venerdì 1 settembre 2023

Bignami di guerra: i droni su Mosca

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Un drone fatto di cartone e di concezione australiana usato contro l'aeroporto di Pskov che tuttavia ha causato danni solo nella propaganda

Questo pomeriggio dopo aver letto alcune idiozie dei guerrafondai americani sul fatto che se scoppiasse una guerra con la Nato la Russia crollerebbe al massimo una settimana, mi sono deciso a scrivere qualcosa sui droni, anche se capisco che l’argomento possa essere noioso, tanto più che è teso a confutare solo fesserie, ma a questo punto credo sia necessario spazzare via ogni pericolosa illusione che possa portare alla terza guerra mondiale. Il fatto che alcuni droni possano arrivare fino a Mosca o comunque in profondità nel territorio russo fa dire che sarebbe facile una vittoria della Nato qualora si arrivasse a uno scontro totale perché le difese radar russe sarebbero deboli visto che non riescono ad intercettare tutti droni.

Bene cominciamo a vedere come funziona l’invio di droni ( a parte quelli lanciati a breve distanza da sabotatori)   prendendo a prestito un ‘immagine di  un sito Usa:

Come vedete in corrispondenza di ipotetiche  postazioni radar per batterie di missili S300 ci sono tre cerchietti concentrici quello rosso rappresentano le zone di copertura per oggetti che volano a un’altitudine di 200 metri o più bassa, i cerchi gialli coprono qualsiasi cosa voli da un’altitudine di circa 200 metri a 2000 e i cerchi viola coprono dai 2000 metri in su. Ora per inviare anche a grande distanza i droni si tratta di sfruttare solo l’area dei cerchi viola come indicano le frecce tanto più che si possono usare droni in fibra di carbonio o addirittura in cartone che danno un’impronta radar molto bassa e inoltre colline, alture edifici alti e città possono facilmente creare dei  buchi nella copertura radar. Si può rimediare a questo con aerei tipo Awacs che tuttavia hanno bisogno di grande manutenzione, per cui generalmente la metà o anche il 70 per cento rimangono a terra per fare i “tagliandi”. Ora non sappiamo quanti di questi aerei disponga la Russia, probabilmente circa 15 – 20   dei più grandi ( gli Usa ne hanno 30) oltre a un  numero imprecisato di MiG-31, dotati di potenti radar Zaslon-M. Questa flotta aerea deve però sorvegliare la Nato intorno al Mar del Giappone,  al mare di Okhotsk, al Mare di Bering e le zone settentrionali del Paese oltre naturalmente al territorio il territorio ucraino. Non possono sorvegliare tutto l’immenso territorio russo.

Attenzione però tutto questo può avvenire perché la mappatura dei radar mobili per la difesa aerea viene fornita di volta in volta dai satelliti optoelettrici che in realtà non sono moltissimi e non vanno confusi con quelli gps o starlink che servono a ben poco o a nulla in questi casi:  dunque l’Ucraina ha un grande vantaggio di cui la Nato non godrebbe mai in un conflitto ipotetico. Il regime di Kiev  può godersi il lusso delle informazioni satellitari della Nato senza la capacità della Russia di eliminare tali satelliti  perché non vuole iniziare la terza guerra mondiale. Ma se la Russia fosse impegnata in una “guerra totale” contro l’alleanza atlantica, indovinate quale risorsa sarebbe la prima cosa a venire meno? Esatto: i satelliti della Nato che cesserebbero di esistere, il che significa che anche i deboli attacchi di droni dell’Ucraina alle “retrovie” della Russia che spesso producono danni minimi che solo la propaganda più vergognosa può moltiplicare, sono molto più di ciò di cui la Nato sarebbe capace di fare.  Elementare Watson,  peccato che in occidente Sherlock Holmes sia decisamente morto.

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