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A nessuno interessa il fenomeno ADE?
La notizia avrebbe dovuto sconvolgere il programma di vaccinazione di massa in atto e invece nulla è successo.
Stefano Paternò,
il sottufficiale di marina di 43 anni, morì il 9 marzo, appena quindici
ore dopo la somministrazione della prima dose del vaccino Astrazeneca.
La Procura della Repubblica di Siracusa ha riconosciuto il nesso causale
tra la morte e la somministrazione del siero. Per la precisione i
periti hanno scritto che nel militare “c’è stata una risposta
infiammatoria esagerata perchè era positivo asintomatico senza saperlo”.
Il decesso è dunque ascrivibile alla circostanza che Paternò aveva già
sviluppato gli anticorpi e nonostante questo era stato sottoposto alla
vaccinazione. L’infezione, che il militare aveva avuto in forma
asintomatica, ha comportato una risposta anticorpale che si è aggiunta a
quella immunitaria indotta dal vaccino, causando una risposta
infiammatoria esagerata.
Si è verificato quello che in letteratura scientifica è noto con il nome di fenomeno ADE,
cioè il potenziamento anticorpo-dipendente, nel quale il legame tra un
virus e gli anticorpi non neutralizzanti migliora il suo ingresso nelle
cellule ospiti e talvolta anche la sua replicazione.
Perché nessuno dice di fare almeno un test sierologico?
Ciò avrebbe dovuto portare alla conseguente modifica delle procedure
di somministrazione dei vaccini. Quanto meno, prima della vaccinazione,
avrebbe dovuto essere raccomandato a tutti di sottoporsi a un test sierologico
che dica se una persona è venuta a contatto con il virus e ha
sviluppato gli anticorpi. Invece non registriamo raccomandazioni in tal
senso da parte delle autorità sanitarie.
Dopo il decesso di Paternò
la logica non vorrebbe che a tutte le persone in una simile situazione
sia sconsigliato di sottoporsi al vaccino? Nessun chiarimento è stato
dato al riguardo e non è l’unico dubbio che permane sulla
somministrazione di questi farmaci sperimentali.
Vaccini anche ai minori. Su che fondamento?
L’EMA, l’agenzia europea dei medicinali, e l’AIFA,
l’omologo ente italiano, hanno approvato l’utilizzo del vaccino
Pfizer/Biontech per i bambini e ragazzi tra i dodici e quindici anni.
Si
tratta di una fascia di età che, stando ai dati ufficiali dell’Istituto
superiore di sanità, è stata colpita in minima parte e in cui si sono
registrati pochissimi decessi.
La ragione per cui si spinge per la
vaccinazione anche nei più giovani è che questi potrebbe essere serbatoi
del virus. Allo stesso tempo, però, tutti gli esperti sono concordi nel
riconoscere che anche i vaccinati possono trasmettere l’infezione. Se
un minore vaccinato può veicolare il virus esattamente come un minore
non vaccinato e i minori sono colpiti in minima parte, perché sottoporli
a un farmaco sperimentale di cui non si conoscono ancora le reazioni
avverse a medio e lungo termine?
Pochi giorni fa il Centers for Disease Control and Prevention negli Stati Uniti, ha rilevato l’insorgenza di casi di miocardite in alcuni giovani vaccinati contro il Coronavirus.
Un confronto sul numero dei contagi
Anche per quanto riguarda il numero dei contagi qualcosa non quadra.
Molti festeggiano per il calo della curva dei contagi e lo attribuiscono
ai vaccini, ma andiamo a verificare i dati ufficiali. Al 31 maggio 2020, senza lockdown,
coprifuoco e vaccini, avevamo 355 nuovi contagi giornalieri con 54.118
tamponi effettuati. La percentuale dei nuovi contagiati era del 0,66%.
Al
31 maggio 2021 abbiamo 1820 nuovi casi giornalieri con 86.977 tamponi
effettuati. La percentuale dei nuovi contagiati sale al 2,09%. I numeri
erano dunque migliori lo scorso anno. Il sospetto che la curva
epidemiologica sia in calo solo perché siamo nella bella stagione resta
evidente.
Sono dubbi a cui nessuno risponde, ma noi continuiamo a porceli perché la democrazia, che vuol dire governo del popolo, poggia anche su un giornalismo che ponga domande e che riceva risposte.
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