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Il presidente americano Joe Biden lunedì ha firmato un ordine esecutivo che impone sanzioni economiche a uno di quei Paesi che può essere fatto rientrare nella cerchia dei cosiddetti “Stati canaglia” avversi a Washington: il Nicaragua di Daniel Ortega. L’ordine rende praticamente illegale per le aziende statunitensi fare affari con l’industria dell’oro del Nicaragua e apre la strada per limitare gli investimenti e il commercio tra i due Paesi anche in altri settori. La decisione dell’amministrazione Biden si pone in continuità con quanto già stabilito e attuato dal precedente governo Trump, di cui amplia un decreto che denunciava la violazione da parte di Ortega delle norme democratiche, l’indebolimento dello stato di diritto e l’uso della violenza politica contro gli oppositori come una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
Anche in questo caso, le sanzioni sono state imposte ufficialmente a causa della violazione dei diritti umani e delle istituzioni democratiche da parte del governo nicaraguense. «I continui attacchi del regime di Ortega-Murillo contro attori democratici e membri della società civile e l’ingiusta detenzione di prigionieri politici dimostrano che il regime si sente non vincolato dallo stato di diritto», ha affermato il sottosegretario al Tesoro per il terrorismo e l’intelligence finanziaria, Brian E. Nelson. «Possiamo e useremo ogni strumento a nostra disposizione per negare al regime di Ortega-Murillo le risorse di cui ha bisogno per continuare a minare le istituzioni democratiche», ha concluso.
Più verosimilmente, dietro la motivazione di facciata della violazione dei diritti umani si nasconde l’irritazione di Washington per il sostegno del governo nicaraguense alla Russia di Putin. In realtà, l’intesa politica e diplomatica tra Managua e Mosca risale a ben prima del conflitto ucraino e proprio il non allineamento del Paese centramericano alle politiche statunitensi insieme alla sua ostinata rivendicazione di indipendenza e sovranità – portata avanti anche attraverso iniziative economiche di stampo socialista – hanno suscitato le reazioni piccate della Casa Bianca.
L’amministrazione Biden è stata a lungo riluttante nell’imporre tali sanzioni a Managua per paura di peggiorare le difficoltà economiche del Paese, incentivando nuove ondate migratorie. Tuttavia, da ultimo il governo americano ha deciso di attuarle con l’obiettivo di privare il governo di Ortega di una delle sue maggiori fonti di reddito: nel 2020, l’oro è stato il primo prodotto esportato della nazione centroamericana e, secondo la Banca centrale del Nicaragua, il Paese ha esportato un record di 348.532 once d’oro nel 2021 e prevede di esportarne un totale di 500.000 nel 2023.
L’ordine esecutivo firmato lunedì prevede, oltre alle sanzioni all’industria dell’oro, anche il congelamento dei beni statunitensi di Reinaldo Lenin Cerna, stretto consigliere di Ortega, e il ritiro di visti statunitensi ai circa 500 collaboratori del governo di Ortega e alle loro famiglie, in quanto questi ultimi aiuterebbero a formulare e attuare politiche che minano la democrazia del Paese. Le sanzioni ad Ortega, a sua moglie e al vicepresidente, invece, erano già state imposte precedentemente in un altro pacchetto, senza alcun effetto rilevante sulla gestione politica del Paese.
Dal canto suo, l’amministrazione del Nicaragua ha già annunciato l’intenzione di non farsi intimidire dai “metodi punitivi” di Washington. Murillo, infatti, senza menzionare esplicitamente l’ampliamento delle sanzioni statunitensi, ha affermato che i nicaraguensi sono «difensori della sovranità nazionale» e ha letto poi una lettera di Ortega in cui il Presidente si congratula con Xi Jinping per il suo terzo mandato a capo del PCC e solleva la questione dell’«ambizione imperiale aggressiva» dell’Occidente.
Si tratta, dunque, di un nuovo capitolo nello scontro permanente che oppone Washington agli stati che non si conformano alla sua linea politica internazionale. Scontro all’interno del quale gli Stati Uniti mostrano di usare con un certo arbitrio la questione dei diritti umani, imputando facilmente una condotta repressiva e autoritaria agli Stati considerati “ostili” e chiudendo solitamente un occhio, invece, verso i Paesi alleati.
[di Giorgia Audiello]
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