobre 2014

Marco Revelli: Un soggetto della sinistra e dei democratici italiani


controlacrisi
Il testo che segue è un estratto del testo redatto da Marco Revelli e che L’altra Europa con Tsi­pras pone come punto di par­tenza per la discus­sione per l’aggiornamento e il rilan­cio del pro­getto.

Il testo inte­grale su www.listatsipras.eu
«Cam­biare l’Europa per sal­vare l’Italia». Si potrebbe sin­te­tiz­zare così la pro­po­sta che L’altra Europa con Tsi­pras aveva posto al cen­tro della scorsa cam­pa­gna elet­to­rale. Signi­fi­cava che la par­tita vera, quella per la quale un paese soprav­vive o va giù, si gio­cava sulla pos­si­bi­lità di rove­sciare l’impianto delle poli­ti­che euro­pee incen­trate sull’austerità.
Ora biso­gna aggiun­gere un secondo passo: “Cam­biare l’Italia per cam­biare l’Europa”. Per­ché l’Europa non ha “cam­biato verso”. Nono­stante che le ele­zioni euro­pee abbiano san­cito una dele­git­ti­ma­zione delle “lar­ghe intese” (Ppe e Pse hanno perso elet­tori) l’asse tede­sco Merkel-Schulz è stato impo­sto all’intero con­ti­nente, tra­sfor­mato in un gretto agglo­me­rato di inte­ressi chiuso nel cer­chio opaco del busi­ness e della potenza finanziaria.
Quel cer­chio va spez­zato. Con una mobi­li­ta­zione dal basso, forte, trans­na­zio­nale. Con un fronte alter­na­tivo che abbia al cen­tro i 10 punti che già affer­mammo alle euro­pee, in anti­tesi alla poli­tica e all’ideologia delle “lar­ghe intese”, a cui invece è del tutto subal­terno l’attuale governo italiano.
Tra le ragioni del fati­dico 40,8% c’è anche la mil­lan­tata pro­messa di “farsi sen­tire” in Europa. Un grande, con­sa­pe­vole imbro­glio. Non solo per­ché Renzi ha appro­vato senza colpo ferire la Com­mis­sione Junc­ker. Non solo per­ché si è accuc­ciato davanti ai dik­tat della Bce, con­se­gnando ai ban­chieri cen­trali lo scalpo del sin­da­cato ita­liano. Ma anche e soprat­tutto per­ché il suo pro­gramma è scritto sul palin­se­sto della peg­giore Europa. Dal primo decreto Poletti al cosid­detto “Sblocca Ita­lia”, fino alla inter­pre­ta­zione della spen­ding review come piano di pri­va­tiz­za­zioni e al Jobs act come liqui­da­zione della resi­dua civiltà giu­sla­vo­ri­stica moderna. O alla Legge di sta­bi­lità che simula poli­ti­che espan­sive rispetto ai “con­trol­lori” euro­pei, ma di fatto sca­rica i costi sui ser­vizi ai cit­ta­dini più bisognosi.
Per que­sto noi diciamo che Renzi non è l’alternativa alla Troika. Mat­teo Renzi è la Troika inte­rio­riz­zata. E’ la forma per­so­na­liz­zata che assume la ces­sione di sovra­nità quando viene camuf­fata con la reto­rica del dema­gogo. Lungi dal rap­pre­sen­tarne una qual­che via di uscita Renzi è, al con­tra­rio, la crisi stessa messa al lavoro in poli­tica. E’ la forma che la crisi assume quando il suo poten­ziale distrut­tivo viene tra­sfe­rito sul piano poli­tico e appli­cato alla forma di governo.
Il ren­zi­smo porta a com­pi­mento la crisi ter­mi­nale della demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva. Così è stato in occa­sione dell’indecente bat­ta­glia di ago­sto per la liqui­da­zione del Senato. Così è per il rap­porto tra Potere Legi­sla­tivo e Potere Ese­cu­tivo, con l’umiliazione siste­ma­tica del primo e l’assolutizzazione del secondo. Di que­sta umi­lia­zione la vicenda par­la­men­tare della mozione di fidu­cia sul Jobs Act costi­tui­sce un punto di verità straor­di­na­rio. Così è per la natura e il ruolo dei par­titi poli­tici, a comin­ciare dal Pd, il quale ha subìto una muta­zione gene­tica tra­sfor­man­dosi da aggre­gato ete­ro­ge­neo di gruppi d’interesse e di ammi­ni­stra­tori in “par­tito del capo” e, ten­den­zial­mente, “par­tito unico della nazione”, una pla­tea ple­bi­sci­ta­ria che, dopo la sti­pu­la­zione del Patto del Naza­reno, ricon­se­gna a un lea­der squa­li­fi­cato e pre­giu­di­cato il ruolo di part­ner costituente.
Le con­se­guenze poli­ti­che di tutto que­sto sono evi­denti: lo stra­vol­gi­mento dell’assetto politico-istituzionale e la muta­zione del qua­dro delle iden­tità poli­ti­che crea un’inedita neces­sità di mobi­li­ta­zione per inver­tire una ten­denza. Serve ela­bo­rare un’effettiva alter­na­tiva al ren­zi­smo, una rispo­sta cre­di­bile, capace di coglierne i punti di forza e di rove­sciarli, non solo sve­lando l’inganno, ma offendo solu­zioni praticabili.
