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Da sei mesi a questa parte si discute se i benefici della vaccinazione superino i danni che provoca. I produttori di vaccini, l’Oms, l’Ema e molte autorità sanitarie nazionali sostengono, sulla base degli studi di approvazione fatti dalle stesse case produttrici, che la presunta protezione relativa dei preparati vaccinali è molto elevata e va dal 60 al 90 per cento il che naturalmente rappresenterebbe un grande beneficio in relazione a rischi che pure si sono rivelati tutt’altro che piccoli vista l’enormità di decessi e di reazioni avverse che vengono segnalate. In realtà siamo di fronte a una sorta di miraggio statistico che non prende in considerazione il rischio assoluto per il quale i vaccini rappresentano un vantaggio che va dall’ 1 al 2 per cento, ma in ogni caso la deformazione dei fattori di rischio ha ricevuto due giorni fa uno colpo formidabile da uno studio di Harald Walach, Rainer Klement e dell’analista di dati olandese Wouter Aukema: basandosi sui dati dell’Ema, sull’analogo database olandese e su un’ ampia ricerca israeliana su quante vaccinazioni sono necessarie per prevenire un morto di Covid ( o presunto tale, bisognerebbe aggiungere) si giunge a una conclusione sorprendente e inquietante: ci sono 2 morti da vaccino per prevenirne 3 da covid.
Il discorso è semplice, mediamente ( a seconda delle aree) occorrono 16. 000 mila vaccinazioni per evitare un decesso da covid, mentre le morti post vaccino sono mediamente di 4,11 ogni 100.000 vaccinati. Il tutto è focalizzato sul preparato della Pfizer e con qualche piccolo calcolo si vede che la vaccinazione potrebbe statisticamente evitare 6,2 morti ogni centomila “punture”, ma ne provoca 4,11.La cosa è clamorosa non solo perché con queste cifre il rapporto rischio beneficio si riduce in maniera drammatica, ma perché è ben noto che le segnalazioni di reazioni avverse gravi e di decessi è molto inferiore al reale, cosa che si deduce anche dalla differenza di segnalazioni che arrivano dalle varie aree del continente e si va dalle 701 per 100 mila abitanti dell’Olanda ai 15 della Polonia (l’Italia è a quota 199) numeri che evidentemente dipendono da molti fattori sociali più che biologici a cominciare dal livello di ricatto a cui sono sottoposti medici e i sanitari nel segnare i fallimenti vaccinali, nonché dalla disponibilità alla sudditanza rispetto al potere. Quindi di fronte a numeri molto incerti per difetto, potrebbe anche essere più pericoloso vaccinarsi che non vaccinarsi, tanto più che mentre i decessi con covid o per covid avvengono in persone con una media di due anni superiore all’aspettative di vita, quelli post vaccino riguardano anche età molto più giovane.
La cosa principale è però un’altra più evidente, ma allo stesso tempo anche più celata dietro le cifre: il numero delle persone salvate dal Covid grazie al vaccino non è numero reale e accertato , ma deriva da un calcolo astratto gran parte del quale risente degli assurdi protocolli delle diagnosi di morte e anche dalla valanga di false positività dovute ai tamponi Pcr, mentre i numero dei morti dopo la vaccinazione è una quantità certa. Si potrà anche dire che non c’è correlazione tra la puntura e il decesso, ma i 15.472 morti dopo il vaccino sono una certezza, non una illazione statistica fatta peraltro in base a dati del tutto incerti. E questo senza considerare eventuali effetti a medio e lungo termine che potrebbero essere davvero drammatici. Come si faccia a creare una strage per impedire le cure che sono assai più efficaci dei vaccini è qualcosa che a che fare con la mente criminale non con la medicina. Del resto se un ex vicepresidente della Pfizer come Michael Yeadon dice : “Tutto quello che i tuoi governi ti dicono sul virus e sulle misure adottate è una bugia. Penso che siamo alle porte dell’inferno” una qualche ragione ci sarà. . Se è pazzo allora vol dire che un pazzo ha determinato per un trentennio le politiche delle più grandi multinazionali farmaceutiche. Da ogni parte la si guardi al fondo di questa vicenda c’è davvero la follia.
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