sabato 8 giugno 2013

Saccomanni: la crisi è più complessa di quella del '29


La crisi di oggi è più difficile da gestire di quella del '29 ma le misure messe in campo dal governo favoriranno la crescita. A dirlo il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni che sottolinea come l'Italia non poteva permettersi una stasi politica.

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Fabrizio Saccomanni "Purtroppo in realtà questa crisi è molto diversa rispetto agli anni '30. Ha caratteristiche strutturali che hanno cambiato molti dei paradigmi correnti nei paesi industrializzati e si sta rivelando più difficile e complessa da gestire", ha spiegato Saccomanni, nel suo intervento a Firenze nel corso de 'La Repubblica delle idee'.
"Nonostante ci siano state iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali, questa crisi non vuole andare via. In realtà finirà anche questa crisi", ha aggiunto. Ma in Italia, oltre a debolezze strutturali ed alla severità della crisi, "abbiamo avuto - ha ricordato Saccomanni - un periodo di stasi politica che è durato dalla fine del 2012 fino a pochi giorni fa, quando è stato finalmente eletto un nuovo governo. Francamente sono 5 o 6 mesi che l'Italia non si poteva permettere in questa fase. Sarebbe stato più facile gestire la crisi se avessimo avuto un Governo nella pienezza dei suoi poteri".

 Il numero uno del Tesoro ha poi assicurato che il governo da poche settimane ha iniziato "a prendere un certo numero di misure, tutte nel senso di superare la stagnazione avuta in questo periodo. Penso che le misure che abbiamo preso faciliteranno il ritorno a una prospettiva di crescita. Le statistiche sono ancora riferite a quel periodo precedente".
Saccomanni ha poi detto che "il taglio del cuneo fiscale è un obiettivo primario che contiamo di portare avanti nel medio termine. Non possiamo fare una riforma di tale portata in quattro e quattro otto". Il governo inoltre si impegnerà "a fare il monitoraggio costante sul pagamento" alle imprese dei debiti della p.a.
Giovannini: i giovani disoccupati sono 650mila, un numero aggredibile Sul tema della disoccupazione giovanile è invece tornato il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, dal convegno dei Giovani imprenditori di Confindustria. I giovani che non trovano un lavoro non sono il 40% del totale dei ragazzi italiani, ma l'11% di coloro che sono attivi sul mercato del lavoro.
 "Sono 650mila persone, un numero aggredibile - ha spiegato -. Un numero che deve determinare ancora più urgenza perchè non stiamo parlando di milioni di persone, come i 3 milioni di disoccupati complessivi, più i 3 milioni di inattivi, stiamo parlando di 650mila giovani". Le proposte del governo arriveranno a fine mese e saranno operative già a settembre.
"Il presidente del Consiglio ha chiarito che vuole arrivare al vertice di fine Giugno avendo già approvato a livello nazionale un pacchetto di interventi, sapendo che l'efficacia di questo pacchetto di fatto partirà a settembre-ottobre", ha concluso Giovannini.
L'appello di ConfindustriaE proprio oggi è arrivato l'ennesimo appello di Confindustria alla politica affinchè si passi dalle parole ai fatti. Altrimenti il rischio che corre il Paese "è la rivolta". Questa volta, a incalzare il governo a rimboccarsi le maniche, è stato il presidente dei Giovani di Confindustria, Jacopo Morelli, che nel suo intervento di apertura al convegno annuale di Santa Margherita Ligure ha avvertito: "Senza prospettive per il futuro l'unica prospettiva diventa la rivolta. Le istituzioni democratiche vengono contestate e possono arrivare alla dissoluzione, quando non riescono a dare risposte concrete ai bisogni economici e sociali".
 I dati parlano chiaro: in Europa si sono persi 3,8 milioni di posti di lavoro e la produzione industriale è calata del 12%. "Un bollettino di guerra - ha sottolineato Morelli - per 5 anni di crisi".

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