giovedì 24 giugno 2021

Classe dirigente. Meno tasse sulle rendite finanziarie. La proposta fuori dal mondo del parlamento

Mentre ci si scervella su come tassare paperoni e multinazionali, i partiti vogliono alleggerire il prelievo per chi guadagna da azioni e titoli.

 Charging Bull by Arturo Di Modica near Wall Street Stock Exchange on June 17 2012 in New York, United...

A essere buoni la si può definire una iniziativa che va contro lo spirito dei tempi. A essere meno buoni come una proposta nonsense. Mentre il mondo intero si scervella su come tassare i grandi ricchi e le multinazionali, ovvero quei soggetti che dalla pandemia non solo non ci hanno perso ma perfino guadagnato (Jeff Bezos ne è l’archetipo), il parlamento italiano produce un documento in cui suggerisce di abbassare le tasse sulle rendite finanziarie - quelle sui dividendi, sugli interessi o sul trading di Borsa per capirci - dal 26% attuale al 23%. Un bel regalo a chi dalla rendita ci lucra, a chi in altri termini impiega soldi per generare altri soldi.

La proposta fuori fuoco dei partiti è contenuta in una bozza di 21 pagine redatta dal parlamento e che sarà portata come contributo all’attenzione del premier Draghi, che entro fine luglio vorrebbe delineare la sua riforma fiscale. 

Nella bozza ci sono anche molti punti condivisibili, a cominciare dall’addolcimento dell’aliquota Irpef per la classe media: sette milioni di italiani che guadagnano fra i 28mila e 55mila euro lordi annui dovrebbero pagare meno tasse. Tuttavia quello che lascia davvero sbalorditi è la parte che riguarda i capital gain: un risparmio del 3% che in un momento come questo certamente non è necessario per chi gioca in Borsa. Col paradosso che il trader finanziario andrebbe a pagare in percentuale quello che sborsa un lavoratore che prende fino a 15mila euro lordi: il 23% sul reddito. Anche perché la pandemia ha ulteriormente accelerato il bisogno inverso: alleggerire il carico fiscale su chi produce - e cioè lavoratori e imprese - e invece appesantirlo per chi campa sulle rendite.

 La comunità internazionale va infatti da tutt’altra parte. Ad aprile il Fondo monetario internazionale - come si dice usando un consumato stereotipo: non un covo di pericolosi bolscevichi - ha consigliato ai governi di alzare le tasse sui ricchi e sui redditi alti per coprire parte delle spese del Covid. A maggio il presidente Usa Biden ha proposto di tartassare i paperoni per finanziare lo sviluppo post-pandemico degli Stati Uniti. A giugno il G7 ha trovato l’accordo sulla global minimum tax, una tassa minima del 15% a carico delle multinazionali che finora sono riuscite a eludere un equo prelievo (e qui ritorna Amazon e il suo fondatore Bezos). Il trend è chiaro. Meno chiaro ai nostri legislatori.

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