venerdì 3 maggio 2013

Convenzione, Renzi stoppa Berlusconi: "Gravissimo farne un padre costituente"


Convenzione, Renzi stoppa Berlusconi: "Gravissimo farne un padre costituente"

Il sindaco di Firenze: non esageriamo, presidenza fuori dai patti di governo. Il ministro Quagliariello tenta di rasserenare gli animi: "Chi guiderà? Non se n'è parlato".


ROMA - Della Convenzione per le riforme, messa in frigo per l'urgenza di scegliere i sottosegretari, si ricomincerà a parlare seriamente solo la prossima settimana. Ma intanto Matteo Renzi è pronto a lanciare in pubblico il suo altolà per bruciare sul nascere l'ipotesi che la presidenza venga affidata al Cavaliere. Ai suoi parlamentari il sindaco di Firenze lo ha già anticipato: "Ora non esageriamo, un conto è fare un governo con il Pdl perché non ci sono alternative, altro è dare la Convenzione a Berlusconi". Per Renzi è un problema serio, visto l'aura di padre della patria che ne ricaverebbe il leader del Pdl. "Se serve lo dirò: non è che possiamo arrivare a trasformarlo in un padre costituente". Dunque "sarebbe un errore gravissimo accettare che faccia il presidente della Convenzione". Una clausola, quella dell'elezione di Berlusconi alla guida della nuova "commissione dei 75" che per il sindaco "non può rientrare negli accordi di governo", anche se qualcuno - Bersani o Letta - può aver fatto balenare questa possibilità nei giorni della trattativa sulle larghe intese.

Mentre si moltiplicano le voci che indicano nel leghista Calderoli, come anticipato da Repubblica, il nome su cui potrebbero convergere Pd e Pdl, il ministro delle riforme Gaetano Quagliariello prudentemente assicura che "non è stata ancora affrontata la questione della presidenza". Quello che si capisce è che il governo intende restarne fuori per non rimanerci sotto. Schiacciato dalle polemiche. "Cercheremo di seguire questa vicenda senza entrarci - confermano da palazzo Chigi - la spinta del governo, se ci sarà, arriverà quando la scelta sarà maturata". Letta insomma lascia che la Convenzione svolga il suo ruolo e faccia da sfogatoio per i partiti, sperando che il governo possa uscirne indenne. Il premier è infatti consapevole delle controspinte che arrivano dal suo stesso partito per sabotare l'organismo ed evitare che si trasformi in un palcoscenico per Berlusconi. Ieri, dopo gli attacchi del costituzionalista Stefano Rodotà, Pippo Civati (presente alla manifestazione di Left) ha lasciato intendere che la partita è ancora tutta aperta: "Per me siamo in un governo che non deve durare troppo. Un esecutivo che deve fare la legge elettorale prima di fare convenzioni o circonvenzioni". Una priorità condivisa dai "Comitati Dossetti per la Costituzione", che hanno lanciato ieri un appello, sottoscritto da decine di giuristi, contro l'ipotesi di "Convenzioni paracostituenti".

Di fronte a questa opposizione montante, i fautori della Convenzione cercano di serrare le file e accelerare. Francesco Sanna, deputato vicino a Enrico Letta, spiega il piano d'attacco: "L'idea è quella di approvare simultaneamente delle mozioni parlamentari incrociate tra Camera e Senato, con lo stesso testo. Sarebbe un invito ai presidenti del Parlamento per convocare questo organismo misto, aperto agli esterni". Quanto alla composizione, il Pd farebbe il beau geste di rinunciare al premio di maggioranza, a favore di una rappresentanza puramente proporzionale che rispecchia i veri rapporti di forza del paese: un terzo Pd, un terzo Pdl, un terzo M5S.

Se l'escamotage degli ordini del giorno consentirebbe di far partire immediatamente la Convenzione, resta tuttavia aperto il problemi dei poteri. Dovrà infatti essere approvata, in parallelo, una legge costituzionale che stabilisca il carattere "redigente" della Convenzione. Il che significa che il testo uscito dall'organismo non potrà più essere toccato da deputati e senatori. "Il significato profondo della convenzione, ratificata con legge costituzionale, è proprio quello di dargli potere redigente - ha confermato il democratico Gianclaudio Bressa a Radio24 - in modo tale che al testo che ne esce Camera e Senato possano dire di sì o di no. Così potremmo passare da un bicameralismo isterico come abbiamo noi al monocameralismo". Il problema, tra gli altri, è quello di impedire ai senatori di manomettere la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie, costringendoli ad accettare l'intero pacchetto.

Quagliariello ha intanto in forno un'altra novità importante. Insieme a Dario Franceschini sta studiando una riforma dei regolamenti parlamentari per garantire una corsia preferenziale ai provvedimenti del governo. Un modo per evitare l'eccesso di decretazione d'urgenza e i voti di fiducia, biasimato di volta in volta dall'opposizione di turno.

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