La legge sulla corruzione. Il falso in bilancio. Il conflitto d'interessi. L'incandidabilità dei condannati. Le unioni civili. La green economy. Queste e altre cose erano nel programma e negli 'otto punti'. Ora Letta ha fretta di metterle nel dimenticatoio: noi gliele ricordiamo.
l'espresso di Luca Sappino
«Proprio un bel discorso», dicono molti onorevoli, dopo aver
sentito Enrico Letta chiedere la fiducia alle camere. «Ecumenico»,
è però la descrizione più calzante, ad opera di un parlamentare
democratico, che però - malpancista ma disciplinato - ha votato per
il governo. Vago quanto basta per piacere a tutti ed evitare ogni
attrito, è stato il discorso, ma puntuale nel nominare le cose, i
tributi dovuti alle varie anime della maggioranza (su tutti, il
rinvio del pagamento dell'Imu di giugno). Vago nella copertura
economica delle tante promesse, preciso però, è stato, in alcune
dimenticanze. Con buona pace, soprattutto, degli "otto punti" con
cui Bersani, non più di un mese fa, cercava di convince i deputati
5 stelle a varare un governo «del cambiamento».
Mai citata è stata, ad esempio, la legge sui conflitti d'interesse che, nell'elenco di Bersani, era il numero 5. Sempre al 5 si parlava di «incandidabilità, ineleggibilità e doppi incarichi». Siccome per «ineleggibilità» si intende soprattutto quella di Berlusconi, nel discorso di Letta (che i voti di Berlusconi doveva avere) non c'è traccia del tema. Così come non si trova nulla sull'incandidabilità dei condannati. E non è forse quello che si aspettava Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e giustizia, ma bisognerà continuare a firmare appelli. «Ne dovremo fare ancora di più», dice Bonsanti, «e certo non faremo sconti solo perché al governo c'è anche il centrosinistra». C'è speranza? «So che sarà difficile - continua - ma la società civile deve continuare a chiedere norme che non sono né di destra né di sinistra, ma democratiche». Prestando ancora più attenzione, poi, «perché nella volontà di modificare la seconda parte della Costituzione, come vuole fare questa maggioranza - spiega Bonsanti - si finisce per incontrare e modificare i poteri della magistratura, della Corte costituzionale, e l'argine che questi rappresentano».
Per i doppi incarichi, invece, si può prender per buona la scelta del governo di eliminare le indennità aggiuntive per i ministri già parlamentari. Il problema è molto più vasto, riguarda molti deputati, ma pazienza.
La legge anti corruzione, poi, negli otto punti non c'era, ma è stata al centro della campagna elettorale del Pd. Ieri, invece, è stata appena citata, in un passaggio ben più ampio sulla giustizia e sull'importanza di questa per le imprese. «Un importante argomento di contesto concerne la giustizia - ha detto infatti il presidente del consiglio - in quanto solo con la certezza del diritto gli investimenti possono prosperare. Questo riguarda la moralizzazione della vita pubblica e la lotta alla corruzione, che distorce regole e incentivi». E questo è quanto. Poco, secondo Claudio Fava di Sel che - al Senato - prova ad ottenere qualche dettaglio in più. «La priorità non è l'evocazione di una lotta alla corruzione, ma una vera, buona legge sulla corruzione nei primi cento giorni del suo governo», dice Fava. «Riprendo le parole di Fava sulla corruzione, sarà uno dei grandi temi sui quali lavoreremo», è la replica stringata.
Dell'assenza dei diritti civili (punto 7 dell'elenco bersaniano), se ne sono accorti molti, anche in parlamento. Pure Ivan Scalfarotto, deputato del Pd, prima di votare la fiducia, commentava amaro: «vuoi che non me ne sia accorto che non ha detto neanche una parola?». Ma la responsabilità è un dovere più forte. Gennaro Migliore, capogruppo di Sel alla Camera, lo dice così: «Non è mai il turno della responsabilità verso i cittadini omosessuali o verso chi aspetta una legge sul fine vita». Non trovano risconto nell'agenda del governo neanche le già morbide parole della Carta d'intenti, l'accordo elettorale tra Pd e Sel: «Daremo sostanza normativa al principio riconosciuto dalla Corte costituzionale - si scriveva allora - per il quale una coppia omosessuale ha diritto a vivere la propria unione ottenendone il riconoscimento giuridico». Nulla anche per la legge sull'omofobia. E mentre Sergio Lo Giudice, senatore del Partito Democratico e storico esponente di Arcigay ostenta fiducia e si affida al lavoro parlamentare («Su questi temi - dice - esiste nei due rami del Parlamento una maggioranza trasversale che ha assunto degli impegni con i propri elettori»), Andrea Maccarone, presidente del Mario Mieli, è più pessimista: «E' vero che Pd, Sel e 5 stelle potrebbero trovare un'intesa, ma penso che il Parlamento, per non mettere a rischio il governo, eviterà certi temi». Giovanardi, effettivamente, non sarebbe il solo a fare le barricate.
