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Francesco Fustaneo intervista Alfonso Campisi
La Tunisia in queste settimane per via della questione migratoria e della crisi economica in atto è costantemente sotto i riflettori dei media nonché oggetto di frequenti visite istituzionali da parte delle delegazioni dei paesi occidentali.
In questa sede abbiamo voluto discutere di alcune dinamiche in atto nel paese dei gelsomini, con un suo profondo conoscitore: Alfonso Campisi, italo-tunisino che nel paese nordafricano vive da oltre venticinque anni, professore di Filologia romanza all'Università di La Manouba e studioso dei movimenti migratori nel Mediterraneo.
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-Professor Campisi, i media europei non mancano di sottolineare come quotidianamente la Tunisia sia vicina al default. Lei intervistato da Rsi (Radiotelevisione svizzera), ha invece fatto sobbalzare il conduttore affermando il contrario: a suo avviso, che percezione si ha in Tunisia della questione?
La Tunisia non é mai stata in una situazione di default e questo non sono di certo solo io a dirlo, ma piuttosto Kristalina Georgieva quando afferma che “l’economia tunisina avanza meglio del previsto e che la situazione non é poi così’ drammatica come temevamo”. Dinnanzi a questa uscita di sabato scorso da parte della direttrice generale del FMI, dovrebbe però’ sorgere una domanda spontanea: ma come mai fino alla settimana scorsa si parlava della Tunisia come di un paese sull’orlo del fallimento e oggi invece il FMI fa un lunghissimo passo indietro? Lascio al lettore la risposta... Quello che è sicuro e che posso certamente affermare, da profondo conoscitore di questa nazione, è che noi da Tunisi non abbiamo mai avuto l’impressione che il nostro paese potesse economicamente sprofondare. Non c’erano e non ci sono i presupposti.
-I governi europei, incluso quello italiano, fanno costantemente pressione al presidente tunisino Saied, affinché accetti le condizioni del Fmi per l'erogazione di un prestito di 1,9 miliardi di dollari, ma in merito lo stesso ha annunciato che non cederà a diktat dall'estero: può spiegare perché le pretese del Fondo sono inaccettabili agli occhi della presidenza e del governo tunisino?
Il presidente della Repubblica, Kais Saied, a mio avviso ha perfettamente ragione. I diktat che il FMI ha cercato di imporre senza esito alla Tunisia e al suo popolo erano davvero inaccettabili e avrebbero senza ombra di dubbio dato vita a delle sommosse popolari. Era questo che si voleva? La “guerre du pain” è avvenuta sotto il governo del presidente Bourghiba nel 1984 e ne seguirono delle grandi rivolte popolari, dovute all’aumento dei generi di prima necessità e in particolare del pane, considerato la base dell’alimentazione della parte meno abbiente della popolazione tunisina. Ecco cosa voleva tra le tante altre cose il FMI: togliere le sovvenzioni statali ai beni di prima necessità come pane, pasta, carne, benzina e quant’altro. Accettare queste terribili condizioni, sarebbe stato veramente disonesto da parte del presidente nei confronti del suo popolo. E poi, assistiamo sempre a due pesi e due misure da parte del FMI: penso all’Ucraina ove sono stati versati e subito senza condizioni particolari per il paese, oltre venti miliardi di dollari...
- Sempre più spesso, con estrema facilità si parla di
Saied come un “dittatore”: non pensa al di là del giudizio politico,
positivo o negativo che si può avere sulla sua figura, che sia un
termine da rigettare?
Nei confronti della Tunisia c'è stata una vera e propria cospirazione: l’obiettivo da parte di molti all’interno come all’esterno, era la destabilizzazione del paese nordafricano e di seguito anche di tutto il Mediterraneo. Ancora oggi, assistiamo a questi tentativi criminali. Con la destabilizzazione della Tunisia si sarebbe di certo destabilizzata l’Europa e in particolare l’Italia... Dieci anni e più post-“rivoluzione”, non la chiamiamo più neanche rivoluzione in Tunisia perché non lo è mai stata, forse e ancora, una rivolta, ben orchestrata dall’esterno con il solito “modus operandi” che ormai tutti conosciamo benissimo quando si vuole destabilizzare un paese; penso all’Iraq, alla Libia e la lista è lunghissima. Dodici anni in cui non è esistita nessuna “primavera araba”, non altro che una invenzione ridicola occidentale come quella di “islamismo moderato”, arrivato in Tunisia a causa dell’appoggio dei governi europei e americano e spesso dalla sinistra europea, in particolar modo dalla pseudo sinistra italiana, grande sostenitrice di tutti i movimenti islamisti anche violenti. Ma chiederei oggi a questi signori, che continuano a gridare alla fantomatica “dittatura” di Saied, ma dove eravate quando nel dal 2011 al 2014, le facoltà umanistiche, compreso la mia, l’università de la Manouba, vennero prese d’assalto da orde islamiste arrivate da ogni parte del paese? Dove eravate quando gli estremisti cercarono d’imporre il velo alla donna, minacciandola e aggredendola? (la Tunisia all’indomani dell’indipendenza ha sempre avuto una costituzione piuttosto laica, riuscendo quindi a separare la sfera religiosa da quella politica). Dove eravate quando nei cinema, nei teatri, in tutte le manifestazioni culturali, gli artisti finivano per essere aggrediti, malmenati e insultati? Era questa la democrazia per l’Occidente? Per l’America? Per l’Europa? O si chiudevano piuttosto gli occhi, riempiendosi la bocca di menzogne e primavere arabe solo per una migliore gestione del/dei paesi occupati dagli islamisti? C'è da chiederselo...
