Migliaia di persone, diecimila secondo molti, si sono presi ieri pomeriggio la piazza della Capitale per materializzare l’urgenza e i temi di una vera opposizione politica e sociale al governo Meloni.
Da una parte lavoratrici e lavoratori, studenti, immigrati, alluvionati della Romagna, pacifisti, dall’altra un governo fondato su una “aristocrazia fiscale” che si avventura nella guerra all’esterno e nello scontro sociale sul fronte interno.
Quella vista ieri in piazza è quella che possiamo definire la sinistra di classe nel nostro paese, alternativa al quadro politico dominante ma anche diversa e lontana da quella che la società percepisce ancora – e purtroppo – come “sinistra” nonostante abbia fatto di tutto per appiattirsi sul modello liberale. A chiarire le cose è stato il blitz con lancio di uova abbattutosi sulla sede della Confcooperative che legittima tutto il verminaio di false cooperative nella logistica e nei servizi.
Le istanze portate in piazza disegnano una agenda politica completamente diversa, a partire dal no al coinvolgimento dell’Italia nella guerra e all’autonomia differenziata e il si all’introduzione del salario minimo.
Questa agenda politica alternativa era leggibile negli striscioni e negli spezzoni politici e sociali che si sono snocciolati nelle strade da Piazza della Repubblica fino a San Giovanni.
L’apertura unitaria era caratterizzato dallo striscione contro il governo Meloni accusato di rubare il futuro. Seguivano lo striscione contro l’autonomia differenziata delle regioni che demolisce l’assetto costituzionale del paese. E poi i movimenti di lotta per il diritto all’abitare, a confermare la centralità di questioni come gli affitti-rapina e l’emergenza abitativa. E ancora l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, Potere al Popolo che ha messo in evidenza la richiesta del salario minimo a 10 euro e un grande spezzone dall’Emilia Romagna alluvionata con gli striscioni “Spalare e non sparare” e gli “argini si sono rotti”.
Fitto, combattivo e numerosissimo lo spezzone degli studenti medi e universitari di Osa e Cambiare Rotta.
La Rete dei Comunisti ha riaffermato le sue priorità dietro lo striscione “Fuori l’Italia dalla gabbia euroatlantica”. L’Unione Popolare con lo striscione sul salario minimo a 10 euro.
Infine un enorme spezzone dell’Unione Sindacale di Base con in testa i braccianti dei campi della Puglia e della Calabria e poi dagli spezzoni delle realtà operaie – dall’Ilva da cui sono venuti con due pullman, alla logistica, alla Piaggio alla GD, ai portuali – a confermare che nelle manifestazioni i soggetti sociali in piazza non solo si contano ma “si pesano”.
“Chi è in piazza oggi sta da che parte
stare” ha detto Marta Collot di Potere al Popolo dal palco di San
Giovanni aprendo gli interventi. Mano a mano tutte le realtà politiche e
sociali della manifestazione hanno preso la parola fino a quando, alle
17.00 in punto un acquazzone violento ha imposto la chiusura di questa
straordinaria giornata di lotta e di rappresentazione di un blocco
sociale antagonista al governo che ha necessità e legittimità sociale di
darsi rappresentanza politica.
Il black out informativo imposto dai mass media non deve più impensierire nessuno. Il sistema dominante non prevede l’esistenza di una opposizione politica e sociale fuori dagli schemi consentiti e addomesticati. Ma la manifestazione ha dimostrato che questo esiste. In molti dovranno farsene una ragione.
Nessun commento:
Posta un commento