Nelle grandi città sempre più persone possono permettersi un'auto. Un'immatricolazione costa più di 10mila euro, un prezzo spesso superiore a quello del veicolo, ma le richieste superano il numero limite imposto dall'amministrazione ogni mese. Così per sedersi al volante bisogna fare l'offerta vincente. E lo smog diventa un problema sempre più grave
A Shanghai immatricolare un’auto costa circa 10.200 euro, al cambio attuale con lo yuan. Probabilmente il mese prossimo la spesa aumenterà, qualsiasi sia il prezzo del modello scelto. Capita così che, nel caso di vetture di produzione interna, la targa finisca per costare più delle macchina stessa. Finché a sborsare erano i capitalisti o i neo-arricchiti del Celeste impero nessuno si preoccupava, ma oggi il boom di un Paese dall’economia più che galoppante ha creato una classe di lavoratori che possono permettersi di passare, quantomeno, dalla vecchia bicicletta all’utilitaria. Fin del 1994 lo Shanghai Traffic, Transportation & Port Management Bureau ha fissato a 9mila il tetto massimo mensile di immatricolazioni e, per ovviare alla valanga di richieste, ha scelto un metodo spiccio ma poco democratico per rilasciare le targhe, metterle semplicementeall’asta. Le poche migliaia rese mensilmente disponibili non soddisfano infatti le richieste di città con quasi 25 milioni di abitanti. Così una targa diventa un oggetto prezioso e richiestissimo, nonostante il prezzo elevato, non solo a Shanghai, ma anche a Singapore, Pechino, Guiyang e Guangzhou, città soffocate dallo smog, paralizzate dal traffico. E con le targhe messe all’asta.
Aumenta il benessere, esplode la voglia di beni un tempo di lusso, e tra i primi oggetti del desiderio c’è l’automobile, da sempre simbolo di agiatezza e di libertà. Si sta avverando l’ipotesi che il presidente dell’Uruguay José Mujica ha fatto il 21 giugno 2012 nel suo discorso alle Nazioni Unite sul rapporto fra felicità e consumismo? “Sviluppo sostenibile e togliere masse immense dalla povertà”, ha tuonato sull’assemblea, consapevole degli effetti collaterali prodotti dai modelli di sviluppo e di consumo delle società più opulente. Si è poi chiesto, seguendo il filo del discorso, che cosa accadrebbe sulla Terra se, dopo i cinesi, anche i milioni di indiani prossimi alla motorizzazione di massa finiranno per avere la stessa percentuale di vetture che ci sono, per esempio, in ogni famiglia tedesca: quanto ossigeno rimarrebbe per respirare?
Mujica, ex Tupamaro e oggi simbolo di rigore morale, campa serenamente con 500 dollari al mese: il resto che lo Stato gli passa, 12mila dollari, lo dà in beneficenza. Abita in una fattoria senz’acqua corrente e come auto blu ha un Maggiolino Volkswagen prima maniera. Le sue parole avrebbero potuto scuotere il mondo. E invece niente. Tornando alla Cina, durante le Olimpiadi di Pechino, il mondo ha già visto quali siano i problemi di smog e inquinamento del Paese. In ogni caso, immaginare Cina e India motorizzate come l’occidente fa già gongolare le case produttrici, pronte a ricevere in autosalone l’1,3 miliardi e passa di potenziali acquirenti di una quattro ruote. Rimane però una domanda, a oggi non ancora affrontata: fino a quando si potrà vendere su questi megamercati auto inquinanti, come lo sono quelle finora riservate a loro.
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