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Non è un segreto che, per molte malattie infettive, l’immunità acquisita naturalmente è nota per essere più potente dell’immunità indotta dai vaccini.
Sarà così anche per il SARS-CoV-2?
Di certo è che Israele non smette di sorprenderci, da loro arriva il più grande studio osservazionale del mondo reale finora per confrontare l’immunità naturale e indotta dal vaccino con SARS-CoV-2 secondo i suoi leader. Condotto da Tal Patalon e Sivan Gazit presso KSM, con l’utilizzo del database del Maccabi Healthcare Services e in attesa di revisione paritaria. Emerge (nota 1) che gli israeliani che erano stati vaccinati e mai contagiati rischiano 5,96 volte in più di infettarsi e 7,13 di ammalarsi, rispetto a chi aveva sviluppato la protezione con il naturale decorso della malattia.
La conclusione della ricerca è che l’immunità naturale conferisce una protezione più duratura e più forte contro infezione, malattia sintomatica e ricovero provocati dalla variante Delta a paragone con l’immunità acquisita sottoponendosi alla doppia dose di Pfizer-BioNTech.
Inoltre, secondo (nota 2) Peter Doshi, redattore capo del British Medical Journal e professore associato di ricerca sui servizi sanitari farmaceutici presso la School of Pharmacy dell’Università del Maryland,
“i recenti rapporti del Ministero della Salute israeliano hanno riferito che l’efficacia vaccinale contro l’infezione e la malattia sintomatica, nei primi di Luglio, è scesa al 64%. Alla fine di Luglio era scesa al 39%, dove Delta è il ceppo dominante. Questo è molto basso. Per il contesto, l’aspettativa della FDA è di almeno il 50% di efficacia per qualsiasi vaccino approvabile”.
Nonostante la durata dell’immunità per l’infezione da SARS-CoV-2 rimanga per lo più sconosciuta, andiamo a percorrere in modo sintetico il funzionamento di quel magnifico strumento che abbiamo a disposizione, ovvero il sistema immunitario.
Il nostro organismo è in grado di riconoscere ed eliminare un agente patogeno attraverso due meccanismi diversi del sistema immune: la risposta immunitaria innata e quella adattativa. Il sistema innato rappresenta la prima linea di difesa, quella più antica e primitiva, che permette all’organismo di rispondere in modo generalizzato e aspecifico ad un nuovo patogeno. Più recentemente si è potuto constatare che anche l’immunità innata è dotata di “memoria”, soprattutto affidata alla azione dei macrofagi, cellule capaci di inglobare (fagocitare) nei loro citoplasma particelle estranee, compresi i microorganismi, e di distruggerle. Purtroppo, l’entità e la portata della funzione dell’immunità innata non è, al momento, misurabile attraverso esami semplici come quelli in uso per il conteggio degli anticorpi.
In seguito alla risposta innata, entra in gioco la risposta adattativa, un sistema relativamente più lento nella risposta ma in grado di specializzarsi in maggior misura ed attaccare in modo altamente specifico il nuovo patogeno. Questo secondo sistema è basato sull’attivazione dei linfociti B e T, capaci di riconoscere in modo molto mirato alcuni componenti della struttura del nuovo patogeno.
La particolarità del sistema immunitario adattativo è che presenta una memoria immunologica, ovvero esistono particolari tipi di cellule B e T, chiamate appunto cellule della memoria, che sono in grado di annidarsi all’interno del nostro midollo osseo e restare in una sorta di “letargo”. In realtà queste sono sempre pronte a risvegliarsi e a compiere le loro funzioni qualora lo stesso patogeno, verso cui sono programmate, dovesse reinfettare il nostro organismo.
Nel caso di SARS-CoV-2, i linfociti B produrranno anticorpi che andranno nel circolo sanguigno, tra questi ci saranno gli anticorpi neutralizzanti (quelli che hanno la capacità di bloccare i virus prima ancora che infettino le cellule) nello specifico, saranno anticorpi neutralizzanti contro la proteina Spike. Invece, i linfociti T percorreranno il corpo alla ricerca di cellule infettate dal virus e andranno ad eliminarle.
Su Nature, il lavoro (nota 3) di Jackson Turner e di suoi colleghi, dimostra che l’infezione da SARS-CoV-2 induce una robusta risposta immunitaria di lunga durata con anticorpi rilevabili fino a 11 mesi dopo l’infezione. Gli autori hanno voluto identificare nel midollo osseo la presenza di cellule B della memoria contro la proteina virale Spike, riscontrando che la risposta immunitaria di lunga durata viene sviluppata anche in seguito ad un’infezione da SARS-CoV-2 lieve.
