ilfattoquotidiano.it Francesco Antonio Grana
“L’ergastolo è una pena di morte nascosta”. È un discorso durissimo quello che Papa Francesco ha pronunciato ricevendo in udienza in Vaticano l’Associazione internazionale di diritto penale. Bergoglio ha chiesto con forza agli Stati dove esiste ancora di abolire la “pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie nel rispetto della dignità umana”. Francesco ha condannato duramente anche quelle che ha definito le “cosiddette esecuzioni extragiudiziali o extralegali”, ed è tornato nuovamente a tuonare contro la corruzione.
Per il Papa “una forma di tortura è a volte quella che si applica mediante la reclusione in carceri di massima sicurezza”, con la “mancanza di stimoli sensoriali, la completa impossibilità di comunicazione e la mancanza di contatti con altri esseri umani”. E questo accade a volte “anche in altri penitenziari. Non solo in centri clandestini di detenzione o in moderni campi di concentramento, ma anche in carceri, istituti per minori, ospedali psichiatrici, commissariati e altri centri e istituzioni di detenzione e pena”. Per Francesco queste “crudeltà sono un autentico ‘plus’ di dolore che si aggiunge ai mali propri della detenzione”.
“La reclusione in carceri di massima sicurezza è una forma di tortura”
“Il sistema penale – ha affermato Bergoglio – va oltre la sua
funzione propriamente sanzionatoria e si pone sul terreno delle libertà e
dei diritti delle persone, soprattutto di quelle più vulnerabili, in
nome di una finalità preventiva la cui efficacia, fino a ora, non si è
potuto verificare, neppure per le pene più gravi, come la pena di
morte”. Per Bergoglio il rischio è “di non conservare neppure la
proporzionalità delle pene, che storicamente riflette la scala di valori
tutelati dallo Stato“. Ma per Francesco oggi “si è affievolita la concezione del diritto penale
come ultima ratio, come ultimo ricorso alla sanzione, limitato ai fatti
più gravi contro gli interessi individuali e collettivi più degni di
protezione. Si è anche affievolito il dibattito sulla sostituzione del
carcere con altre sanzioni penali alternative”.Papa Francesco non ha mancato nemmeno di condannare nuovamente la corruzione sottolineando che essa “si esprime in un’atmosfera di trionfalismo perché il corrotto si crede un vincitore e si pavoneggia per sminuire gli altri”. Per Bergoglio, che aveva già tuonato contro i devoti della “dea tangente” e contro i politici corrotti come pure contro i benefattori della Chiesa che frodano lo Stato, purtroppo questa situazione è il risultato dell’impunità resa possibile dal fatto che “la sanzione penale è selettiva, cioè è come una rete che cattura solo i pesci piccoli, mentre lascia i grandi liberi nel mare”. Non si perseguono allora “gravi frodi contro la pubblica amministrazione” come anche “l’esercizio sleale dell’amministrazione e ogni sorta di ostacolo frapposto al funzionamento della giustizia con l’intenzione di procurare l’impunità per le proprie malefatte o quelle di terzi”.
Il Papa, infine, si è domandato che cosa può fare il diritto penale contro la corruzione. “Sono ormai molte – ha spiegato Francesco – le convenzioni e i trattati internazionali in materia e hanno proliferato le ipotesi di reato orientate a proteggere non tanto i cittadini, che in definitiva sono le vittime ultime, in particolare i più vulnerabili, quanto a proteggere gli interessi degli operatori dei mercati economici e finanzia”.
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