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Che in Italia non ci sia più la politica, oggi, è sotto gli occhi di tutti; beninteso per chi abbia ancora occhi per vedere. Non esistono più, di fatto, i partiti politici.
Primo, perché si sono ridotti a semplici apparati delle segreterie, le quali non si danno neanche la pena di riunire i congressi per votare le cariche istituzionali.
Secondo, perché da tempo esiste un unico partito che comprende sia le forze di governo che quelle di opposizione – la quale, evidentemente, non è più tale – e i cui obiettivi strategici sostanzialmente coincidono fra loro, anche se, a beneficio del popolo bue, recitano ancora la commedia di contrapporsi e dirsene di tutti i colori. Se poi si va a vedere in cosa differiscano le rispettive proposte politiche, ci si accorge però che si tratta di virgole, quisquilie e pinzillacchere.
La cosa è apparsa con particolare evidenza in quest’ultimo, drammatico anno della vita nazionale (e internazionale): tutti insieme appassionatamente a sostegno del governo Draghi, cioè di un signore della grande finanza che non è mai passato dal voto, non si è mai presentato al giudizio degli elettori. E se qualcuno lo ha votato in Parlamento per manovrare dall’interno e scongiurare peggiori disastri da parte dei soliti noti, ebbene si può tranquillamente affermare che di un tale machiavellico disegno non si è accorto proprio nessuno, e che nessun beneficio è derivato agli italiani dal fatto che chi doveva star fuori dal governo ha deciso di entrarci, in teoria per difendere gl’interessi del popolo sovrano (ma pur sempre bue, anzi bue al quadrato).
E dunque è cosa di per sé evidente che l’Italia sta morendo per mancanza di un progetto politico, essendo nelle mani di gente il cui progetto politico, se così vogliamo chiamarlo, consiste nell’applicare rigorosamente l’agenda della plutocrazia massonica internazionale, la quale ha deciso, fra le altre cose, di smantellare l’Italia non solo come Stato sovrano, ma come potenza economica, annientando le sue risorse e procedendo a fare del Bel Paese una succursale dell’Africa, popolata da africani islamici, passando per la fase intermedia di adibirla a gigantesco campo profughi (falsi profughi al 95%, beninteso), nella quale le organizzazioni internazionali e i grandi banchieri faranno finta di elargire ai nostri governanti un po’ di spiccioli per far fronte all’emergenza (un’emergenza permanente), a patto, naturalmente, che si impegnino a rispettare tutta una serie di condizioni e che, nel frattempo, cedano la gestione dei porti, degli aeroporti, delle autostrade e degli stessi confini nazionali a loro.
È un copione già visto e già collaudato sulla povera Grecia, e che ora verrà applicato a noi. Urge pertanto ridare all’Italia un progetto politico, sia nazionale che internazionale, facendo leva sulle forze sane della nazione, che tuttora esistono e che formano anzi la maggioranza della popolazione: intendendo per forze sane tutti i cittadini, lavoratori e pensionati, che si guadagnano onestamente da vivere, rispettano le leggi (legittime), custodiscono i valori della tradizione, a cominciare dalla famiglia, e respingono l’idea che le culture e le identità particolari debbano gioiosamente dissolversi nel grande calderone della globalizzazione, ove regneranno solo Big Pharma, McDonald’s e Coca-Cola.
Ci sono però tre ostacoli, grossi come macigni, che si oppongono alla formazione di un disegno politico capace di trasformarsi in una proposta vera e propria, tale da attrarre le masse e incidere significativamente sugli equilibri esistenti.
Il primo è tipico della fase attuale e riguarda non solo l’Italia, ma anche gli altri Paesi, con pochissime eccezioni (gli Stati che hanno conservato un’effettiva sovranità: la Russia in primo luogo). Tutto è controllato dal grande potere massonico e finanziario: stampa, televisioni, politica, sanità, scuola, università, ricerca scientifica, sport e perfino la religione; tutto è imbalsamato in un pesante sudario che ha sostituito alla vita vera una vita artificiale, e che si appresta a sostituire le persone vere con post-persone semi-umane o, come essi amano dire, trans-umane, i cui pensieri e sentimenti e perfino i cui ricordi potranno essere comandati a distanza e addirittura impiantati di bel nuovo.
Ora, il problema è che la gente giace immersa in questa bolla artificiale, scambia la realtà artificiale per la realtà vera: e, per esempio, dopo aver sentito dire infinite volte, alla televisione, che moriremo tutti se non ci faremo vaccinare in massa fino all’ultimo uomo, all’ultimo centenario e all’ultimo neonato, ecco che la mandria umana corre a farsi vaccinare, ed è capace di scatenare dei parapiglia per assicurarsi la dose salvifica prima del vicino. In tali condizioni, come si può ancora parlare di un progetto politico per il nostro Paese?
