venerdì 17 maggio 2013

In piazza con la Fiom, unica via contro l’inciucio

di Paolo Flores d’Arcais, da Il Fatto quotidiano, 17 maggio 2013 

L’Italia che in schiacciante maggioranza ha votato qualche settimana fa per una svolta di giustizia e libertà, e si ritrova invece con il governo della Casta voluto da Giorgio Napolitano e dominato da Silvio Berlusconi, l’Italia civile che vuole realizzare la Costituzione, che vuole combattere il regime della corruzione e del privilegio, dell’acquiescenza con le mafie e del servilismo dei media, l’Italia che resiste, che progetta, che ha ogni titolo morale per governare,scende domani in piazza a Roma, si raccoglie in corteo fino a San Giovanni intorno ai metalmeccanici della Fiom per una manifestazione di lotta e di proposta. 

Il sindacato di Maurizio Landini dimostra una volta di più, con questa iniziativa dal titolo inequivocabile (“Basta! Non possiamo più aspettare”), come sia necessario dare respiro generale, cioè politico, a rivendicazioni rigorosamente sindacali che altrimenti sarebbero sconfitte in partenza. 

Come la centralità del lavoro, cioè dei diritti concreti e quotidiani di operai, tecnici, impiegati, sempre più spesso disoccupati o precari, debba essere il cuore di un programma di riforme che ineludibilmente riguarda la scuola, la ricerca, l’evasione fiscale, il reddito di cittadinanza, l’impegno ecologico, la giustizia di classe e di establishment. Senza questo respiro politico, capace di coinvolgere l’intera società civile, ogni lotta operaia è condannata all’isolamento e perciò alla sconfitta. 


Una manifestazione costruttiva, positiva, riformatrice, quella di domani. Ma proprio per questo una manifestazione contro il governo, inequivocabilmente e radicalmente. 
Tra l’establishment del privilegio, che nel governo Berlusconi-Napolitano celebra l’apoteosi, e la volontà riformista del “Terzo Stato”, che la logica dei privilegi crescenti deve invece sovvertire, la divisione e lo scontro non può essere che frontale, quasi manicheo. 

Per ragioni strutturali, perché non siamo affatto “tutti nella stessa barca”, perché solo con una grande redistribuzione di ricchezze si può uscire dalla crisi economica e rilanciare la produzione. Non si esce dal baratro se non si colpiscono i privilegi, cominciando dai più grandi, e dalla tolleranza zero verso quelli nutriti di illegalità. 

Ecco perché domani saranno plasticamente evidenti due Italie incompatibili: quella che può salvarci dalla crisi con la legalità e l’efficienza, e che parlerà per bocca di Landini, Rodotà, Strada, e quella dei caimani, della prevaricazione e della menzogna santificate a sistema, che ci trascina nel baratro. Chi non sceglie la prima è già con la seconda.

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