mercoledì 2 giugno 2021

Crimini coperti d’oro.

Non bastavano l’inganno, l’oltraggio, ci tocca anche subire la beffa del fuoco amico se, proprio nel giorno delle sentenze dell’Ilva, acuti pensatori che ancora si interrogano se sia meglio morire di barbarie e vivere nel socialismo, interpretano la cessione di Autostrade per l’Italia  al consorzio formato da Cassa depositi e prestiti con i fondi Blackstone e Macquarie, come un incoraggiante segnale dell’accondiscendenza del sistema neoliberista a far entrare gli Stati nazionali già espropriati di sovranità e competenze, nei suoi traffici, in veste di elemosinieri generosi e in modo da collettivizzare e socializzare perdite e effetti dei crimini perpetrati mentre invece vengono privatizzate rendite e profitti.

 

il Simplicissimus Anna Lombroso

E dire che sarebbe una buona occasione per far venire alla luce l’ovvia considerazione che il Sistema come lo si chiamava quando ancora esisteva un pensiero anticapitalista e antagonista, non possiede quelle qualità di lungimiranza che esibisce quando sopprime diritti, demolisce lo stato sociale nel nostro interesse, applica principi intesi a restringere libertà sociali per il nostro benessere.

Obnubilato dalla smania di accumulazione e dall’avidità più rapace, arraffa, inghiotte beni e risorse che poi gli restano nel gozzo e poi è costretto, senza ammetterlo, a negarsi, contraddirsi, sempre a nostre spese, ovvio, ma sempre riuscendo a guadagnarci come è uso nelle cupole mafiose, nelle cosche, nelle associazioni per delinquere che si giovano di intimidazione, ricatto, paura e che godono di infinite complicità.

Uno dei suoi interpreti tra i più ottusi e gretti, il presidente Draghi, ne è l’incarnazione ai livelli più bassi della gregarietà: incaricato dopo la breve ma fertile crociera sul Britannia, di mettere in svendita al ribasso i nostri tesori di famiglia, sfrontatamente li ricompra a prezzi elevati, lodato per questo da chi intravvede dietro alla speculazione vergognosa i prodromi di  future e benefiche “nazionalizzazioni”.

Dopo quasi tre anni dal crollo del ponte Morandi  il braccio di ferro tra lo Stato e i concessionari autostradali omaggiati dalle Sardine e che erano responsabili della gestione e manutenzione del viadotto genovese il cui cedimento ha ucciso 43 persone si piega a beneficio degli assassini che escono di scena  grazie al “plebiscito popolare” dei soci di Atlantia riuniti in assemblea che hanno votato a favore della vendita, incassando 8 miliardi.

Tutti contenti dunque, è la prima volta, gioisce la stampa, “che una grande opera viene ripristinata prima di aver trovato una soluzione giuridica al riguardo” (e prima di una sentenza sull’operato del soggetto incaricato della manutenzione e della sorveglianza che da un anno ha condotto una trattativa “alla pari”, criminali contro Stato e Governo).

E poi come non compiacersi che così vengano garantite “le condizioni  per custodire con criteri di efficienza  un’infrastruttura nevralgica che ha bisogno di importanti interventi di salvaguardia”. Condizioni che è preferibile vengano assicurate dal controllo pubblico, se  è vero che fra le 10 aziende più grandi in Italia per fatturato, 6 sono a controllo pubblico, che le 20 più grandi imprese pubbliche fatturano oltre 250 miliardi di euro all’anno, generando più di 13 miliardi di euro di utili (e si stima che di questi circa 2,7 miliardi vadano all’azionista pubblico sotto forma di dividendi) e che  sono responsabili del 17% degli investimenti fissi e delle spese in Ricerca e Sviluppo del settore delle imprese con posizioni competitive di punta, spesso a livello internazionale, in settori strategici ad alto contenuto tecnico e di innovazione, così come è altrettanto vero che  morti sul lavoro e disastri ambientali, fallimenti e deindustrializzazione, delocalizzazioni e sepolcri imbiancati sotto i quali giacciono anni di conferimenti malavitosi di rifiuti tossici, emergono  a seguito  di privatizzazioni scellerate – da Alitalia a Ilva, fino proprio ad Autostrade.

