martedì 26 settembre 2023

RIFLESSO PAVLOVIANO

Una precondizione minimale per capire qualcosa del mondo contemporaneo dovrebbe essere l’abbandono definitivo, integrale, senza remore né indecisioni dell’apparato politico oppositivo del ‘900.

 

sollevazione.it Andrea Zhok

Si assiste ad un tracollo sistematico delle facoltà analitiche ogni qualvolta scattano i meccanismi a molla di condanna a sinistra dei “fascisti” e a destra dei “comunisti”.

Appena qualcuno a sinistra vede profilarsi qualche tratto che evoca gli schemini “antifa” si attiva tutto l’apparato delle relative reazioni a molla (razzisti! xenofobi! intolleranti! oscurantisti! ecc.) ed immediatamente compare davanti agli occhi, come nelle immagini della Gestalt, l’intera figura del bruto squadrista, rispetto a cui per definizione non si può discutere ma solo armarsi.

E la capacità riflessiva crolla a livelli da gibbone.

Appena qualcuno a destra vede profilarsi qualche tratto che rammenta più o meno lateralmente gli schemini “anticomunisti” con relative reazioni a molla (pauperisti! mangiapreti! squallidi materialisti! espropriatori! ecc.) immediatamente la figura della guardia rossa nel Gulag appare all’orizzonte, le labbra si inarcano di disgusto e si auspica una dose di topicida.

E la capacità riflessiva si riduce a quella di un pitbull.

Sembra incredibile, ma questi riflessi condizionati funzionano ancora e fanno danni terrificanti, consentendo la sopravvivenza di una “sinistra” unificata solo dal più vieto antifascismo e di una destra unita solo dal più patetico anticomunismo.

E questo vale non solo per la sinistra o destra standard, mainstream, ma anche per quelli che si reputano coscienze critiche.

Non si può sentire gente stimabile che, davanti alle uscite della Meloni, se ne salta fuori paventando il “pericolo fascista”, perché tra una piallata alla sovranità e uno alla cultura nazionale nostra signora della Garbatella intercala qualche cliché decisionista.

Non si può proprio sentire gente seria che ad un certo punto se ne salta fuori paventando il “pericolo comunista” che sarebbe incarnato da Klaus Schwab (sulla scorta del “non avrete nulla e sarete felici”).

Sono proprio segni di infantilismo, di regressione anale, di incapacità di togliersi il succhiotto consolatorio del ‘900 di bocca.

Una regola sicura oggi per determinare che qualcuno non sa di cosa parla o scrive è vederlo giocarsi la carta anticomunista o antifascista.

Sono segni di aterosclerosi politica che bloccano integralmente ogni presa di coscienza del mondo reale che abbiamo davanti.

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