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martedì 4 giugno 2013
Decrescita (I): storia di una parola usata (molto spesso) a sproposito
In questi ultimi mesi capita di assistere a numerosi e commenti circa un termine che è recentemente assurto agli onori della cronaca, la decrescita.
Il dibattito sul concetto di decrescita ci sembra, per la verità, viziato da una certa superficialità, sia da parte dei detrattori che da quella degli apologeti (non tutti, ovviamente). Questo deriva dall’abitudine, invalsa in molti, di commentare un argomento che non si conosce in maniera appropriata o, come in questo caso, la cui conoscenza deriva, più che altro da quello che è stato diffuso dalla vulgata mediatica. Volendo fare un paragone: sarebbe come criticare il pensiero liberale basandoci su qualche discorso di Ronald Reagan o di Margareth Thatcher, oppure il pensiero marxista su quello che si può evincere da un comunicato delle Brigate Rosse (tanto per citare i primi che ci vengono in mente).
Sarebbe quindi bene fare un poco di chiarezza, non solo a vantaggio degli apologeti, ma anche per aiutare i critici, affinchè possano indirizzare i loro argomenti verso qualcosa che risponde maggiormente al termine in esame.
In primo luogo è bene dire che il termine “decrescita” non fu coniato allo scopo di battezzare una corrente di pensiero, un movimento, un’ideologia, ma comparve, quasi per caso negli anni ’70, nella traduzione francese di una raccolta di lavori dell’economista Nicholas Georgescu-Roegen, che fu titolata “Demain la decroissance”(Domani la decrescita). Questo termine, intenzionalmente provocatorio, si innestò su una corrente di pensiero di critica alla società moderna, le cui radici si possono ritrovare in diversi filosofi d’oltralpe (Jacques Ellul, Bernard Charbonneau, Cornelius Castoriadis, Andrè Gorz), che procedette quasi in parallelo alla critica portata avanti dalla scuola di Francoforte.
Ma tralasceremo questi aspetti per concentrarci sul pensiero di Gorgescu Roegen, che focalizzava l’attenzione sul fatto che il processo economico non può essere descritto come un qualcosa di circolare, racchiuso nei confini delle società umane, come spesso viene rappresentato nella sua forma più semplice (fig 1) ma come un processo che si alimenta con materia ed energia a bassa entropia (le cosiddette “materie prime”) e rilascia nell’ambiente rifiuti a bassa entropia (rifiuti e inquinamento).
Questa sorta di “metabolismo sociale”, per usare un termine “biologico”, assume in realtà un andamento lineare, piuttosto che circolare, come nella figura 2.
Nella sua riflessione, Greorgescu-Roegen si ispirò ai lavori di scienziati come Ludwig Boltzmann, Wilhelm Ostwald, Alfred Lotka e Erwin Schroedinger che consideravano il fenomeno della vita biologica come la lotta degli organismi per contrastare l’aumento dell’entropia al loro interno, a spese dell’ambiente esterno (da qui la definizione di Ilya Prigogine di “strutture dissipative”).
“La vita è la lotta per per l’energia disponibile”, scriveva Boltzmann*. Questo concetto venne ripreso dall’antropologo Leslie White che lo applicò all’intero organismo sociale. Ma, ogni civiltà che è caratterizzata da un progressivo aumento della propria complessità, è costretta a generare un continuo aumento dell’entropia. Nei tempi più recenti, quella del “collasso entropico” è una delle spiegazioni più accreditate circa la scomparsa di molte delle civiltà del passato (gli studi più noti, a questo proprosito, sono quelli dii Joseph Tainter e Jared Diamond).
Tuttavia, il vero precursore di Georgescu-Roegen può essere considerato Frederick Soddy, premio Nobel per la chimica nel 1921, che scrisse diversi volumi nei quali applicava i principi della termodinamica al processo economico. Secondo Soddy l’errore fondamentale dei nostri tempi risiede nella confusione tra la dimensione fisica del processo economico e quella monetaria. Dal punto di vista fisico, la dinamica della crescita esponenziale, tipica dell’interesse composto è impossibile, mentre è comune quella del decremento composto (della materia e dell’energia), che prende il nome di entropia. Se la moneta non è altro che la misura che noi usiamo per calcolare la produzione e la distribuzione di ricchezza fisica, questa non dovrebbe poter seguire leggi diverse da quelle del mondo fisico, visto che il nostro pianeta non cresce affatto, tantomeno secondo le leggi dell’interese composto. Pertanto egli scriveva che: “Non si può contrappore in eterno una convenzione umana alle leggi della natura” **
L’opera di Georgescu-Roegen (alla quale, come abbiamo visto si riferì originariamente il termine “decrescita”) è stata, per certi versi, la continuazione del pensiero di Soddy, con il grande merito di aver portato il pensiero economico a considerare le leggi della termodinamica. Il problema più scottante è che, a tutt’oggi (se si escludono lodevoli eccezioni), il sistema economico e il mondo fisico, sono ancora “domini descrittivi non equivalenti”. In questi termini è facile confondere il termine “decrescita” secondo l’accezione che si evince dagli studi di Georgescu-Roegen, con quello di “recessione”. Ma questo sarà argomento di una delle prossime puntate.
Chi fosse interessato alla bibliografia la può trovare al blog “Il velo di Maya”
*Ludwig Boltzmann(1865):The second law of thermodynamics. In: Ludwig Boltzmann.Theoretical physics and philosophical problems:Selected writings., D. Reidel, Dordrecht, Netherlands 1974.p. 24
**Frederick Soddy: Cartesian Economics: The Bearing of Physical Science upon State Stewardship. Two Lectures to the Student Unions of Birkbeck College and The London School of Economics, 1921
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