La crisi di oggi è più difficile da gestire di quella del '29 ma le misure messe in campo dal governo favoriranno la crescita. A dirlo il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni che sottolinea come l'Italia non poteva permettersi una stasi politica.
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"Purtroppo in realtà questa crisi è
molto diversa rispetto agli anni '30. Ha caratteristiche strutturali che
hanno cambiato molti dei paradigmi correnti nei paesi industrializzati e
si sta rivelando più difficile e complessa da gestire", ha spiegato
Saccomanni, nel suo intervento a Firenze nel corso de 'La Repubblica
delle idee'.
"Nonostante ci siano state iniezioni di
liquidità da parte delle banche centrali, questa crisi non vuole andare
via. In realtà finirà anche questa crisi", ha aggiunto. Ma in Italia,
oltre a debolezze strutturali ed alla severità della crisi, "abbiamo
avuto - ha ricordato Saccomanni - un periodo di stasi politica che è
durato dalla fine del 2012 fino a pochi giorni fa, quando è stato
finalmente eletto un nuovo governo. Francamente sono 5 o 6 mesi che
l'Italia non si poteva permettere in questa fase. Sarebbe stato più
facile gestire la crisi se avessimo avuto un Governo nella pienezza dei
suoi poteri".
Il numero uno del Tesoro ha poi
assicurato che il governo da poche settimane ha iniziato "a prendere un
certo numero di misure, tutte nel senso di superare la stagnazione avuta
in questo periodo. Penso che le misure che abbiamo preso faciliteranno
il ritorno a una prospettiva di crescita. Le statistiche sono ancora
riferite a quel periodo precedente".
Saccomanni ha poi detto che "il taglio
del cuneo fiscale è un obiettivo primario che contiamo di portare avanti
nel medio termine. Non possiamo fare una riforma di tale portata in
quattro e quattro otto". Il governo inoltre si impegnerà "a fare il
monitoraggio costante sul pagamento" alle imprese dei debiti della p.a.
Giovannini: i giovani disoccupati sono 650mila, un numero aggredibile Sul
tema della disoccupazione giovanile è invece tornato il ministro del
Lavoro, Enrico Giovannini, dal convegno dei Giovani imprenditori di
Confindustria. I giovani che non trovano un lavoro non sono il 40% del
totale dei ragazzi italiani, ma l'11% di coloro che sono attivi sul
mercato del lavoro.
"Sono 650mila persone, un numero
aggredibile - ha spiegato -. Un numero che deve determinare ancora più
urgenza perchè non stiamo parlando di milioni di persone, come i 3
milioni di disoccupati complessivi, più i 3 milioni di inattivi, stiamo
parlando di 650mila giovani". Le proposte del governo arriveranno a fine
mese e saranno operative già a settembre.
"Il presidente del Consiglio ha chiarito
che vuole arrivare al vertice di fine Giugno avendo già approvato a
livello nazionale un pacchetto di interventi, sapendo che l'efficacia di
questo pacchetto di fatto partirà a settembre-ottobre", ha concluso
Giovannini.
L'appello di ConfindustriaE
proprio oggi è arrivato l'ennesimo appello di Confindustria alla
politica affinchè si passi dalle parole ai fatti. Altrimenti il rischio
che corre il Paese "è la rivolta". Questa volta, a incalzare il governo a
rimboccarsi le maniche, è stato il presidente dei Giovani di
Confindustria, Jacopo Morelli, che nel suo intervento di apertura al
convegno annuale di Santa Margherita Ligure ha avvertito: "Senza
prospettive per il futuro l'unica prospettiva diventa la rivolta. Le
istituzioni democratiche vengono contestate e possono arrivare alla
dissoluzione, quando non riescono a dare risposte concrete ai bisogni
economici e sociali".
I dati parlano chiaro: in Europa si
sono persi 3,8 milioni di posti di lavoro e la produzione industriale è
calata del 12%. "Un bollettino di guerra - ha sottolineato Morelli - per
5 anni di crisi".
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