sabato 24 settembre 2022

Il silenzio vergognoso dei politici sullo sconto fiscale a Gucci.

Lo sconto quasi miliardario del Fisco a Gucci ci costa come 125 mila redditi di cittadinanza per un anno. Ma la notizia è passata in sordina. I politici del resto preferiscono accanirsi contro i poveracci da 500 euro al mese che attaccare le multinazionali.


(Giulio Cavalli – tag43.it)

La vera notizia della settimana della moda l’ha data il giornalista investigativo Stefano Vergine solo che – c’era da scommettersi – per il suo scoop non si è indignato nessuno. Sarà che nel pezzo uscito su Il Fatto Quotidiano non c’è nessun povero da prendere a sberle, non ci sono furbetti da indicare come male endemico del Paese e non c’entra il maledetto Reddito di cittadinanza. Si legge semplicemente che in Italia se si decide di evadere le tasse conviene farlo da ricchi perché i ricchi da noi godono di un’impunità luccicante e modaiola.

Gucci ha ottenuto uno sconto fiscale di 748 milioni pari quasi 125 mila redditi di cittadinanza.

Gucci ha ottenuto uno sconto fiscale di 748 milioni di euro. Dice così l’accordo, nero su bianco, tra il fisco italiano e Kering, multinazionale controllata da François-Henri Pinault e proprietaria di marchi della moda come Gucci, Yves Saint Laurent e Bottega Veneta. «Sette pagine top secret», scrive Stefano Vergine, «che hanno messo la parola fine al contenzioso fiscale iniziato nel 2017, con il colosso del fashion accusato dalle autorità italiane di aver evaso le imposte attraverso un trucco: la Lgi Sa, una società di diritto svizzero ma in realtà operante in Italia, utilizzata per incassare i profitti realizzati nel mondo grazie alle vendite di borse e cinture marchiate Gucci». Fino a ieri sapevamo solo che l’esborso totale del gruppo sarebbe stato di 1,25 miliardi di euro, di cui 987 milioni erano le imposte da versare insieme a interessi e sanzioni. Incrociando i documenti della Guardia di Finanza di Milano (che parlava di evasione di imposte in Italia per 1,39 miliardi di euro) e le 7 pagine dell’accordo il calcolo è presto fatto: sullo sconto di 494 milioni di euro basta calcolare le sanzioni e gli interessi non pagati per arrivare alla cifra di 748 milioni di euro. Si tratta del più dispendioso accordo dellAgenzia delle Entrate e si tratta di soldi pubblici. Se ci aggiungete che la notizia arriva sulla coda della campagna elettorale era lecito aspettarsi una reazione enorme da parte dei partiti e dei media. Nulla. Badate bene, la cifra è tre volte la somma delle truffe dei “furbetti” del Reddito di cittadinanza, quei singoli casi di truffa allo Stato (l’1 per cento del totale) che negli ultimi mesi sono state quotidianamente sventolate nell’agone politico. Restando sempre nel gioco delle proporzioni si potrebbe dire che lo sconto quasi miliardario al marchio del lusso costa come 124.666 redditi di cittadinanza per un anno.

L’aporofobia dei politici italiani: giustizieri con i poveri e agnellini con le multinazionali

Il caso è una perfetta metafora dell’aporofobia italiana: politici che si ergono a giustizieri tormentando i poveri per qualche centinaio di euro perdono improvvisamente la lingua in bocca quando si tratta di esprimere un’opinione sulle feroci evasioni dei grandi gruppi. È lo stesso silenzio del resto che si è registrato sulla multa di 4 miliardi di euro a Google per posizione dominante una settimana fa inflitta dal Tribunale dell’Unione europea. È lo stesso silenzio per i 19 milioni di italiani che evadono le tasse (dato non corretto eppure reso noto da Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate al Festival dell’Economia di Torino) che in campagna elettorale sono stati citati solo per promettere di sponda una qualsiasi forma di condono. Nel 2017 (ultimi dati completi disponibili) il tax gap ammontava a oltre 108 miliardi di euro. Per poter fare confronti storici e internazionali, e soprattutto per avere un’idea dell’incidenza del mancato gettito sul bilancio dello Stato, è utile rapportare tale cifra al gettito teorico. Il rapporto così definito (tax gap/gettito teorico) misura, per l’appunto, la percentuale evasa del gettito teorico: nel 2018, il rapporto sfiorava il 29 per cento, escludendo i redditi da lavoro dipendente (dove evadere è praticamente impossibile) e i contributi sociali (per cui i dati non sono disponibili). Funziona di più l’articolo sdegnato contro un poveraccio che incassa 500 euro al mese che un marchio del made in Italy che risparmia 748 milioni di euro. Anche evadere le tasse da noi è diventato un lusso.

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