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Domanda: I Paesi occidentali continuano a imbottire l’Ucraina di armi che vengono utilizzate contro il territorio russo da gruppi sovversivi ucraini e da sabotatori filo-ucraini. Il Ministero degli Esteri ha più volte convocato gli ambasciatori dei Paesi ostili per un colloquio. Tuttavia, continua la discussione sulla fornitura di F-16 e forse di altri mezzi missilistici più importanti. Lei ha sottolineato che gli F-16 possono trasportare armi nucleari. Lei ha definito questa una “escalation inaccettabile”. Mosca cambierà il suo approccio alle relazioni diplomatiche con i Paesi occidentali?
Sergey Lavrov: Non possiamo più fare affidamento su quelle promesse, su quei trattati che l’Occidente ha firmato con noi e che sono stati presentati come un’opportunità per sviluppare una partnership costruttiva. Da tempo, infatti, le relazioni tra l’Occidente e la Federazione Russa non solo sono cambiate radicalmente, ma sono state sospese nella maggior parte dei settori e, in alcuni casi, anche per lunghi periodi. Non so quando tutto questo potrà cambiare. Nell’attuale fase storica, l’Occidente ha “perso” la Russia. Non ho dubbi in merito. Prima ci liberiamo delle illusioni residue e meglio sarà per il nostro sviluppo.
Il Presidente russo Vladimir Putin ha esposto chiaramente la sua valutazione della situazione attuale. Con numerosi esempi ha dimostrato come, per molti anni dopo la fine dell’Unione Sovietica, la Russia abbia cercato di stabilire buone relazioni di partenariato, strategiche e talvolta persino di alleanza con l’Occidente. Ma è andato tutto a rotoli perché l’Occidente non era pronto per un’interazione paritaria. Ci vede solo come un territorio da assimilare e utilizzare (in senso coloniale, per vivere a spese di altri). Noi abbiamo le risorse. L’Occidente ci dava le tecnologie. Dovevamo fornire loro petrolio, gas e altri minerali a basso costo di cui siamo ricchi, e loro ci avrebbero fornito tutto il necessario per la vita culturale e lo sviluppo dell’industria automobilistica. Tutto questo è alle nostre spalle.
Sono stati denunciati tutti i trattati che hanno garantito la stabilità strategica dall’era sovietica, dal Trattato sui missili anti-balistici, al Trattato sui missili a medio e corto raggio al Trattato cieli aperti. Ora siamo stati costretti a sospendere anche il Trattato sulle armi strategiche e offensive. L’Occidente (soprattutto gli americani) ha minato i principi fondamentali su cui si fondava il Trattato: parità di diritti, partenariato, rispetto, indivisibilità della sicurezza come base delle relazioni. Su queste basi sono state costruite le procedure, la limitazione degli armamenti e il controllo della loro osservanza. Ormai è tutto “caduto nell’oblio”. Abbiamo la piena consapevolezza della necessità di fare affidamento solo su noi stessi e di sviluppare relazioni esclusivamente con quei Paesi che dimostrano la volontà di cooperare su una base paritaria e reciprocamente vantaggiosa, senza comandanti e subalterni.
Stiamo osservando in Occidente che gli anglosassoni e il resto dell'”Occidente collettivo” hanno “costruito” (per dirla in parole povere) e stanno sfruttando la situazione attuale, la guerra che hanno scatenato per mano dell’Ucraina contro la Federazione Russa, solo per far fuori i concorrenti. Vedono noi e allo stesso tempo la Cina come un concorrente. I documenti dottrinali lo affermano esplicitamente. Ma gli anglosassoni stanno eliminando anche l’Europa continentale dal novero dei concorrenti. Questo è evidente a tutti. La Germania è in condizioni disastrose dal punto di vista economico e sociale. Molti altri Paesi non stanno meglio. Gli Stati Uniti sono il principale beneficiario. E al loro fianco ci sono sempre gli inglesi che li aiutano a raggiungere i loro obiettivi egoistici.
