Alberto Crepaldi
A chiedere, finalmente, l‘abolizione del monopolio Siae, c’èuna petizione on line. Lanciata da Adriano Bonforti, fisico e musicista, nonché fondatore di Patamù, la raccolta di sottoscrizioni ha già raggiunto in pochi giorni quasi quota 14 mila. Le ragioni dell’iniziativa sono chiare: garantire agli artisti, attraverso la presenza di organizzazioni in concorrenza tra di loro, la libertà di scegliere da chi far tutelare il proprio diritto d’autore. Come peraltro accade in altri paesi europei.
“La Siae – scrive Bonforti – di fatto tutela […] gli interessi di pochi, il meccanismo di ripartizione dei diritti d’autore è farraginoso, antiquato e di difficile comprensione, gli artisti iscritti si trovano vincolati nella scelta di come diffondere ed utilizzare le proprie opere, in quali contesti ed a quali condizioni economiche, al punto che è loro vietato concederne l’utilizzo gratuito anche in eventi di beneficenza“.
E poi vi è da considerare che l’autore, una volta fatta l’iscrizione – che ha il costo più alto in Europa! - è obbligato a depositare in Siae tutte le opere, senza avere alcuna possibilità di scegliere la licenza di distribuzione giudicata più adatta a seconda del tipo di opera prodotta. Ciò accade perché, come spiega nella petizione Bonforti “la Siae contempla solo il copyright tradizionale”, nonostante la “direttiva Barnier” del 26 febbraio 2014 imponga di lasciare agli iscritti delle società di gestione collettiva la libera scelta su quali licenze di distribuzione utilizzare, comprese le licenze Creative Commons.
I vincoli imposti dal regime monopolistico della Siae non sono peraltro compensati da un’adeguata remunerazione: la gran parte degli iscritti alla Siae, con i diritti riconosciuti, non arriva infatti neppure a ripagarsi il corrispettivo della quota di iscrizione. Ma i ricavi ottenuti dalla Siae grazie agli autori “sotto soglia” non si fermano a quelli dovuti alle quote di iscrizione annuali, perché una parte importante di questi ricavi rimane nelle casse della Siae per essere ripartita tra gli autori dei circuiti principali. Ciò accade in ragione del fatto che le opere di questi autori non vengono distribuite nei circuiti principali, gli unici di cui si tiene in conto per la ripartizione finale dei proventi.
“Per fare solo un esempio – si legge nella petizione – per qualsiasipassaggio radio, in qualsiasi radio, si paga la Siae, ma poi la ripartizione dei proventi di tutte le radio viene effettuata monitorando solo il passaggio di poche radio principali. Detto in altre parole, i diritti d’autore si pagano per l’esecuzione qualsiasi artista iscritto, ma poi si redistribuiscono solo tra pochi”. Generando così una dinamica di “rich gets richer”, in presenza della quale si assiste ad una progressiva polarizzazione tra chi ricava molto e chi non ricava nulla.
Attualmente l’Italia è, in compagnia della sola Austria, l’unico paese in Europa ad avere un simile monopolio, stabilito e protetto da una legge vecchia 75 anni, varata sotto il fascismo. Poiché il monopolio vale solo sul territorio italiano, si genera per giunta una violazione dei principi fondamentali del libero mercato europeo, considerando che una società fondata in Italia che conosca le necessità degli artisti italiani non può competere con la Siae, mentre una società estera può farlo.
Insomma i motivi perché il legislatore intervenga sono molteplici. Ed in effetti sono numerose le proposte di legge di riforma del diritto di autore e del monopolio Siae presentate negli ultimi anni al vaglio del Parlamento. Peccato però che non siano nemmeno arrivate alla discussione preliminare in commissione.
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