Mai citata è stata, ad esempio, la legge sui conflitti d'interesse che, nell'elenco di Bersani, era il numero 5. Sempre al 5 si parlava di «incandidabilità, ineleggibilità e doppi incarichi». Siccome per «ineleggibilità» si intende soprattutto quella di Berlusconi, nel discorso di Letta (che i voti di Berlusconi doveva avere) non c'è traccia del tema. Così come non si trova nulla sull'incandidabilità dei condannati. E non è forse quello che si aspettava Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e giustizia, ma bisognerà continuare a firmare appelli. «Ne dovremo fare ancora di più», dice Bonsanti, «e certo non faremo sconti solo perché al governo c'è anche il centrosinistra». C'è speranza? «So che sarà difficile - continua - ma la società civile deve continuare a chiedere norme che non sono né di destra né di sinistra, ma democratiche». Prestando ancora più attenzione, poi, «perché nella volontà di modificare la seconda parte della Costituzione, come vuole fare questa maggioranza - spiega Bonsanti - si finisce per incontrare e modificare i poteri della magistratura, della Corte costituzionale, e l'argine che questi rappresentano».
Per i doppi incarichi, invece, si può prender per buona la scelta del governo di eliminare le indennità aggiuntive per i ministri già parlamentari. Il problema è molto più vasto, riguarda molti deputati, ma pazienza.
La legge anti corruzione, poi, negli otto punti non c'era, ma è stata al centro della campagna elettorale del Pd. Ieri, invece, è stata appena citata, in un passaggio ben più ampio sulla giustizia e sull'importanza di questa per le imprese. «Un importante argomento di contesto concerne la giustizia - ha detto infatti il presidente del consiglio - in quanto solo con la certezza del diritto gli investimenti possono prosperare. Questo riguarda la moralizzazione della vita pubblica e la lotta alla corruzione, che distorce regole e incentivi». E questo è quanto. Poco, secondo Claudio Fava di Sel che - al Senato - prova ad ottenere qualche dettaglio in più. «La priorità non è l'evocazione di una lotta alla corruzione, ma una vera, buona legge sulla corruzione nei primi cento giorni del suo governo», dice Fava. «Riprendo le parole di Fava sulla corruzione, sarà uno dei grandi temi sui quali lavoreremo», è la replica stringata.
Dell'assenza dei diritti civili (punto 7 dell'elenco bersaniano), se ne sono accorti molti, anche in parlamento. Pure Ivan Scalfarotto, deputato del Pd, prima di votare la fiducia, commentava amaro: «vuoi che non me ne sia accorto che non ha detto neanche una parola?». Ma la responsabilità è un dovere più forte. Gennaro Migliore, capogruppo di Sel alla Camera, lo dice così: «Non è mai il turno della responsabilità verso i cittadini omosessuali o verso chi aspetta una legge sul fine vita». Non trovano risconto nell'agenda del governo neanche le già morbide parole della Carta d'intenti, l'accordo elettorale tra Pd e Sel: «Daremo sostanza normativa al principio riconosciuto dalla Corte costituzionale - si scriveva allora - per il quale una coppia omosessuale ha diritto a vivere la propria unione ottenendone il riconoscimento giuridico». Nulla anche per la legge sull'omofobia. E mentre Sergio Lo Giudice, senatore del Partito Democratico e storico esponente di Arcigay ostenta fiducia e si affida al lavoro parlamentare («Su questi temi - dice - esiste nei due rami del Parlamento una maggioranza trasversale che ha assunto degli impegni con i propri elettori»), Andrea Maccarone, presidente del Mario Mieli, è più pessimista: «E' vero che Pd, Sel e 5 stelle potrebbero trovare un'intesa, ma penso che il Parlamento, per non mettere a rischio il governo, eviterà certi temi». Giovanardi, effettivamente, non sarebbe il solo a fare le barricate.