Chi si fosse chiesto quali erano i programmi per il futuro dei potentati che hanno scelto Draghi come esecutore testamentario dell’Italia, bastava guardassero agli ultimi trent’anni, alla strategia che ha prodotto lo smembramento delle aziende Iri e delle Banche ex Imi, grazie ai ruoli di liquidatori del Mario sfasciacarrozze e di Prodi, offrendoli come prodotti di outlet a capitani di industria che hanno saccheggiato, alienato risorse, beneficiato di aiuti di Stato, cancellando gli effetti del miracolo italiano e togliendo di mezzo concorrenti molesti per multinazionali avventuriste, per poi riprendersele a spese nostre, comprensive di guasti, esuberi, danni ecologici, lutti, vergogne quando diventano un onere e un pesomorto parassitario. Basta pensare al settore bancario, con le privatizzazioni di Credito Italiano e Banca Commerciale Italiana, alla SIP, poi Telecom Italia, oggi finita miseramente nelle mani dei francesi di Vivendi, grazie anche stavolta a Colaninno patrone dello scandalo di Alitalia, all’Ilva concessa a  ArcelorMittal per consentirle di eliminare competitor, sfruttando fino all’ultimo bullone e perpetrando delitti, all’Alfa Romeo, retrocessa a marchio, fino appunto alla vicenda della rete autostradale nelle mani della dinastia sciagurata dei Benetton,  che conserva con tutta evidenza un ascendente  e un potenziale di ricatto infinito sui governi che si succedono.

E non dimentichiamo che in contemporanea, gli imprenditori nostrani e gli investitori esteri, aiutati nella infiltrazione malavitosa da governi, amministratori, banchieri e bancari,  potevano approfittare di normative, legislazioni e “riforme”  intese a demolire gli edifici di conquiste, garanzie e della contrattualistica  a favore dei lavoratori, osteggiata in qualità di ostacolo allo sviluppo, alla libera iniziativa e pure all’occupazione.

Oggi il caso Atlantia è il trailer dl film horror del Grande Reset, l’oscena alleanza di profittatori muscolari, arruffoni e arraffoni promossa e non rimossa, grazie alla influenza che i suoi partner potranno continuare a esercitare in troppo contesti, con le attività che non ha voluto e saputo svolgere affidate in probabile appalto semplificato a soggetti scelti al ribasso, a sancire una volta per tutte che questo è il destino che ci attende, con il potenziamento dei gruppi cannibali premiati dalle concentrazioni e la penalizzazione delle piccole e medie imprese, condannate a essere poco produttive in settori tradizionali (dal mobile al tessile), poco innovative e a basse retribuzioni, costrette a ridurre fortemente i propri dipendenti a seguito del Coronavirus e che già prima del lockdown, faticavano a far fronte alle spese o a generare profitti.

E come al solito la responsabilità non verrà attribuita alle scelte di decenni segnati dal  sistematico disinvestimento nelle risorse e nell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni, dal taglio delle spese per istruzione e sanità, dalla riduzione in valore assoluto degli investimenti pubblici, dalla stagnazione del già basso ammontare di spesa in ricerca e sviluppo, dall’effetto negativo sul sistema delle piccole medie imprese della concentrazione della conoscenza e dei costi proibitivi per accedere alle innovazioni, concesse in regime di esclusiva ai colossi, quelli farmaceutici compresi.

La colpa sarà del fattore umano che non sa nemmeno diventare capitale umano da sfruttare fino all’esaurimento, quello che manomette il freno su ordine  e comando dei quelli che non finiscono in galera, di quelli che non hanno sufficienti ambizioni per competere e bastante obbedienza per stare a galla, quelli con il destino marchiato dalla sfiga probabilmente meritata, che passano su un ponte una mattina estiva, fanno una gita in funivia per guardare il panorama, dormono in una casa dello Studente all’Aquila, vivono e lavorano all’Aquila.

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