Eccolo il de profundis della sanità pubblica: in dieci anni, tra il 2010 ed il 2020, ha perso 111 ospedali e 113 Pronto soccorso.
(Thomas Mackinson – ilfattoquotidiano.it)
Presi gli anni 2010-2020 si scopre infatti che il travaso di investimenti e posti letto verso branchie specialistiche che più rispondevano alla necessità di contrastare la pandemia, si è tradotto in un abbandonando di fatto le altre non meno essenziali per garantire cure necessarie ai cittadini. La chirurgia generale ne ha persi 9mila, la medicina generale 6400, ostetricia e ginecologia 4420, ortopedia 4242. Per contro, effetto Covid, sono schizzati a 8100 i posti per le malattie infettive, 2184 le terapie intensive, day surugery con 1073 posti letto. Il risultato però è ancora un allarmante saldo negativo di 36.937 posti letto. Che la causa sia la rimodulazione mai compensata della risposta sanitaria al virus lo dimostra il fatto che proprio nel biennio 2019-2020 si registra la dinamica di travaso più spinta. Perfino i mezzi di soccorso sono diminuiti di 584 unità, solo le ambulanze di tipo A sono aumentate, ma non di 34 unità come nel 2019, solo di 4.
Un altro dato però fomenta la preoccupazione dei camici bianchi ed è il fatto che nelle strutture pubbliche i posti letto sono stati drasticamente tagliati (-38.684), quelli nelle strutture private sono aumentati (+1.747). Guardando a quelle territoriali, sono in netta crescita tra 2010-2020 i posti nelle strutture semiresidenziali, aumentati del 25,2% (+12.056) e quelli in strutture residenziali del 23,2% (+49.506) ma, in realtà, la percentuale di incremento degli utenti è del solo 1,76% per le strutture semiresidenziali e del 19,28% per le residenziali. Segno che gli investimenti privati corrono dove il profitto è maggiore, ma senza un ancoraggio all’esigenza reale di assistenza della popolazione. E veniamo ai camici del SSN: in dieci anni ne abbiamo persi quasi 30mila (-29.284), con una forte riduzione del personale amministrativo (-14.442) e di tecnici (-6.793), ma anche di medici in servizio che si sono ridotti dai 107 mila del 2010 ai 102 del 2020, con un saldo pari a -4.311. Le guardie mediche sono 700 in meno, un numero che ha portato in dieci anni ad eseguire 1.498 interventi in meno ogni 100mila abitanti.
“Preoccupa – si legge nel rapporto – il risultato dell’analisi del calo di ricoveri per tipo di istituto: nel 2019 nelle Aziende ospedaliere è stato effettuato un milione di ricoveri ordinari in meno rispetto al 2010 (pari ad un calo del 66%) e oltre 400 mila ricoveri di day hospital e day surgery in meno (-68,5%). Rispetto a tutte le altre tipologie di istituti, si tratta di gran lunga della riduzione più significativa. Cifre che non possono che destare preoccupazione, poiché nelle Aziende ospedaliere i ricoveri sono generalmente complessi. Ma le Aziende devono far fronte sia a spese ingenti per farmaci e tecnologie che all’obbligo del pareggio di bilancio; tuttavia non sono supportate dall’adeguamento dei DRG, ovvero la remunerazione di ciascuna attività ospedaliera, e tanto potrebbe indurle a selezionare i ricoveri. Nel 2020, sono state erogate 282,8 milioni di prestazioni in meno rispetto al 2010. Le indagini di laboratorio presso le strutture pubbliche e private accreditate si sono ridotte del 9% fino al 2019 e del 19% nel 2020″.
Andando a guardare la spesa per il personale si scopre un dato curioso e in qualche modo paradigmatico della situazione in cui è precipitato il settore, che sembra aver goduto di una “fiammata” aggiuntiva di risorse e investimenti pubblici durante la pandemia, quando in realtà ha solo riottenuto parte di quel che aveva perso negli anni precedenti. E’ il caso proprio degli stipendi dei dipendenti del SSN. Fino al 2019, si era registrato un risparmio di 1,24 miliardi di euro, mentre con il 2020, effetto del Covid, la spesa è cresciuta. Ma ha solo raggiunto nuovamente i valori del 2010 (+31 milioni). Entrando più nel dettaglio, emerge che il costo del personale medico è, in ogni caso, ridotto di 587,8 milioni di euro rispetto al 2010, mentre il costo del personale del comparto è aumentato di 1,013 miliardi di euro.
Tutti questi numeri sono altrettante ragioni che i medici porteranno sul tavolo del governo che uscirà dalle urne. Al centro delle iniziative dei medici – recita una nota della FNOMCEO – ci sono, infatti, il diritto alla salute dei cittadini, il valore del nostro lavoro, che del Ssn è un valore fondante. Queste le urgenze che saranno esposte alla Conferenza delle Regioni e al prossimo Governo, a partire dalla legge di bilancio: 1) perdurante latitanza di contratti e convenzioni con gravi danni organizzativi, economici e previdenziali; 2) livelli retributivi non coerenti con la gravosità e rischiosità del lavoro;3) assunzioni necessarie a far fronte all’esodo in corso, e a migliorare le condizioni di lavoro nelle strutture sanitarie, ospedaliere e territoriali; 4) recupero di ruolo sociale e professionale; 5) impegno a evitare lo smantellamento del Ssn, in atto da oltre 10 anni, le diseguaglianze conseguenti, la privatizzazione della più grande infrastruttura civile e sociale costruita dal nostro Paese”.
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