Oggi, che un presidente della Repubblica cerca di lottare contro la corruzione dilagante nel paese, contro l’economia sommersa, contro un sistema non sempre garante della giustizia, che cerca di riportare un po di eguaglianza sociale, visto che durante questa pseudo “primavera araba” la classe media si é impoverita e i nuovi ricchi sono invece aumentati...ecco che si accusa il Presidente di essere un dittatore? Mi perdoni, ma trovo tutto questo meschino e vergognoso. Io sono convinto invece e il tempo ce lo dirà, che il Presidente Saied passerà alla storia, come colui che è riuscito coraggiosamente a salvare il paese dai nemici della Tunisia e ad invertirne la rotta.
- Rimanendo in tema di politica interna tunisina, dopo la rivoluzione dei gelsomini, e fino all'avvento di Saied, si è avuta l'ascesa al potere di Ennahda, partito di orientamento islamico-conservatore, vicino alla Fratellanza Musulmana: lei non ha mai fatto mistero della sua avversione per tale forza politica. Ci spiegherebbe perché?
Non si tratta di un’avversione personale, anche se i primi anni post 2010, sono stati molto difficili da vivere, perché pur essendo tunisino ma non chiamandomi Mohamed, ed essendo un intellettuale laico, gli attacchi contro una precisa classe e la pesantezza dell’aria che respiravamo si son fatti di certo sentire. La Tunisia è anche il mio paese al quale sono molto grato per una serie di motivi troppo lunghi da descrivere in questa sede, e come ogni cittadino che ama il suo proprio paese, lo difendo dai movimenti estremisti e medievali, tutto qua! Distruggere in pochi anni l’operato del grande presidente Habib Bourghiba, sarebbe stato inaccettabile. Quello che mi duole particolarmente e che mi risulta incomprensibile, è come certi leader della “sinistra” tunisina e dell’intellighenzia, si schierano oggi con gli islamisti che nel 2011 e nel 2012, avevano invece acerrimamente combattuto. È un vero dilemma...
- Nel 2023 la Tunisia ha superato la Libia come paese di provenienza degli sbarchi irregolari in Italia. L'intento neppure troppo tacito da parte dell'Europa è ora quello di voler esternalizzare alla Tunisia il controllo dei flussi di migranti subsahariani in cambio della concessione di risorse economiche. Si è anche parlato del crescente razzismo in Tunisia, delle politiche rigide verso i migranti applicate da Saied, contestate da diverse ong, ma la situazione è forse un po' più complessa di come la dipingono. Che opinione ha a riguardo?
Ai tempi di Ben Ali, fu proprio il ministro italiano Minniti, che visitando la Tunisia, chiese all’allora presidente della Repubblica tunisina di aprire dei “centri di accoglienza” in Tunisia. Ben Ali, rifiutò’ categoricamente, lo stesso rifiuto che oppose agli americani per l’apertura di una loro base militare nel paese. Questi campi della vergogna, dei soprusi, della violenza, degli stupri, vennero invece aperti in una Libia allo sbando, in mano alle fazioni islamiste, ai corrotti appoggiati ancora una volta dall’Occidente. Nessuno ne fa più un segreto. Gheddafi, indirizzandosi agli europei, disse queste testuali parole: “se mi ammazzerete, milioni di africani si spingeranno in Europa e voi governanti europei, non sarete in grado di fermarli!”. Mi sembra che il colonnello, ci abbia azzeccato. E poi gridiamolo pure, la Libia non si è di certo destabilizzata da sola! Ma per ritornare alla nostra cara Tunisia, che gode di certo della più invidiabile posizione strategica geografica nel Mediterraneo, ha detto no alle richieste dei diversi governi europei che vorrebbero diventasse il gendarme delle coste europee. E come se le frontiere europee si spostassero ancora più a sud. Inaccettabile e ancora una volta non posso che salutare l’iniziativa e i propositi del presidente Saied che ha proposto per la prima volta di indire una riunione non solo tra Tunisia e Italia e Francia, ma fra tutti i paesi del Sahel da dove partono i subsahariani e i paesi della riva nord del Mediterraneo, perché il problema migrazione non riguarda soltanto la Tunisia e l’Italia, ma piuttosto l’Europa e l’Africa. I governanti europei non c’erano ancora arrivati... Si dimentica spesso che la Tunisia, e questo in pochi lo sanno in Europa, si sta trasformando nel corso di questi ultimi anni, da paese di partenza a paese di arrivo e di accoglienza. Basta fare un giro nelle città tunisine come Tunisi, Sfax, Hammamet, Sousse... per vedere la presenza sempre più grande di fette di popolazioni subsahariane ormai stabilitesi nel paese. Si tratta per la maggior parte delle volte di gente arrivata qui illegalmente e inevitabilmente possono creare dei problemi di convivenza con la popolazione locale. Adesso, ditemi voi, ma quale presidente della Repubblica non ha il dovere di proteggere il suo proprio paese e il suo popolo dall’immigrazione illegale? Dove sta il razzismo in tutto questo? L’Italia o la Francia, non lottano forse da anni contro l’emigrazione clandestina? Possiamo apostrofare questi paesi di essere razzisti?
Un’ultima domanda. Come si può secondo Lei professore far diminuire il numero dei morti nel Mediterraneo?
Quesito complesso, ma in breve potrei rispondere affermando e ne sono sicuro, che la politica migratoria di paesi come la Tunisia, è completamente da rivedere. Penso alla vergognosa politica dei visti, dove assistiamo alla disumanizzazione dell’essere umano. Per diminuire il numero dei morti in mare, occorre per un paese come la Tunisia, la libera circolazione. Ogni individuo ha il diritto di muoversi e spostarsi da un paese all’altro come meglio gli aggrada. Le frontiere prigioni non devono più esistere. La Tunisia conta soltanto 12 milioni di abitanti, la metà di una città come Il Cairo... a voi le conclusioni.
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