lunedì 13 ottobre 2014

Il primo appuntamento (di lavoro) e il Jobs Act...

Monica Pasquino HeadshotMolto spesso il primo appuntamento si conclude con questa richiesta: sgobbi gratis per un tot di tempo, più o meno sostenibile, così ti accaparri un lavoro pagato, che forse arriverà domani. L'obiezione che la richiesta è di svolgere due lavori al prezzo di uno, non è contemplata. E nel frattempo come paghi l'affitto o dove trovi il tempo di procurarti un salario sono fatti tuoi.

Giovedì 9 ottobre sono stata invitata nella bella sede di una Fondazione che si occupa di promozione artistica, formazione del pubblico e accesso alla cultura. Lo spazio ideale in cui sviluppare idee innovative, stringere collaborazioni con partner internazionali ed elaborare progetti da presentare a bandi europei, motivo della mia convocazione. Il vice direttore mi attendeva in terrazza, con un caffè bollette che - ha confessato sornione - è una miscela di Altroconsumo di fattura guatemalteca. Marmi e piante lussureggiavano, lì tra i tetti del centro storico di Roma, che osservavo da un'angolatura per me inconsueta.
Ci sarebbe da scrivere un intero volume sul 'primo appuntamento', non quello della seduzione amorosa, ma quello dell'adescamento professionale. È l'evento topico del Quinto Stato dei freelance, dei precari dell'alta formazione e delle partite Iva della consulenza. È il rito di iniziazione agito dal nuovo, possibile, committente. È la sintesi di ogni relazione pubblica, nell'era della precarietà permanente. Oppure è l'istante esatto in cui la sagacia di un sorriso deve colpire l'avversario, frantumando la sua illusione che la competenza possa essere irretita da lustro e strette di mano, non dalla transazione di vile denaro. Quest'incontro ha posture, parole e persino abiti ad hoc, che, nel mio caso, restano dormienti nell'armadio per settimane, fino a che arriva un nuovo primo appuntamento, finalmente!

Questa tipologia di colloqui inizia sempre con frasi di circostanza e con una conversazione leggera, non di rado l'argomento prescelto è tratto dalla cronaca e dai fatti politici del giorno. Nella roulette dei temi, ieri ha vinto la Legge delega sul lavoro. È un invito a nozze per me, preparatissima sul Jobs Act, quintessenza della Troika e dell'ideologia dell'Austerity. "Non basta abbassare l'asticella dei diritti per favorire crescita e produttività", commenta il vice direttore che ammette di aver avuto la tessera di quel partito che oggi rinnega la propria storia, contrapponendo garantiti e non garantiti, provocando lacerazioni nei legami sociali. "....E allora una generazione compete con l'altra invece di allearsi e lottare di concerto", conclude. L'incontro prosegue entrando nella sua ragion d'essere: il lavoro che dovrei svolgere. Spogliata da tutti i lustrini, la richiesta è di consolidare le attività della fondazione sfornando progetti europei, per un anno, in modo continuato e su più tematiche, ma 'comodamente da casa'. Non c'è compenso immediato, ma il lavoro offre una specie di prelazione. Quando qualche progetto presentato vincerà, l'incarico sarà di seguirne lo svolgimento.
Molto spesso il primo appuntamento si conclude con questa richiesta: sgobbi gratis per un tot di tempo, più o meno sostenibile, così ti accaparri un lavoro pagato, che forse arriverà domani. L'obiezione che la richiesta è di svolgere due lavori al prezzo di uno, non è contemplata. E nel frattempo come paghi l'affitto o dove trovi il tempo di procurarti un salario sono fatti tuoi. La raffinata borghesia intellettuale è pronta a inveire contro la legge delega, eppure, il desiderio del lavoro gratuito e di una forza-lavoro usa e getta, sintesi della proposta renziana sul lavoro, trova in essa appoggi impliciti e responsabilità non lievi. Nella contraddizione candida del mio adescatore professionale sta il radicamento di una riforma che scandalizza tanti, eppure si nutre di quanto ogni giorno accade in imprese, dipartimenti universitari ed esperienze produttive.
Se vogliamo trasformare la nostra cultura politica per accrescere tutele, dare valore alla dignità del lavoro e contrastare la precarietà, è necessario scendere tutte e tutti in piazza il 25 ottobre, insieme al sindacato. E serve fermare l'apprendista stregone che sta al capo del governo. Ma è auspicabile anche un po' di autocoscienza. La prossima volta che convocate un primo appuntamento o che la vostra assistente a partita Iva vi comunica di essere incinta o che il vostro collaboratore esterno, da anni mono-committente, vi chiude la porta in faccia e decide di trasferirsi a Berlino, ripensate al vostro sdegno di fronte al Jobs Act.

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