Dob­biamo con­trap­por­gli una linea di uscita, se non dalla crisi – che è ende­mica di que­sto capi­ta­li­smo glo­bale e in par­ti­co­lare nel modello euro­peo – almeno dall’emergenza. Un pro­gramma altro rispetto a quello det­tato dalla Ue, pochi punti, chiari, a comin­ciare dalla que­stione del debito e del suo neces­sa­rio “con­so­li­da­mento”, dalla rot­tura dei patti cape­stro euro­pei, da un piano ecce­zio­nale per l’occupazione, per la messa in sicu­rezza del ter­ri­to­rio, per la ristrut­tu­ra­zione ener­ge­tica, per la rap­pre­sen­tanza dei lavo­ra­tori in fab­brica e il supe­ra­mento vero della jun­gla con­trat­tuale tra gli “atipici”
Un punto di forza di Renzi è l’evocazione siste­ma­tica della rot­tura e del “nuovo ini­zio”, che affonda le radici nell’impossibilità di vedere un futuro, nella con­sa­pe­vo­lezza che “così non si può andare avanti”. A quella domanda di rot­tura giu­sti­fi­ca­tis­sima dovremmo riu­scire a rispon­dere noi.
Ma qui inter­ven­gono i nostri punti di debo­lezza. Quello che fa fug­gire la gente nor­male lon­tano da noi è la nostra ende­mica liti­gio­sità. Per rico­struire una pro­spet­tiva cre­di­bile ser­virà in primo luogo un taglio netto con pra­ti­che con­suete e stili di lavoro improponibili.
E poi ser­virà una straor­di­na­ria mobi­li­ta­zione di intel­li­genza e cono­scenza per­ché il nostro pen­siero è oggi insuf­fi­ciente di fronte alle tra­vol­genti tra­sfor­ma­zione della società che vor­remmo inter­cet­tare: “unire ciò che la crisi e il neo­li­be­ri­smo hanno diviso” è un buon pro­po­sito, ma come que­sto possa essere fatto dob­biamo cer­carlo ancora.
Per non dire della crisi delle forme orga­niz­za­tive, a comin­ciare dalla “forma par­tito”. Sarebbe una cata­strofe se noi pen­sas­simo di rico­struire una casa per gli esuli di quel crollo, senza porci il pro­blema, di cosa si sosti­tui­sce al modello orga­niz­za­tivo del “par­tito di massa” che ha domi­nato l’orizzonte poli­tico nove­cen­te­sco e che con quel secolo si è inabissato.
Per que­sto noi non pro­po­niamo un “sog­getto poli­tico” già bello è fatto. Pro­po­niamo un pro­cesso di lunga durata in grado di pro­iet­tare l’esperienza de L’Altra Europa oltre la vicenda, feli­ce­mente con­clusa, di Lista elet­to­rale. Un pro­cesso da ini­ziare subito, nel quale dav­vero si avanzi doman­dando, in cui sia ben chiaro il rap­porto tra le tappe inter­me­die e la meta, ovvero la volontà di creare un “sog­getto poli­tico euro­peo della sini­stra e dei demo­cra­tici italiani”.
Per que­sto la prima tappa è giun­gere alle pros­sime ele­zioni poli­ti­che con una lista in g[/ACM_2][ACM_2]rado di unire tutte le com­po­nenti di una sini­stra non arresa alla auste­rità euro­pea e alla sua ver­sione auto­ri­ta­ria ita­liana incar­nata dal ren­zi­smo, deter­mi­nata a sfi­darlo in modo cre­di­bile sul dop­pio ter­reno dell’egemonia e della capa­cità d’innovazione. La sfida elet­to­rale sul livello nazio­nale è senza dub­bio la com­pe­ti­zione giu­sta per lan­ciare il pro­cesso qui descritto. Alla sua piena riu­scita è neces­sa­rio com­mi­su­rare ogni altra nostra mossa.
In que­sto pro­cesso il risul­tato della Lista L’altra Europa con Tsi­pras del 25 mag­gio, può essere con­si­de­rato un buon punto di par­tenza. Ma le con­di­zioni della cam­pa­gna euro­pea erano ecce­zio­nali e ci favo­ri­vano. Quelle con­di­zioni non ci sono più: ora biso­gna con­durre un per­corso con­di­viso, che porti ad una defi­ni­zione di forme di rap­pre­sen­tanza pie­na­mente legit­ti­mate, e pro­ce­dere a un lavoro diplo­ma­tico di con­ver­genza, rispet­toso di tutte le sto­rie e di tutte le iden­tità, ma anche con­sa­pe­vole della neces­sità di supe­rare distin­zioni sem­pre più parziali.
Rite­niamo che sia neces­sa­rio ini­ziare a trac­ciare il campo dei par­te­ci­panti al pro­cesso attra­verso l’adesione indi­vi­duale ai punti qua­li­fi­canti di que­sto docu­mento E, in con­nes­sione con ciò, la pro­po­sta che chie­diamo di discu­tere è di aprire l’Associazione L’Altra Europa con Tsi­pras all’adesione indi­vi­duale di massa, scri­ven­done lo Sta­tuto (entro nove mesi) in una chiave par­te­ci­pa­tiva e democratica.
Ai sog­getti col­let­tivi, d’altra parte, (par­titi, movi­menti, asso­cia­zione) non è richie­sto di scio­gliersi come con­di­zione di par­te­ci­pa­zione al per­corso, ma ne auspi­chiamo l’impegno con­vinto e l’assunzione dell’obbiettivo finale così come è stato per le ele­zioni europee.
Intorno a noi, c’è un mondo di donne e di uomini che ogni giorno si sbatte per resi­stere e per cam­biare, o comun­que che “non ci sta”: c’è una “sini­stra fuori dalla sini­stra”, che non trova sponda in ciò che c’è (o che si vede) e che meri­te­rebbe una rap­pre­sen­tanza poli­tica degna di que­sto nome. È con loro che dob­biamo camminare.

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