mercoledì 28 febbraio 2024

Quella pericolosa deriva verso la Terza guerra mondiale

Le parole del leader francese ci dicono che un coinvolgimento diretto non è più un tabù.

Quella pericolosa deriva verso la Terza guerra mondiale

(DOMENICO QUIRICO – lastampa.it)

Finora politica e guerra in Ucraina erano, per signori e signore del nostro occidente, un tira e molla, un’altalena, un dai che io do, un va e vieni dai quali tutti in fondo pensavano di uscirne salvi, alla fine. Gli astuti perfino con qualche bel gruzzolo da spendere politicamente all’interno. Tutt’al più si trattava di pagare qualche milione di euro e di svuotar gli arsenali del vecchiume; ma alla prima occasione, ridotto come vogliono logica ed economia Putin al lumicino, si recuperava il perduto e il pagato. Si sa che le ricostruzioni sono affari lucrosi… Agli ucraini, quelli scampati al macello in prima linea, rimasti liberi per merito proprio, si riservava la amarognola soddisfazione della medaglia degli eroi. L’importante era che nessuno ad occidente uscisse con le ossa rotte. Altrimenti il bel gioco della politica e della guerra fatta con gli altri sarebbe finito.

Poi un giorno il presidente francese Macron pronuncia alcune parolette: che non può escludere di spedire soldati a combattere a fianco degli ucraini, non solo, sarebbe ansioso di costruire una coalizione di volenterosi (formuletta dietro cui abbiamo posizionato alcune delle nostre peggiori sconfitte) e così accingersi virilmente a vincere la guerra del Dombass. Ci si incammina da Parigi sulle luttuose tracce della Grande Armata?

Macron è un azzimato Napoleoncino che si tiene bigottamente stretto alla lettera della superiorità gallicana pur essendo, come impongono i mutati tempi della potenza, uomo di nebbia e di vento; che illazioni sproporzionate, con ipocrita reverenza, hanno etichettato come macigno europeista. Con indicativa miopia provinciale, da questa parte delle Alpi, le sue ardite e allarmanti escogitazioni belliciste (insomma: la Terza guerra mondiale a pezzi da noiosa cantilena diverrebbe Terza guerra mondiale e basta) sono state interpretate come legate al gioco di dispetti tra “monsieur le président” e la Meloni, una grottesca batracomiomachia dell’Unione. Lei si trasferisce a Kiev come capo dei Grandi o di quel che resta di loro con un misterioso, forse un pacco vuoto forse no, Patto d’acciaio con Zelensky. E lui replica dichiarando, nientemeno, quasi guerra alla Russia.

Macron non ha fatto altro che compiere un passo verbale ulteriore in una pericolosa progressione che dura da mesi. Con cui le cancellerie d’occidente in modo omeopatico preparano le opinioni pubbliche dei rispettivi Paesi a scavalcare il limite estremo: ovvero la necessità se non si vuole ingoiare, dopo due anni di sacrifici, il malpasso della sconfitta ucraina, di scendere in campo. Per piegare la Russia rimasta putiniana bisogna passare dalla non belligeranza milionaria (armi e sostegno economico) alla belligeranza diretta. È così che da sempre le guerre diventano mondiali e “inevitabili”.

Il presidente francese gioca d’anticipo, dir per primo ciò che gli altri ancora occultano sotto formule vaghe potrebbe rendere i gradi di capitano della futura Gran Coalizione dei generosi. La politica rispetto a come risolvere il problema ucraina finora si è mossa nell’arte dell’assicurazione e della contro assicurazione, dell’inganno e del para inganno, dallo scavar buche per far inciampare Putin da non saper poi come camminare trovandosele intorno ai propri piedi. Ci pareva possibile curare i conti della nostra aritmetica, preparar le elezioni Usa, nell’Unione e nei Paesi satelliti e intanto pagar altri per far la guerra necessaria. I signori presidenti, buoni a seccar tasche per il conflitto, eran pieni di entusiasmo: con Kiev comunque, fino alla vittoria. E aguzzavano gli occhi, nei tavoloni dei Vertici, su realtà caparbie e avverse aggruppate sotto nomi poco familiari che i loro aiutanti leggevano sillabando su carte geografiche dell’Ucraina. Alcuni di loro conoscono il mestiere ma questa faccenda ucraina è diversa, non una “small war”, una guerruccia, ci sono città piene di uomini che fuggono nei rifugi ed eserciti in marcia nella steppa con i piedi indolenziti da ritirate e avanzate. Con le armi donate uomini correvano incontro alla morte attraversando fiumi gelati e, equipaggiati in carri armati, soffocavano solcando le nevi sterili dell’Ucraina.

La brutale aggressione russa ha restituito alla Morte il posto che da un quarto di secolo non avevamo più dinanzi ai nostri occhi di europei. Pace e benessere ne avevano sbocconcellato il dominio che per secoli era stato in questa parte del mondo assoluto. La guerra restava una realtà dell’uomo, ma una realtà nascosta e lontana. Circondata da precauzioni era per gli europei spettacolo televisivo. Per trovarla bisognava viaggiare in Africa e in oriente dove i suoi trionfi sembravano essersi rifugiati. La furiosa mischia ucraina ha riportato i morti, i morti dappertutto, non onorevolmente coperti come si usa ma nudi con il loro odore e colore di morte, ridotti a lembi nelle strade e nei fossi, orride gonfiezze dondolanti a fior d’acqua. Era una morte europea. Ma finora degli altri. Che sta per diventare anche nostra? Attenti, qui ora si parla di noi.

Nel sipario di mezze verità, ottimismi e bugie di chiassoni e gabbadei spunta che l’Ucraina, armi o non armi, è in gravi difficoltà: dopo mesi di mutua distruzione e nulla più il fronte cambia faccia. Kiev manca di uomini perché li ha consumati in due anni. Gli arsenali in occidente son quasi asciutti, bisogna produrre a gran forza ma per esser sicuri noi. Il bellicismo disinvolto dei due anni precedenti, la gigantesca fatamorgana della vittoria sparisce, si cambia tono. Diventa preoccupato, allarmista, da corsa contro il tempo: ahimè, per fermare Putin gli ucraini non bastano!

Ci si arma e riarma, si restaurano le leve, ci si strofina con il formare nuclei di riservisti. Perché non si sa mai, Putin è goloso, bisogna esser pronti. L’entrata in guerra light, dopo aver ammorbidito le coscienze. Come era chiaro fin dall’inizio, con armi e denaro si poteva tenere in vita l’Ucraina non portarla alla vittoria, liberare le terre occupate fino all’ultimo centimetro. Per quello ci vuole la Terza guerra mondiale.

Morire per Kiev: ma davvero, non solo nel portafoglio. Forse è davvero necessario per salvare l’occidente ma bisogna avere il coraggio di dirlo. E a condurla non potranno essere coloro che hanno causato il disastro.

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