L’Ucraina viene rifornita di armi sempre più moderne e di sistemi a lungo raggio che non vengono utilizzati solo per raggiungere i nostri territori, ma anche per attaccarci. Si parla ora di F-16 che effettivamente possono essere equipaggiati per trasportare armi nucleari. Lo abbiamo detto pubblicamente. Nel Consiglio di Sicurezza permanente delle Nazioni Unite c’è il gruppo dei “cinque nucleari”, che riunisce gli esperti, e noi in quella sede abbiamo presentato una seria protesta. Gli americani hanno cercato di respingerla dicendo che non era possibile che noi pensassimo che avrebbero davvero dato all’Ucraina aerei in grado di trasportare armi nucleari. Abbiamo risposto che non lo pensiamo neanche. I nostri sistemi che monitoreranno questi aerei non saranno in grado di distinguere tra un aereo non equipaggiato con armi nucleari e uno che le trasporta. Per rispondere alla sua domanda su come reagiremo: la risposta spetta ai militari. Loro sanno cosa fare.
Domanda: Sarà una risposta tecnico-militare? Lei ha detto che il degrado delle relazioni diplomatiche e politiche ha quasi raggiunto il suo apice, quindi ci si aspetta solo la risposta dei militari?
Sergey Lavrov: L’F-16 è un “prodotto” tecnico-militare. Pertanto, se vedremo questi aerei sorvolare l’Ucraina e rappresentare una minaccia per noi, anche la risposta sarà tecnico-militare.
Domanda: I colloqui del Ministero degli Esteri russo con Kiev possono
tenersi considerando le nuove realtà geopolitiche? Quali sono queste
realtà e qual è il posto che vi occupa la Russia?
Sergey Lavrov: Questa è una guerra geopolitica condotta contro di noi.
Abbiamo appena detto che stanno eliminando i loro concorrenti. Questo è
il nostro modo di vedere la situazione. L’epilogo di questa situazione
può avvenire solo alla luce del fatto che si tratta di un conflitto
geopolitico. Il tentativo dell’Occidente, attraverso l'”agonia di
un’epoca” in cui ha dominato, di mantenere la propria posizione
egemonica è fallito. Ne siamo tutti assolutamente consapevoli.
A proposito di quali saranno queste realtà “sul campo”. Esse sono
determinate dai processi che si stanno svolgendo in loco. Innanzitutto, i
referendum tenuti nei quattro nuovi territori e le decisioni prese
dalla leadership della Federazione Russa e dall’Assemblea Federale del
nostro Paese. Questa è la prima cosa.
Permettetemi di ricordarvi le realtà “sul campo”. Quando nel luglio del
2022 è stato chiesto al Presidente russo Vladimir Putin se la Russia
fosse pronta a negoziare, ha detto chiaramente che noi non stiamo
rifiutando colloqui di pace, ma coloro che li stanno rifiutando
dovrebbero sapere che più andranno avanti, più sarà difficile trovare un
accordo con noi. Questo è il quadro concettuale in cui ci troviamo ora.
Parlando più “in grande”, in termini geopolitici, questo significherà
dover risolvere il problema delle garanzie di sicurezza. Non saremo
disposti a costruire queste garanzie sulla base delle ennesime promesse e
dei documenti che l’Occidente può offrire. Dobbiamo garantire noi
stessi la nostra sicurezza.
Il secondo spaccato geopolitico più ampio è quello dei processi globali.
La globalizzazione, imposta a tutti dall’Occidente (guidato dagli Stati
Uniti) con strumenti che essi e i loro più stretti alleati ancora
controllano (intendo i meccanismi dei pagamenti e l’assicurazione dei
trasporti), è già esaurita. La consapevolezza della necessità di
regionalizzare i processi di sviluppo è ormai dominante. Si tratta
dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai e, in senso più
ampio, del Grande Partenariato Eurasiatico, di cui il Presidente russo
Vladimir Putin ha parlato qualche anno fa al vertice Russia-ASEAN. Egli
ha invitato tutti i Paesi del nostro vasto continente comune a
utilizzare i vantaggi comparativi dati da Dio e dalla natura per
sviluppare catene logistiche, finanziarie e di trasporto reciprocamente
vantaggiose. All’interno dell’Unione Economica eurasiatica, della SCO e
dell’ASEAN si svolgono intensi contatti tra i segretariati e le
delegazioni governative.
Ci sono progetti che stanno acquisendo importanza di valore
continentale, anche sulla base dell’accordo firmato tra l’Unione
Economica Eurasiatica e la Repubblica Popolare Cinese
sull’armonizzazione dei nostri piani di integrazione e del progetto
cinese “One Belt, One Road”. Abbiamo sempre ribadito che lasceremo “la
porta aperta” a tutti i Paesi del continente eurasiatico, compresi
quelli europei che capiranno il vantaggio di affidarsi a processi
naturali, anziché aderire agli schemi artificiali che l’Occidente mette
in piedi a spese dei suoi alleati sottoposti a giochi ideologici e
geopolitici. Il mondo sarà diverso.
