Riceviamo questa confortante notizia dall’avv. Zaina:
Desidero informarvi che il fronte giurisprudenziale in materia di coltivazione si è arricchito di un nuova sentenza assolutoria.
Il GUP presso il Tribunale di Ravenna ha, infatti, assolto un mio assistito M.C. – imputato di avere coltivato 7 piantine (2 delle quali alte 30 cm e 5 alte oltre un metro) e di avere detenuto alcuni grammi di marjiuana – con formula piena, affermando che il fatto non sussiste per quanto concerne la coltivazione e che il fatto non costituisce reato per quel che riguarda la detenzione.
La particolarità del caso – al di là del numero delle piante (almeno 5 potevano avere rilevanza, anche se le altre più piccole contenevano anch’esse presenze di THC ma in termini irrilevanti) – consiste nella circostanza che ho contestato da sempre, le modalità con le quali era stata effettuata la perizia tossicologica sulle principali 5 piante.
Il laboratorio di analisi dei Carabinieri di Bologna, incaricato dell’indagine peritale, aveva – infatti – analizzato una sola delle 5 piante (a campione) ed aveva (impropriamente) ritenuto di potere moltiplicare per 5 il risultato ottenuto dalla verifica di quel campione – il quale peraltro presentava una percentuale di THC pari allo 0,60% ed un quantitativo assoluto non particolarmente elevato.
Tale modo di procedere all’analisi (oltre che le relative conclusioni) è stato vivamente contestato dallo scrivente.
Ogni pianta, infatti, come sostengo da tempo, deve formare oggetto di un esame autonomo, perchè ciascun vegetale (anche se seminato nello stesso periodo) presenta dei caratteri organolettici e strutturali differenti.
Ogni pianta, infatti, come sostengo da tempo, deve formare oggetto di un esame autonomo, perchè ciascun vegetale (anche se seminato nello stesso periodo) presenta dei caratteri organolettici e strutturali differenti.
L’accertamento deve, pertanto, fornirci un quadro individuale, si che si possa comprendere quali e quante piante rilevano ai fini coltivativi.
Se posso fare un esempio, in presenza di 5 mele provenienti dal medesimo albero, non sarebbe corretto sottoporre a verifica (ponderale, di maturazione etc.) una sola per poi sostenere che anche le altre presentano lo stesso peso e le stesse caratteristiche.
Se posso fare un esempio, in presenza di 5 mele provenienti dal medesimo albero, non sarebbe corretto sottoporre a verifica (ponderale, di maturazione etc.) una sola per poi sostenere che anche le altre presentano lo stesso peso e le stesse caratteristiche.
E’ stato fatto, poi, osservare che la percentuale di THC (0,60%) rinvenuta si poneva, comunque, certamente al limite di soglia minima per dedurre che si trattasse di cannabis idonea a produrre effetti stupefacenti, piuttosto che di canapa ad uso industriale. Dunque un altro dubbio e non di poco conto.
Al di là di queste osservazioni procedurali, è stata sottolineata anche l’importanza dell’assenza – nella condotta coltivativa dichiaratamente finalizzata, per ammissione dell’imputato, al consumo personale – di un livello d’offensività tale da violare l’art. 73 dpr 309/90.
Nella specie, poi, la rudimentalità dell’azione poteva ragionevolmente far ravvisare quella che da tempo è stata definita coltivazione domestica, in antitesi con quella forma di coltivazione agraria che presuppone un governo del territorio ed un uso di tecniche sofisticate.
Da ultimo la volontà del singolo di coltivare per sè, appare indice sintomatico di una scelta di abbandonare la frequentazione del mercato illecito. Con la caduta della domanda, anche l’offerta criminale subisce naturalmente una contrazione.
Allo stato, non sono note le motivazioni che verranno depositate entro 30 giorni, ma vi è da ritenere che esse non si discosteranno dagli argomenti sin qui esposti.
Ammetto un’altra bella soddisfazione professionale, ma sono, soprattutto, lieto, perchè M.C. è una persona per bene, incensurata, con un’attività lavorativa fiorente, un mero consumatore che ha coltivato; l’esatto opposto del prototipo del criminale.
Avv. Carlo Alberto Zaina
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