giovedì 30 settembre 2021

La lettera scarlatta

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Anna Lombroso per il Simplicissimus

Chissà se ci daranno modo di sceglierci la lettera scarlatta che marchierà chi non possiede il green pass o chi non lo esibisce orgogliosamente.

Potrà essere la R di rimbambiti, come Agamben o Montagnier, la B di banditi, la I di insurrezionalisti, che segnerà indelebilmente chi ha scelto di mettersi fuori dal consorzio civile, di perdere gli ultimi diritti rimasti, sia pure già  regrediti a elargizioni arbitrarie o a prerogative a pagamento. Indelebilmente, perché ormai nessuno può credere che il lasciapassare abbia una finalità sanitaria: la verità è che il green pass non serve a incrementare la vaccinazione, bensì che la vaccinazione serve a far meritare il salvacondotto a chi non può permettersi di non lavorare, di non viaggiare, di non mantenere relazioni sociali.

Chi aveva pensato che servisse solo a mangiare i canederli vicino al caminetto della malga ampezzana, a andare in palestra a lezione di zumba, a non perdere l’irrinunciabile mostra con qualche caravaggesco dimenticato nelle cantine di Franceschini, adesso sa che non è più vero che sia come la carta di identità (che per esperienza personale è ancora più complicata da ottenere alla faccia di una digitalizzazione che serve per l’agognato rendez vous al quale presentarsi con voluminoso incartamento cartaceo) o come la patente che convalida che sei abilitato a condurre una vettura, adesso sa che una attestazione di esistenza secondo i canoni stabiliti per l’appartenenza alla “comunità”.

Senza di esso sei un paria, un marginale con caratteri evidenti di sociopatia, che ora è condannato alla discriminazione, ma che deve aspettarsi un Daspo che sancisca la convinzione che si tratta di un soggetto pericoloso per la collettività, i cui movimenti e i cui atteggiamenti vanno sorvegliati, suscettibili come sono di recare danno ai vaccinati in possesso della certificazione di appartenenza alla nazione, di obbedienza ai decreti legge, di uniformità al profilo dell’italiano bravagente che con ogni atto rende palese il suo consenso alle politiche governative e di autorità eccezionali, tecniche o militari.

E difatti  l’unico aspetto lontanamente sanitario  del “passaporto” consiste nella sua funzione di prototipo anticipatore della tessera sanitaria di cui dovranno equipaggiarsi tutti i cittadini della superiore civiltà occidentale, quella messa a punto dall’Oms e che dovrà contenere tutti i nostri dati  sanitari, monitorare i nostri spostamenti  e i nostri consumi farmaceutici. Indubitabilmente precorritore di altre tessere, altre app, altri codici intesi a facilitare quel controllo sociale che viene accolto unanimemente come necessario aiuto alla “semplificazione” delle nostre esistenze, alla tutela della nostra salute e a perfezionare il monitoraggio del nostro rendimento, già avviato con una serie di procedure adottate in fabbrica, sulle prestazioni dei rider, sulle capacità di vendita dei dipendenti delle attività commerciali.

E non stupisce che questa battaglia che si sta conducendo contro l’attitudine servile di una maggioranza troppo poco silenziosa che bercia contro la sedizione dei novax, sospendendo ogni critica all’azione di governi che minacciano il protrarsi di uno stato di eccezione perenne in dispregio dello stato di diritto, conosca altre forme di diserzione, quelle di chi ci ricorda dalla sua tana calda che ben altre sono le trincee dalle quali battersi, di chi stabilisce delle graduatorie e delle gerarchie delle lotte da condurre, proprio come ha fatto con i diritti, dimenticando per comodità che quelli che credevamo conquistati e inalienabili sono stati cancellati e in sostituzione ci vengono proposti quelli aggiuntivi: “civili” li hanno chiamati, condizionati dalle feroci disuguaglianze che li rendono accessibili solo a quelli che non conoscono la necessità che proibisce la libertà.

Inutile trattare con nemico in casa, che ogni giorno si dibatte nella esibizione della superiorità di chi ha scelto di appartarsi e stare a guardare, tanto ogni azione è ormai inutile e è perduta ogni speranza di costruire un’alternativa allo statu quo, o che si esibisce nelle acrobazie care ai duri e puri che saltano gli ostacoli di queste scaramucce delle retroguardie in attesa di cimentarsi con più alte sfide.

Meglio invece non lasciare soli quelli che hanno cominciato davvero a resistere, malgrado siano oggetto di deplorazione e  censura fino al linciaggio, e che cominciano anche a essere tanti, incuranti di essere additati come minoranza pre o postpolitica, infiltrata dalle destre, populiste e ignorante.

A pensarci bene se una lettera scarlatta deve essere, sia allora proprio la A, come antifascisti.

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