I processi, che si sviluppano in misura particolarmente impetuosa nel
contesto della reazione dell’Occidente alla nostra operazione militare
speciale, quando abbiamo accettato la sfida lanciataci, indicano
distintamente che l’autonomia e l’indipendenza da qualsiasi costruzione
legata all’Occidente stanno diventando tendenza dominante sulla scena
mondiale.
Domanda: Nell’ambito della ristrutturazione del sistema di meccanismi
che definiscono l’ordine internazionale (lei ha parlato di “nuovo
mondo”), prendiamo le relazioni con i Paesi arabi. Può commentare un
evento così importante come il vertice russo-algerino? E l’incontro tra
il presidente russo Putin e il presidente algerino Tebboune? E anche
l’evento che si sta svolgendo ora nell’ambito di SPIEF-2023, ovvero la
visita e la partecipazione del presidente degli Emirati Arabi Uniti
Mohammed bin Zayed Al Nahyan?
Sergey Lavrov: Direi che questo è il riflesso di processi naturali che
si stanno sviluppando da molti anni. La Russia e il mondo arabo hanno da
tempo stretti e positivi rapporti di collaborazione. Ricordano molto
bene il ruolo del nostro Paese nel liberare gli Stati arabi
dall’oppressione coloniale. Il nostro ruolo nell’aiutare i Paesi arabi
ad affermarsi come Stati, a costruire le fondamenta delle loro economie e
le basi delle loro capacità di difesa.
Il rapporto con l’Algeria ne è un esempio lampante. Abbiamo aiutato i
nostri amici algerini fin dai primi giorni della lotta per
l’indipendenza. Ieri, in occasione della riunione dei nostri presidenti,
abbiamo parlato con il collega S. Boukadoum, ministro degli Esteri
algerino, che ha ricordato l’episodio in cui i francesi si ritirarono
dal Paese dopo aver firmato nel 1962 il relativo accordo, lasciando
dietro di sé un numero enorme di campi minati di cui si rifiutarono di
fornire le mappe. I nostri genieri sovietici, anche a rischio della
propria vita hanno offerto un aiuto disinteressato agli amici, sminando
tutti quei territori. Molti genieri hanno sacrificato la propria vita.
Non è stato dimenticato.
Ieri, “a margine” di questo vertice, mi è stato chiesto quale fosse il
mio atteggiamento nei confronti delle dichiarazioni del Presidente
francese Macron, che in diverse occasioni ha dichiarato di essere
preoccupato per il fatto che la Russia sta sviluppando una cooperazione
economica e militare con i Paesi africani e arabi e che questo sia
“scorretto”. Ho ricordato che Emmanuel Macron, quando ha recentemente
visitato l’Algeria, si è pubblicamente rifiutato di scusarsi per gli
anni di sfruttamento coloniale di quel Paese e del suo popolo. Questi
“vezzi”, gli istinti coloniali, sono molto vivi. Ricordiamo Joseph
Borrell, che ha detto che l’Europa è un “giardino in fiore” e intorno
c’è una “giungla” dove vivono i “selvaggi”.
Le nostre tradizioni hanno una storia lunga e gloriosa. Chi pensa che
questa sia stata dimenticata si sbaglia di grosso. Perché l’Algeria
ricorda e apprezza il bene che il nostro Paese ha fatto ed è disponibile
a costruire un nuovo partenariato su queste basi storiche. L’Algeria è
uno dei nostri principali partner economici in Africa. È al terzo posto
tra tutti i Paesi africani. È il nostro principale partner per la
cooperazione militare e tecnica. L’interesse per un suo ulteriore
sviluppo è stato confermato durante la visita del Presidente Tebboune.
Si tratta di un processo naturale.
Per quanto riguarda gli Emirati Arabi Uniti, le relazioni sono piuttosto
recenti. Abbiamo stabilito questi rapporti in una fase avanzata delle
nostre relazioni con gli altri Paesi arabi. Un tempo c’erano differenze
ideologiche con l’Arabia Saudita e con gli Emirati Arabi Uniti. Ora non
ci sono più. Le relazioni tra noi e i Paesi del Golfo si basano su
pragmatismo, palesi vantaggi reciproci, volontà di conciliare gli
interessi e di cercare soluzioni che siano nell’interesse di entrambi i
partner.
