martedì 27 febbraio 2024

Il manganello spezzato

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Lo schema si è spezzato: per molto tempo il metodo principe per delegittimare le proteste popolari e in definitiva uno degli strumenti della democrazia, è stato quello di provocare qualche violenza, magari anche banalissima, per creare una facile indignazione e spostare l’attenzione dal problema messo in campo dalle varie manifestazioni, alla narrazione dell’evento “eversivo”. Se per caso poi queste violenze non fossero state spontanee e prodotte da teste calde allora ci pensavano gli infiltrati a crearle. Addirittura per qualche tempo si sono evocate anche formazioni come i celebri black block, nient’altro che provocatori e infiltrati messi in piedi dai servizi.

Le opinioni pubbliche sono sempre cascate in questo tranello almeno fino a che pensavano che l’ordine costituito con le sue parole d’ordine fosse comunque preferibile anche di fronte a problemi evidenti, che in sostanza fosse preferibile aspettare che passasse la nottata perché tutto tornasse come prima. Ma la notte non finisce mai e con le manganellate di Pisa per reprimere una manifestazione contro la strage di Gaza, questo schema si è spezzato e le violenze si sono ritorte contro lo Stato e i suoi ambigui rappresentanti – nel caso specifico, gente che veniva dai fatti di Genova – tanto da stimolare il capo di questo Stato infingardo e vile a metterci una pezza e a prendere le distanze dai picchiatori con distintivo. E’ una sconfitta per tutti dice il Quirinale, ma sono decenni che si chiede di poter identificare i violenti con sigle sugli elmetti e sulle divise e sono decenni che questo atto di civiltà e di giustizia viene negato.

In ogni caso queste parole di rammarico sarebbero state doverose in mille occasioni e proprio per questo non sono mai state pronunciate, ma questa volta si è capito che il trucco della violenza non ha funzionato perché invece di provocare un distacco dai motivi della protesta contro la strage continua a Gaza, ha invece suscitato indignazione contro chi l’ha violentemente repressa. Certo il tema era molto sensibile e la posizione del governo italiano o meglio dei miserabili burattini con i fili a Washington che lo compongono è repellente, immorale, stupida e autolesionista, ma non è stato questo che ha ribaltato il gioco psicologico, quanto il fatto che si sta creando una insanabile frattura tra il milieu politico e la popolazione. Quest’ultima comincia a comprendere di non potersi aspettare niente da costoro e di contare meno di niente su scelte che non sono per nulla condivise, come quella sulla Palestina e sull’Ucraina che peraltro sono in totale rotta di collisione fra di loro: i più svegli avranno notato che in un caso si condanna senza appello l’operazione russa come invasione e dall’altra si sostiene il diritto di Israele a invadere e questo fa parte dell’azzeramento etico dell’Occidente che pretende di avere delle regole, ma esprime soltanto arroganza e interessi.

In poche parole una fetta sempre più ampia di italiani sta comprendendo che sarà molto difficile recuperare ciò che si è perso, ovvero un mondo nel quale esisteva un rapporto tra cittadini e politica e dove quest’ ultima cercava bene o male – e certo con mille tralignamenti – di fare gli interessi del Paese. Tutto questo sarà per sempre perduto se non ci si oppone a una governance che di fatto è solo una cinghia di trasmissione delle volontà di pochi oligarchi e che fa della politica un corpo estraneo alle stesse istituzioni. Lo dice il rumore dei trattori che in Italia è ancora attutito da vecchie situazioni clientelari, ma che comunque si sono messi in moto e dalla sconfessione dei manganellatori di stato sui quali magari qualche tempo fa si sarebbe chiuso un occhio.

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