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In poche settimane sono crollati due capisaldi delle politiche che si sono affermate negli ultimi 40 anni e che con straordinaria coincidenza o forse per ragioni sotterranee hanno visto protagoniste due donne: con la caduta meteorica di Lix Truss e il suo tentativo di ricorrere a rimedi neoliberisti estremi per risollevare la barca britannica che sta letteralmente afffondnado e andando in bancarotta, si può vedere l’effetto deleterio che ha avuto la Thatcher con la trasformazione del Paese in una mera centrale finanziaria che entra in cisi non appena i presupposti di dominio del mercato virtuale, dove si fa denaro dal denaro, vengono meno per il rifiuto di chi possiede beni reali di stare al gioco. Sebbene il nuovo primo ministro Rishi Sunak sia della stessa scuola e anzi sia un ex dipendente di Goldman Sachs, il fatto di essere divenuto il primo ministro del Paese che per due secoli ha dominato il Paese dei suoi antenati, ovvero l’India e ne ha depredato le risorse, ha qualcosa di sinistramente simbolico. Il secondo caposaldo riguarda invece la politica di Angela Merkel che non ha mai messo assieme un progetto di autonomia e sovranità geopolitica della Germania e di conseguenza dell’intera Europa e ha pensato di poter da una parte obbedire al padrone americano senza porre alcuna obiezione e dall’altro ritagliarsi quasi sottobanco i propri spazi in Russia e in Asia, oltre che cercare di colonizzare a sua volta in qualche modo gli altri Paesi del continente. La distruzione dei Nord Stream è l’atto finale di una via crucis iniziata già al tempo del dieselgate il quale certifica l’ ottusità di questo tentativo di indipendenza non dichiarato. Solo con un’opposizione chiara e decisa al caos americano, invece di parteciparvi regolarmente e armati di alibi miserabili, avrebbe potuto cambiare le cose, invece si è arrivati al punto nel quale l’impero ferito che guarda con orrore la perdita di potere che sta subendo è disposto a fare qualsiasi cosa pur di sopravvivere.
Viviamo dunque un doppio fallimento: quello del neoliberismo che va incontro alle proprie contraddizioni distruttive ( e trascina con se le nazioni anglofone che lo hanno adottato, interpretato e reso un’arma contro il resto del mondo), ma anche quello di un’Europa cresciuta in questo brodo di coltura, che non ha saputo emanciparsi e anzi nemmeno ha tentato di farlo, che si è limitata a dire sempre di sì al padrone pensando di fare parte parte della comunità internazionale, quando serve soltanto a fare da claque nelle varie assemblee e tribune come per esempio, quella dell’Onu, Dunque la notizia data dal Fondo monetario internazionale che di certo non è putiniano secondo cui l’economia russa ha ulteriormente migliorato le sue prospettive ci mette di fronte alla realtà: la guerra tra chi controlla il denaro e chi possiede le risorse reali nelle quali sono comprese tutte le forme di lavoro produttivo sta per essere vinta da questi ultimi. Insomma è una vera e propria beffa per l’Europa che di risorge energetiche e monetarie non ne ha molte, ma che ha sempre puntato sull’eccellenza della manifattura e dunque sul lavoro: sta perdendo la guerra stando dalla parte completamente sbagliata, da quella degli affamatori la cui occupazione principale è controllare il denaro per acquisire i beni altrui.
Con l’aumento vertiginoso delle scommesse, dei crediti non recuperabili, dei marchingegni finanziari in pratica il denaro nominale è molto di più dei pil reali, quindi il valore dei biglietti di banca o sarebbe meglio dire del biglietto verde può essere sostenuto ormai solo con le armi e il terrore planetario. Sembra strano dirlo, ma basta pensarci e si vede che è proprio così: sono come i fucili e i cannoncini degli spagnoli che inducevano gli indigeni ad accettare perline in cambio di cibo e di beni reali ( talvolta anche virtuali come l’oro): noi spalleggiamo questo disegno pur essendo i primi ad esserne le vittime: non si poteva immaginare niente di più assurdo.
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