Gli Emirati Arabi Uniti hanno battuto un record in termini di crescita
del nostro commercio reciproco, del nostro interscambio commerciale. Ci
sono molti piani di investimento. Sono interessati a investire nel
progetto del Corridoio di trasporto “Nord-Sud”, che fornirà la rotta più
breve e competitiva del mondo, alternativa al Canale di Suez, dal Mar
Baltico all’Oceano Indiano. Ci sono molte prospettive concrete.
Menzionerò anche l’aspetto geopolitico che consiste nel fatto che, nel
quadro della formazione di un mondo multipolare, il mondo arabo è
consapevole del suo posto e pretende di essere uno dei centri
principali, forti e influenti di questo futuro ordine mondiale.
Le relazioni con la Lega Araba e il Consiglio di Cooperazione del Golfo
hanno una lunga storia. In entrambi operano forum ministeriali. La
prossima riunione ministeriale con il GCC si terrà tra un mese nella
Federazione Russa. Siete invitati a seguirla.
Domanda: A questo proposito, soprattutto vista l’importanza attribuita
negli Emirati Arabi Uniti in particolare e nei Paesi del Golfo in
generale allo sviluppo delle relazioni con la Russia, lei percepisce e
registra la solita politica degli anglosassoni, soprattutto Stati Uniti e
Gran Bretagna, nelle relazioni con altri Paesi, la loro pressione su
questi Paesi amici affinché rifiutino o non partecipino al processo di
formazione di nuovi partenariati e contatti o al rafforzamento dei
contatti già esistenti? Questa pressione viene esercitata?
Sergey Lavrov: Certo. Questi non sono gli unici Paesi a subire
pressioni. Gli anglosassoni e compagnia bella esercitano pressioni su
tutti, compresi i nostri più stretti alleati, gli Stati membri della
CSTO. Gli Stati arabi del Golfo non sono affatto un’eccezione. Non posso
che definire beceri i metodi utilizzati dall’Occidente. Non c’è altra
parola per definirli. Quando parlano delle loro “regole”, su cui
dovrebbe basarsi l’ordine mondiale, intendono solo i loro diktat, i loro
istinti coloniali, il “vivere a spese degli altri”, niente di più.
Continuano a dire che in Ucraina stanno difendendo la democrazia e i
valori della civiltà occidentale. In primo luogo, se questa è la loro
percezione, non posso far altro che convincermi che conservano le loro
idee naziste. Perché dire che in Ucraina si stanno difendendo i valori
della civiltà occidentale equivale esattamente a rivendicare il nazismo
come modo di esistere.
Parlano di democrazia solo quando insegnano agli altri come vivere:
“dovete tenere le elezioni”, “dovete trasferire il potere dai militari
ai civili” o viceversa. “Assicuratevi di avere degli osservatori”, ecc.…
Ma quando si parla di democrazia nell’arena internazionale, l’Occidente
si “dà subito alla macchia ” e non vuole parlare dell’argomento. È
indicativo perché, come ho detto più volte, la Carta delle Nazioni Unite
stabilisce il dovere di ogni Stato di rispettare l’uguaglianza sovrana
di tutti gli Stati. L’Occidente non lo fa.
Prendiamo la specifica battaglia geopolitica che si sta svolgendo ora
come risultato della guerra scatenata contro di noi dall’Occidente. Il
presidente russo Vladimir Putin e il vostro umile servitore dopo il
colpo di Stato del 2014, hanno per molti anni avvisato che doveva essere
garantita la sicurezza della Russia e i diritti dei russi residenti nei
territori ucraini dovevano essere assicurati e rispettati. Nessuno ci
ha ascoltato. Questi diritti sono stati violati, sono state emanate
apposite leggi. Ogni volta chiedevamo l’attuazione degli accordi di
Minsk, lanciavamo un monito. In altre parole, abbiamo presentato il
nostro punto di vista al mondo ripetutamente e in modo molto
dettagliato.
Tanto più che proprio alla vigilia dell’operazione militare speciale, il
Presidente russo Vladimir Putin ha tenuto uno speciale discorso.
