Mentre il governo boccia il salario minimo e prende tempo sulla rappresentanza.
(di Chiara Brusini – ilfattoquotidiano.it)
No al salario minimo e silenzio riguardo al recepimento della direttiva europea in materia approvata lo scorso ottobre. Mentre Pd e Movimento 5 Stelle cercano una convergenza sulle proposte di legge depositate in Parlamento, il governo continua a non adottare provvedimenti strutturali contro il lavoro povero. Tra il resto non pare nemmeno intenzionato a contrastare i contratti pirata o di comodo con stipendi e tutele molto minori rispetto a quelli di chi gode del ccnl principale. Un obiettivo che l’atto Ue ci impone di raggiungere, perché ai Paesi che non hanno un minimo legale sarà richiesto perlomeno di misurare l’effettiva copertura dei contratti nazionali. E per farlo serve una legge sulla rappresentanza, che andrebbe subito a vantaggio dei tanti lavoratori a cui vengono applicati accordi peggiorativi. Nonostante gli stessi contratti leader in alcuni casi siano a loro volta molto “poveri”, soprattutto nei servizi, le differenze in termini di retribuzione posso superare il 30%.
Commercio, bar e ristoranti – I contratti ritenuti maggiormente rappresentativi, firmati da Cgil, Cisl e Uil, sono stando all’ultima ricognizione del Cnel solo 211 su un totale di oltre 940. Il comparto del commercio e dei servizi è una vera giungla con oltre 200 contratti registrati. I principali per numero di persone coperte sono il ccnl della distribuzione firmato da Confcommercio (2,3 milioni di lavoratori sparpagliati in 381mila attività) e quello dei pubblici esercizi di Fipe (592mila addetti). Entrambi con i sindacati confederali come controparte, entrambi scaduti da alcuni anni ma con trattamenti economici migliori rispetto, per esempio, a quelli siglati dal sindacato Cisal, assai vicino all’attuale governo, e da Confsal, al cui congresso nazionale il 27 giugno parteciperanno sei ministri.
Il ccnl di Confcommercio riconosce a un garzone o addetto alle pulizie un minimo di 1.281 euro, a un commesso 1.616 euro e a un aiuto commesso 1.508, sempre per 14 mensilità e con maggiorazioni del 30% per i festivi, del 15% per gli straordinari (20% oltre la 48esima ora) e del 50 per i notturni. La distanza rispetto al contratto dell’Associazione nazionale per l’industria e il terziario (Anpit)-Cisal è molto ampia: del resto in quell’accordo, applicato a 45mila lavoratori, si legge che “i vecchi contratti preferiscono la morte delle aziende e dei posti di lavoro piuttosto che cedere, seppur marginalmente, rispetto alle pregresse conquiste economiche e normative, trasformando quei sofferti benefici dei tempi migliori in dogmi intoccabili”. Ecco, nel ccnl Anpit di dogmi non ce ne sono: la paga è differenziata per Regione, per cui un commesso junior parte da una base di 1.156 euro a cui si somma un “elemento perequativo” di 80 euro in Lombardia ma solo 21 in Sicilia, 17 in Campania e 10 in Calabria. Il totale oscilla quindi tra 1.166 e 1.236 euro. Per una hostess o un addetto alla biglietteria non si va oltre i 1.145 euro mensili in Lombardia e 1.080 in Calabria. Cifre al netto della “indennità di mancata contrattazione” (a questi livelli una settantina di euro) che spetta in assenza di contratto aziendale di secondo livello. Non c’è la quattordicesima, le ore di lavoro salgono da 40 settimanali fino a 45, la maggiorazione per straordinario festivo si ferma al 25%, quella per il notturno con preavviso al 22%. E chi ha un part time – casi molto frequenti – riceve per lo straordinario con preavviso solo una maggiorazione oraria del 25%, contro il 35% in più del contratto Confcommercio.