Ci sarebbe un precedente studio australiano (nota 4) che riporta che un calo degli anticorpi durante la convalescenza potrebbe non riflettere il declino dell’immunità, ma piuttosto una contrazione della risposta immunitaria, con lo sviluppo e la persistenza di cellule B della memoria di lunga durata nel midollo osseo.
Entrambigli studi evidenziano come molto tempo dopo l’infezione primaria sussista un livello stabile di anticorpi, cellule B della memoria di lunga durata rifugiate nel midollo osseo.
Al che si aggiunge l’importante contributo della risposta delle cellule T generata ante il SARS-CoV-2.
Nella fase acuta della malattia si attivano le cellule T helper (aiutanti) proprio perché aiutano alle cellule B a produrre anticorpi specifici contro il nuovo patogeno. Poi, ci sono le cellule T citotossiche che vanno ovunque nell’organismo alla ricerca di cellule infettate dal virus per eliminarle. Alcune persone, pur essendo infette dal virus, non sviluppano cellule B, ovvero gli anticorpi misurabili nel sangue, e sono in grado di combattere rapidamente l’infezione mediante una risposta guidata dalle cellule T.
Uno studio (nota 5) di un gruppo di ricercatori svedesi del Karolinska University Hospital suggerisce che la risposta delle cellule T da sola possa conferire protezione anche senza sviluppare anticorpi. Persone che avevano contratto la SARS nel 2003 presentavano a 17 anni di distanza una risposta immunitaria al virus basata sulle cellule T secondo quanto evidenziato (nota 6) da ricercatori della Duke-NUS Medical School. Il che farebbe sperare in bene in una simile risposta anche per il SARS-CoV-2.
Inoltre, si è visto come esistono delle cellule T in grado di riconoscere diversi virus che presentano delle caratteristiche strutturali comuni, e quindi, in grado di reagire a più virus nel contempo. Le persone che avevano incontrato i comuni coronavirus stagionali presentavano delle cellule T in grado di riconoscere ed eliminare anche SARS-CoV-2.
Risultati che portano con sé un argine di speranza, allontanando la paura di una pandemia infinita e probabilmente anche la necessità di richiami annuali di sieri vari, grazie proprio ad una immunità duratura contro il virus.
Le informazioni evidenziate non vogliono in nessun modo essere un invito ad andare incontro all’infezione, bensì sono una esortazione a riflettere sull’importanza di rafforzare il proprio sistema immunitario.
Partendo dal mantenere in equilibrio il microbiota intestinale, dalla corretta alimentazione, dall’integrazione di minerali e vitamine, in particolare le vitamine C e D, dalla pratica di attività fisica, dall’adottare in modo generale uno stile di vita sano includendo gli aspetti emozionali, oltre alle norme basiche di igiene; il tutto, in maniera specifica e personalizzata, affidandosi sempre al proprio medico di base o di fiducia.
Per il miglioramento del nostro stile di vita aggiungerei un suggerimento del filosofo francese Rousseau “torniamo alla natura!”. E rimanendo nell’ambito francese e dell’importanza del sistema immunitario e della guarigione del corpo nella sua interezza, vorrei ricordare ad Antoine Béchamp, medico e chimico, contemporaneo e antagonista di Louis Pasteur. Secondo cui, ciò che importava non era il germe, ma la condizione dell’organismo da esso attaccato. Come già noto, Pasteur lungo la sua vita rimase fedele alla sua teoria del germe ed è stato solo sul letto di morte ad ammettere “il germe non è nulla, il terreno è tutto”.
DUNIA GOMEZ
Note:
1- Comparing SARS-CoV-2 natural immunity to vaccine-induced immunity: reinfections versus breakthrough infections. MedRxiv, August 25, 2021.
https://doi.org/10.1101/2021.0
2- Does the FDA think these data justify the first full approval of a covid-19 vaccine? Peter Doshi, thebmjopinion, August 23, 2021.
3- SARS-CoV-2 infection induces long-lived bone marrow plasma cells in humans. Nature, 24 May, 2021.
https://doi.org/10.1038/s41586
4- Rapid generation of durable B cell memory to SARS-CoV-2 spike and nucleocapsid proteins in COVID-19 and convalescence. Science Immunology, 22 December, 2020.
https://www.science.org/doi/10
5 – Robust T Cell Immunity in Convalescent Individuals with Asymptomatic or Mild COVID-19. Cell, October 01, 2020.
https://doi.org/10.1016/j.cell
6- SARS-CoV-2-specific T cell immunity in cases of COVID-19 and SARS, and uninfected controls. Nature, 15 July, 2020.
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