Abbiamo esposto le ragioni per cui non avevamo altra scelta. L’Occidente
ha condannato le nostre azioni. Probabilmente tutti gli altri che
osservavano questi processi vanno “rispettati”, nel senso che hanno
tutto il diritto di formarsi una propria opinione e di assumere la
propria posizione. Noi siamo impegnati solo a spiegare le nostre
motivazioni e le nostre azioni. L’Occidente non spiega nulla. Si limita a
inviare emissari in tutte le capitali, siano esse l’Arabia Saudita, gli
Emirati Arabi Uniti, l’Asia Centrale, l’Africa, l’America Latina, e
chiede a tutti i governi di condannare la Russia, di aderire alle
sanzioni, di votare come “comanda” l’Occidente. È una mancanza di
rispetto nei confronti di quegli Stati che vogliono guardarsi intorno,
capire le implicazioni per loro di un modo o di un altro di esprimersi.
La pressione c’è. Ma il fatto che praticamente nessuno Stato della
Maggioranza Mondiale, il Sud Globale, abbia aderito alle sanzioni
dimostra che questi tentativi di pressione non stanno funzionando.
Domanda: Lei ha detto chiaramente che la Russia è grata all’Africa per
non aver aderito alla campagna russofoba. Cosa offre la Russia agli
africani in cambio? Esiste una strategia chiara per sviluppare questi
nuovi contatti?
Sergey Lavrov: Dopo il primo vertice Russia-Africa, che si è svolto a
Sochi nell’ottobre 2019, abbiamo istituito un comitato speciale che si
occupa dell’attuazione degli accordi raggiunti in quell’occasione, ci
sono associazioni di cooperazione economica con i Paesi africani.
Abbiamo aderito alla Banca africana di import-export. Ci sono una serie
di progetti promettenti che ora verranno realizzati.
Ma non si tratta di ciò che diamo in cambio. Non è il modo giusto per
dirlo. I miei amici parlano in confidenza di come l’Occidente li stia
ricattando, gli “leghi le mani”, chiedendo loro di smettere di
comunicare con noi, di smettere di commerciare con noi. Chiedo loro:
cosa offrono in cambio? Dicono che in cambio non saranno “puniti”. Ecco
cosa “viene fuori “. Nel nostro caso tutto deve essere reciprocamente
vantaggioso e di reciproco interesse. Ma nelle nostre relazioni con gli
africani, così come con gli altri partner, non abbiamo un approccio
mercantile. Cerchiamo di trovare progetti che soddisfino gli interessi
di entrambe le parti. Di solito, i Paesi che ci invitano a fare affari
suggeriscono aree e settori dell’economia in cui vorrebbero vedere i
nostri investimenti. I nostri operatori economici si mettono in contatto
con i loro colleghi e concordano le condizioni. Si tratta di un
processo sano, che garantisce l’equilibrio degli interessi di tutti i
partner e di tutti i partecipanti.
Domanda: Una domanda sui nuovi attori principali dei BRICS, ma dal lato
arabo. Com’è noto, alcuni Paesi arabi hanno espresso il desiderio di
entrare in questo gruppo. In particolare Arabia Saudita, Emirati Arabi
Uniti, Algeria, Egitto e persino Turchia. Secondo lei, quando questi
Paesi diventeranno membri a pieno titolo dell’organizzazione? Se lo
faranno, come contribuiranno a rafforzare la posizione e le prospettive
dei BRICS?
Sergey Lavrov: Il contributo è evidente. La composizione dei BRICS sarà
incrementata dai rappresentanti di una grandissima civiltà, quella araba
e islamica in senso lato. Ciò andrà a vantaggio del rafforzamento dei
principi multipolari, di cui stiamo parlando e che si stanno
oggettivamente plasmando.
Per quanto riguarda i candidati specifici, sono tutti forti: Arabia
Saudita, Iraq, Algeria. Sono tutti, in una certa misura, leader del
mondo arabo e islamico. Questo arricchirebbe certamente i BRICS. Saremmo
pronti a cercare una soluzione abbastanza rapidamente. Non c’è nulla da
discutere. In termini di peso di ciascuno di questi Stati, del loro
diritto di essere rappresentati a livello globale, non ci sono dubbi.
Un altro aspetto è che nei BRICS vige la regola del consenso. Ora, visti
gli appelli da lei citati e quelli provenienti da altri continenti,
all’interno dell’organizzazione è stato avviato il processo per
concordare le posizioni sull’allargamento. Al vertice che si terrà in
Sudafrica ad agosto, i leader saranno informati dagli esperti su come
procedere su questo tema. La questione è ovviamente delicata. Tutto è
chiaro. È in gioco la reputazione di uno Stato. Se un Paese fa domanda e
non riceve risposta, non sarà considerato molto positivamente. Lo
capiamo benissimo. Noi siamo favorevoli all’espansione dei BRICS.
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