Se il primo ostacolo è di natura materiale e spirituale, il secondo è di natura morale. Da anni, da decenni, siamo cresciuti in un clima di dolciastro e perfido buonismo: un buonismo d’accatto, ma ripetuto con tale insistenza e con tali accenti di (finta) sincerità, da essere assurto alla dignità di dogma.
Il buonismo – che è, per chi non lo sapesse, il contrario del bene, perché nega l’esistenza stessa del male e perciò automaticamente lo favorisce – ci ha imprigionato in una bolla di auto-censure e sensi di colpa, e ci tiene prigionieri di situazioni sgradevoli e intollerabili, contando sul fatto che noi, essendo persone “buone”, non vedremo, o non capiremo, e soprattutto non reagiremo. Un tipico esempio – ma ne potremmo fare a dozzine – riguarda il cosiddetto razzismo. I Padroni universali, che sono anche, ovviamente, padroni del linguaggio, ci hanno insegnato fin da piccoli che essere razzisti è una cosa orribile, incivile, sub-umana; e che è razzista chiunque abbia qualcosa da ridire sul fatto che centinaia di clandestini, tutt’altro che affamati e tutt’altro che denutriti, sbarchino ogni giorno sulle nostre spiagge, tutti maschi giovani e forti, e vengano presi in carico dalla nostra società, accollandoci il peso crescente di una massa di soggetti venuti con prepotenza allo scopo di fare il comodo loro e, in prospettiva (a non lungo termine) di soppiantarci e sostituirci, non senza aver prima creato il caos, la povertà, i conflitti sociali e una sorta di guerra civile permanente, come del resto sta accadendo anche in altre parti d’Europa, in Francia e Belgio soprattutto.
È chiaro che si tratta di una frode e di un ricatto: come si può accusare di razzismo chi è legittimamente preoccupato per il destino della propria Patria?
E che quei signori dalla predica facile siano degli ipocriti e dei sepolcri imbiancati lo si vede da come vivono e da come trattano i loro domestici, cuochi, autisti e giardinieri (molto spesso di colore): forse danno le loro figlie in spose, mettiamo, a dei rom? E perché no, se non perché avere dei pregiudizi legati all’appartenenza etnica non è affatto indice di razzismo, ma una naturale presa d’atto delle qualità tipiche di questo o quel popolo, pur ammettendo, in teoria, le debite eccezioni? E se accogliere i migranti a braccia spalancate è così bello e così cristiano, perché il signor Bergoglio, che ci rintrona gli orecchi tutti i giorni, da otto anni a questa parte, con simili predicozzi, non se ne prende almeno qualche migliaio in Vaticano, ma si limita a scaricarli sulle braccia del nostro popolo, che già soffre, da anni, di povertà crescente e disoccupazione diffusa?
Il terzo macigno da rimuovere è tutto interiore, psicologico ed esistenziale.
Siamo scoraggiati, diciamo la verità: non crediamo più nell’Italia, non crediamo più nel futuro, non crediamo più nella vita.
Molti di quelli che hanno una certa età ringraziano il Signore che presto li chiamerà a sé, perché non ce la fanno più a veder crollare tutto, a veder distruggere ciò che i nostri genitori, e i nostri nonni e bisnonni, con tanto amore, pazienza e sacrificio avevano costruito. Non sopportano di vedere il collasso del loro mondo, il capovolgimento della morale, il male proclamato come bene – l’aborto, tanto per dirne una – e il bene dichiarato male, e combattuto senza quartiere dai campioni della “bontà” globale. I giovani sono smarriti, per molti di essi la soluzione è andarsene da un Paese che giudicano già morto e farsi una vita da qualche altra parte. Ma il malessere si estende a tutte le fasce e a tutte le professioni: medici, infermieri, insegnanti, uomini e dinne delle forze dell’ordine, professionisti, commercianti, artigiani, tutti sono demoralizzati e pessimisti, tirano a campare e aspettano la fine, come animali condotti al macello che non hanno neanche la forza di ribellarsi.
Sono questi i tre macigni da rimuovere per chi voglia costruire un progetto politico italiano, oggi. È possibile?
La domanda è sbagliata in se stessa: quando le cose arrivano a un certo punto, non ci si deve chiedere se agire è possibile, ma si agisce e basta. L’equipaggio d’una nave che imbarca acqua non perde tempo a chiedersi se riuscirà a chiudere le falle e a tenere la nave a galla, ma lotta con tutte le sue forze per scongiurare il pericolo. Le forze sane ci sono, ripetiamo. Forse aspettano solo qualcuno che le rianimi, che le guidi, che le sostenga. E chi lo farà, non dovrà contare solo su se stesso, perché fallirebbe. Dovrà rimettersi a Chi sa e può qualsiasi cosa, perché è il Vero e il Bene…
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956. Laureato in Materie Letterarie e in Filosofia, è abilitato in Storia, Storia dell’Arte e Psicologia Sociale e insegna da oltre 40 anni
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