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Beh certo non è edificante avere come ministro della Famiglia,
con delega alla natalità e alle pari opportunità una sanfedista, sul
merito è meglio lasciar correre, parliamo di un pilastro della
weltanschauung leopoldina almeno quanto il progressivo conflitto
d’interesse, i podestà sceriffi del Ps con le panchine di prima di Rosa
park hanno guardato per anni con un misto di ammirazione e invidia
all’ardimento della collega persecutrice seriale di mendicanti e perché
dovremmo deplorare un Ministero del Made in Italy dopo il Very Bello di
Franceschini?
Quello su cui proprio non può invece sorvolare il fronte degli
intemerati progressisti antifascisti e democratici, è il sovranismo
alimentare, quello no, e non volesse il cielo che nella titolarità di un
dicastero ci mettessero un pizzico di populismo, che magari a qualcuno
poteva venire in mente il Grande Assente dal cosiddetto agone politico,
da dove è stato espulso dalle élite mainstream, dai costituzionalisti
che dimenticano quante volte compaia nella nostra carta a cominciare
dall’articolo 1 (La sovranità appartiene al popolo, che la esercita
nelle forme e nei limiti della Costituzione) come un bene custodito e da
tutelare e diventato monopolio esclusivo di rozzi misoneisti ignoranti
criminalizzati o compatiti, comunque delegittimati come poveri di
spirito, impauriti alla ricerca identità e sicurezza.
Ma da quando è scattata la proibizione, quando il divieto assoluto di
esercitare l’autodeterminazione ? Facile rispondere, si può addirittura
datare la cancellazione del principio di sovranità da ogni spazio delle
nostre vite: il divorzio tra Tesoro Banca d’Italia, l’inesorabile
veleggiare del Britannia, la campagna di demolizione e svendita del
nostro patrimonio industriale pubblico, le privatizzazioni, certo. In
Europa e nel nostro Paese si erano create le condizioni propizie per
costruire istituzioni sovranazionali che sottrassero potere decisionale
agli Stati, dando a questo processo giustificazioni di carattere morale
in presenza di soggetti forti e egemoni e di partner deboli e esposti a
tentazioni antifederaliste, secondo criteri che si sono riflessi nelle
architetture giuridiche e nella realizzazione della moneta unica in
aperto contrasto con le utopie di cerchie elitarie che auspicavano lo
spostamento il livello della sovranità dai Paesi a uno “Stato europeo”
con un unico esercito, unità monetaria, abolizione delle barriere
doganali e delle limitazioni alle emigrazioni, rappresentanza diretta
dei cittadini ai consessi federali nel contesto di una politica estera
unica e unitaria”, neutrale tra Usa e Urss.
Dovremmo smetterla di parlare di anime belle incantate da una narrazione
retorica, se per decenni si sono alimentate leggende distopiche: è l’Ue
che garantisce la pace. l’Ue ha lasciato una significative porzione di
autonomia e competenze economiche ai partner, salvo la modesta eccezione
dell’euro, l’Ue assicura standard di crescita omogenei limitando le
disuguaglianze, proprio grazie alla natura deflativa della sua moneta
unica che tutela dal dominio di pochi ai danni dei molti impedendo a
stati forti di autofinanziarsi battendo moneta o emettendo bond e
obbligandoli a entrare nei mercati, a subirne le condizioni passando
beneficamente a loro dire dalle svalutazioni economiche, giuridiche e
organizzative del lavoro per raccogliere le sfide della competitività,
della produttività, dell’innovazione e delle esportazioni.
Pensate a come ci siamo fatti portare via, come i condannati sul
carretto, la testa incappucciata, avendo per spocchia o per viltà
rinunciato alla solidarietà degli affini, convinti che a noi non sarebbe
capitato, che ci saremmo salvati sotto l’ombrello carolingio, persuasi
che tra scandali, repressioni, disuguaglianze, disordine, era alla fin
fine preferibile la spoliticizzazione dell’economia, delle funzioni del
mercato, della disciplina di bilancio.
Cominciò così la fase auspicata dai profeti del Grande Reset, quella di
fare l’Italia senza italiani, soprattutto senza i lavoratori per fare un
balzo avanti produttivo senza e a discapito dei proletari. Come? nei
soliti modi: i licenziamenti, il decentramento aziendale, la
trasformazione e la proliferazione dei contratti anomali. Non era facile
arrivare alla totale precarizzazione e all’espandersi dell’economia
informale, nei tempi voluti dai ceti dominanti, ma a questo venne in
aiuto una delle componenti strutturali dell’ordoliberismo all’europea,
il rigore sotto forma di austerità penitenziale, di sacrificio e di
rinuncia favoriti dall’accettazione doverosa dei vincoli esterni e di
una incessante opera di disciplinamento sociale, obbligatoria per
riconquistare reputazione e legittimazione esterna.
Tutto agisce per far dimenticare che è all’interno di un contesto “nazionale” che di esprimono la lotta di classe, la determinazione a partecipare ai processi decisionali, alle esigenza si redistribuzione, equità, lotta alle disuguaglianze, per far uscire i cittadini dal “luogo” dove sono autorizzati, anzi, hanno il diritto politico e morale per chiedere conto dell’operato del loro ceto dirigente, in modo che si affidino fiduciosi al ricatto del mercato e di organismi sovranazionali.
È iniziata così la fese che gli storici definiscono della solitudine
degli italiani persuasi delle virtù di confidare e affidarsi all’Unione,
come una mamma severa ma irrinunciabile, un’Italia più in grande con
vizi affini, litigiosità, burocrazie, clientelismo e nella quale si
replicano le stesse disuguaglianze feroci, discriminazioni,
inefficienze, guardianie intoccabili a difesa di lobby e privilegi. E
non poteva che essere così, perché il principio della sovranità popolare
sul quale la Costituzione si fonda, sia garanzie, valori e principi del
lavoro che definiscono l’orientamento sostanziale della Carta e del
sistema democratico, sono in totale contraddizione con i modi e le
finalità dell’Ue e con il suo agire. La sovranità popolare non soltanto
non solo non è un suo fondamento, basta pensare al ruolo irrilevante
attribuito all’Europarlamento, o l’esclusione dai Trattati
intergovernativi, ma è esorcizzata come un fantasma molesto da tutti i
tavoli decisionali, sotto ricatto del giudizio dei mercati finanziari e
perfino dei loro camerieri.
Dovrebbe farci sospettare che tra tante paure alimentate non ci sia
quella di quel tallone di ferro, nel migliore dei casi retrocesso a
deriva fideistica per che apprezza la cucina fusion e la pizza con
ananas e nutella.
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