giovedì 5 settembre 2019

Adesso che succede alle pensioni e al tfr degli statali?

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Quelli che sicuramente avranno una battuta di arresto saranno i dipendenti pubblici sui tempi del pagamento del loro trattamento di fine rapporto.
Comprensibilmente costoro sono maggiormente in ansia. Il governo appena caduto aveva dato più volte fiato alle trombe annunciando che al massimo dopo agosto potevano partire i primi anticipi del tfr/tfs dei lavoratori pubblici. In base alla disposizione del decretone istitutivo di quota 100, che ha previsto la possibilità di chiedere un anticipo fino all’importo di 45.000 euro erogato dalle banche ad un tasso ridotto (circa il 2,5 per cento a carico degli interessati). Il decreto attuativo di questa misura doveva essere pubblicato a maggio scorso, poi slittato ad agosto, poi dopo le ferie. Ora con la caduta del governo nessuno osa fare previsioni, anche perché il Garante della privacy e l’Antitrust ai primi di agosto hanno mosso dei rilievi al decreto che ora deve essere corretto dal ministero della Funzione pubblica e rimandato nuovamente al ministero del Lavoro e dell’Economia. Secondo Francesco Pacifico de Il Mattino, qui possono sorgere dei problemi non di poco conto,, perché al Mef hanno una posizione diversa su come regolare il fondo da 75 milioni da costituire all’Inps, per pagare ai lavori in uscita gli interessi sul prestito calmierato, tanto da chiedere un’ulteriore relazione tecnica sull’utilizzo del fondo.
A parte questo comunque poi occorrerà il parere finale del Consiglio di Stato e la registrazione della Corte dei Conti. Fatto questo, poi bisognerà perfezionare gli accordi con l’Inps e l’Abi. Insomma se tutto va bene, se ne parla per la prossima primavera a bocce ferme. Senza dimenticare che dallo start della domanda di richiesta di anticipo,  sono previsti ulteriori 75 giorni per l’iter burocratico. Nel frattempo si continuerà a dover aspettare come minimo due anni dalla cessazione dal servizio e in caso di pagamento frazionato anche 5/6 anni.

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