Anche il ccnl intersettoriale Cifa-Confsal consente differenziazioni regionali, con paghe più basse per le piccole società che operano al Sud e per tutte quelle che hanno sede in piccoli Comuni sotto i 10mila abitanti o nei territori in stato di calamità. Un aiuto commesso nelle “aree svantaggiate” prende in base al contratto solo 1.234 euro (con quattordicesima) contro i 1.542 euro che sono la retribuzione normale. Un garzone in Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania e Puglia o in un piccolo centro guadagna 1.047 euro contro i 1.309 del resto d’Italia. I giovani devono mettere in conto un’ulteriore riduzione: nel primo anno di lavoro è prevista una “retribuzione di primo ingresso” pari a circa il 75% di quella che prendono i colleghi più esperti.
Nel settore dei pubblici esercizi il contratto Fipe–Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil offre a un cameriere di ristorante 1.562 euro, a un cassiere di bar o banconiere di gelateria 1.462, con maggiorazioni del 30% per gli straordinari, del 25% per il lavoro notturno e 20% per il festivo. I 29 ccnl concorrenti sono tutti più o meno peggiorativi. Un cameriere specializzato inquadrato con il ccnl Anpit-Cisal per Turismo, agenzie di viaggio e pubblici esercizi prende, tenendo conto del rinnovo arrivato nel 2022, 1.337 euro in Lombardia, 1.264 in Sicilia e 1.239 in Calabria (al netto dell’eventuale indennità mensile di mancata contrattazione). Cifre che scendono di un centinaio di euro per un banconiere o addetto alla cassa. L’intersettoriale Cifa-Confsal equipara camerieri, cassieri e baristi (ricadono tutti nel quinto livello) e ferma le paghe a a 1.456 euro come standard, 1.165 nelle aree svantaggiate.
Metalmeccanica – Il contratto principale per i metalmeccanici è quello firmato da Federmeccanica con i confederali. Vale per 1,5 milioni di lavoratori impiegati in oltre 60mila aziende. Per il livello più basso, il D1 – riservato a chi ha compiti operativi per cui non servono conoscenze professionali specifiche – prevede un minimo di 1.488,89 euro mensili che però, grazie a una clausola di garanzia legata all’inflazione inserita nell’ultimo rinnovo, da giugno aumenteranno di 99,6 euro arrivando a 1588,9. Già il ccnl principale (Confartigianato-confederali) per i dipendenti da imprese artigiane della metalmeccanica e dell’installazione di impianti, applicato a oltre 500mila lavoratori, ha però condizioni assai peggiori: poco più di 1.270 euro per il livello base. I ccnl firmati da organizzazioni non comparativamente più rappresentative, pur del tutto minoritari come numero di addetti coinvolti, hanno livelli retributivi più bassi spesso di oltre il 30%: quello sottoscritto dalla Cisal con un gruppo di associazioni datoriali che va da Anpit a Confimprenditori e Federodoontotecnica, applicato a circa 4mila persone in 357 aziende, secondo le tabelle del Cnel ha minimi di soli 1.001 euro per il livello D2 che comprende gli operai.
Logistica – I lavoratori inquadrati nel ccnl logistica, trasporto merci e spedizione rinnovato nel 2021 da Assologistica, Confetra e Federlogistica con Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti partono da poco meno di 1.500 euro al mese per le mansioni più semplici (facchini, addetti alle consegne in motorino ai primi mesi di incarico) che salgono a quasi 1.800 per chi guida un camion che richiede la patente C. Sotto quell’ombrello operano oltre 530mila lavoratori di 36mila imprese. Ma i contratti applicati da molte cooperative che lavorano in appalto per i big del settore sono spesso ben altri. Come quello dell’Unione nazionale cooperative (Unci) con la Federazione autonoma dei sindacati dei trasporti (Fast Confsal), scaduto nel 2017, che prevede minimi da 1.260 euro per i soci e 1.300 per i non soci. Per non parlare dell’inquadramento dei rider, per i quali è ancora consentito il cottimo e il contratto Assodelivery-Ugl – bocciato da diversi tribunali – prevede solo “un compenso minimo per una o più consegne” pari a 10 euro l’ora che la piattaforma può “riparametrare” se stima che per recapitare il pasto sia servito meno tempo.
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