E lo Ius soli, la cittadinanza ai bambini stranieri nati in Italia? Era il cavallo di battaglia del Pd, la cosa più progressista detta in campagna elettorale, ma niente da fare. Bisogna accontentarsi di un ringraziamento a Cecile Kyenge («La sua nomina significa una nuova concezione di confine, da barriera a speranza, da limite invalicabile a ponte tra comunità diverse») e di un proposito un po' generico: «Bisogna fare tesoro - dice Letta - della voglia di fare dei nuovi italiani, così come bisogna valorizzare gli italiani all'estero».
Al punto 6 dei propositi dell'ex segretario c'erano poi «l'economia verde e lo sviluppo sostenibile». Enrico Letta ne parla due volte, la prima sulla ricerca («La ricerca italiana - dice - può e deve rinascere nei nuovi settori di sviluppo, come ad esempio l'agenda digitale, lo sviluppo verde, le nanotecnologie, l'aerospaziale, il biomedicale»), la seconda sull'energia («Le nuove tecnologie - fonti rinnovabili ed efficienza energetica - vanno maggiormente integrate nel contesto esistente»). Il passaggio che più lascia insoddisfatti è però quello - assente - sul consumo di suolo. Niente, ovviamente, sull'acqua pubblica e sul risultato, da tutelare, degli ultimi referendum sui beni comuni e contro il nucleare.
Il parlamento uscito dalle urne, poi, aveva fatto ben sperare per il reddito minimo, che era nel programma di Sel e Movimento 5 stelle e nelle corde di molti democratici. Infatti Letta la parola la usa, ma forse a sproposito. Maria Pia Pizzolante, portavoce di Tilt, una delle associazioni che hanno depositato in parlamento - col plauso di Sel e M5s - proprio la legge sul reddito minimo, lo bacchetta: «La prego presidente Letta, il reddito minimo garantito è per le persone, non per le "famiglie bisognose"», come invece ha detto lui. «Il reddito minimo - spiega Pizzolante - è per tutti coloro che vivono sotto la soglia degli 8 mila euro: è per i singoli, anche per i precari, e non ha nulla a che fare col welfare familistico».
Ricordate poi quante parole scritte e dette sul taglio degli armamenti e sul programma di acquisto degli F-35? Acqua passata. Ora è il tempo, in Italia e in Europa, di «un rinnovato impegno per una politica estera e di difesa comuni, tese a rinnovare l'impegno per il consolidamento dell'ordine internazionale, un impegno che vede le nostre Forze Armate in prima linea, con una professionalità e un'abnegazione seconda a nessuno». Peccato. Anche perché, «proprio dal taglio delle spese per gli armamenti», dice Massimo Paolicelli, presidente dell'Associazione Obiettori Nonviolenti e autore di "Caro Armato", un'inchiesta sui costi della Difesa, «in un momento di crisi potrebbero arrivare risorse prezione». Soldi utili anche per finanziare le molte promesse di Letta. «Vedremo - dice comunque Paolicelli - se l'assenza è casuale e dovuta alla difficoltà di tenere tutti i temi in un solo discorso». Ci vuole fiducia.
Impietoso è, alla fine - come fu per il documento dei saggi di Napolitano - il bilancio di corrispondenza con gli otto punti di Bersani e quelli di Berlusconi. Certo, si è detto di voler dare copertura a tutti gli esodati, ma - come fa notare Rosy Bindi - «per loro, a differenza che per l'Imu, non si è ritenuto di indicare una data di soluzione». Il bottino del leader del Pdl è impressionante. All'Imu, alla detrazione per le assunzioni, alla riforma della giustizia, all'elezione diretta del capo dello Stato e ai poteri aumentati per il presidente del consiglio, si aggiunge la citazione per il caso dei Marò: «Lavoreremo - dice Letta concludendo il suo discorso - per trovare una soluzione equa e rapida alla dolorosa vicenda dei due Fucilieri di Marina trattenuti in India, che ne consenta il legittimo rientro in Italia nel più breve tempo possibili». En plein.
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