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La richiesta del Vaticano di modificare il disegno di legge del piddino Zan sulla cosiddetta “omotransfobia” si presta a molteplici considerazioni.
Il cuore della questione, inutile nasconderselo, è Politico, e in quanto Politico, etico e filosofico. L’oggetto del contendere è il soggetto per eccellenza: qui si parla dell’identità dell’Essere umano, in altre parole cosa questo Essere sia.
Così ci paiono secondari, sia gli aspetti concernenti larevisione del Concordato (sottoscritta nel 1984 tra Stato Italiano e Stato pontificio), sia l’aspetto maldestro della legge Zan — quello per cui, dietro alla foglia di fico della “protezione dell’identità di genere”, si vorrebbe introdurre nell’ordinamento sanzioni penali per chi compia “atti di discriminazione fondati su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere o disabilità”. Non che non sia rilevante l’aspetto giurisprudenziale, è che questo cela, ci perdoni Thomas Khun, un vero e proprio cambiamento di paradigma.
La legge Zan, all’art.1 recita infatti che l’orientamento sessuale, non quindi il sesso biologico, decide — e ciò indipendentemente dal cosiddetto “percorso di transizione”, eufemismo che sta per cambiamento di sesso — l’appartenenza di genere; dove “orientamento” sta appunto per soggettiva percezione della propria identità di genere.
Dal momento che la propria preferenza sessuale viene considerata la cifra principale dell’identità, viene con ciò spazzato via ogni criterio oggettivo per stabilire cosa siano il genere e l’appartenenza ad esso. Sotto le mentite spoglie di un umanesimo libertario, abbiamo che il soggettivismo che ha contraddistinto l’avvento della modernità è qui spinto oltre ogni limite. Il libertinismo del XVII secolo impallidisce, siamo all’apoteosi dell’individualismo liberale, siamo alla conversione dell’Homo sapiens nell’Homo neoliberisticus.
Per rendersi conto di cosa si nasconda dietro a questo cambiamento di paradigma si tenga conto di quali e quanto pittoreschi siano i “generi sessuali” secondo le agguerrite minoranze che compongono il movimento LGBTIQ+ (!@#&%!). [1]
C’è da chiedersi (caso da manuale della Finestra di Overton) come si sia giunti a questo punto, attraverso quali progressivi passaggi l’inconcepibile è diventato accettabile, quindi ragionevole, infine politicamente prescrittivo.
La domanda ci porta dritti al pensiero postmodernista, (da J.F. Lyotard a G.Vattimo) che per almeno un cinquantennio è stato egemone in Occidente. Oggi questa egemonia traballa —il vuoto lasciato dalla demolizione delle “grandi narrazioni” sta lasciando il posto alla ultra-narrazione della scienza come nuova e salvifica Provvidenza — ma non saremmo a questo punto di follia se il pensiero postmoderno non avesse demolito quelle che esso bollò come “pretese della ragione”; se non avesse tessuto l’elogio di un “pensiero senza fondamenti”; se non avesse fatto l’apologia del nuovo e della fine della storia; se non avesse presentato il fatto della morte di ogni verità assoluta come annuncio di una nuova era liberatrice (alla fine della fiera neoliberista).
Qualcuno ha tirato in ballo il sociologo polacco Zygmunt Bauman. A torto diciamo noi. Bauman ha sì colto la decomposizione della società capitalistica; ha certo segnalato quanto vacillante e fluido sia il sistema sociale globalizzato nascente, quanto esso dissolvesse confini e riferimenti sociali e ideali certi. Ma Bauman non ha mai compiuto l’apologia di questo caos schizoide. Al contrario! Proprio in riferimento a quanto stiamo discutendo il suo monito risulta calzante quant’altri mai:
«In questo mondo nuovo si chiede agli uomini di cercare soluzioni private a problemi di origine sociale, anziché soluzioni di origine sociale a problemi privati».
Non c’è dubbio che la vicenda di cui trattiamo sia una spia, un sintomo, un segno dei tempi. Segno di una vera e propria crisi di civiltà, spia che l’Occidente, ove non trovasse le risorse per invertire la rotta, sta oltrepassando un punto di non ritorno. Non siamo solo oltre il Novecento, alle prese col cadavere della rivoluzione comunista, la stessa Chiesa sa bene che siamo entrati da un pezzo in una società post-cristiana, per non dire anti-cristiana. En passant: qui non ci sono Viganò che tengano: ora è chiaro che il movimento comunista e l’Unione sovietica erano il solo katechon, la potenza che tratteneva l’avvento del capitalismo totale (e che per ciò stesso va oltre se stesso), ovvero ciò che un certo cattolicesimo intransigente e reazionario chiama l’Anticristo. Avendo la Chiesa dato un contributo fondamentale alla distruzione di quella potenza, non si lamentino, i cattolici intransigenti, se oggi scoprono che l’Anticristo era proprio il mostro con cui, per più di un secolo, fecero sodalizio.
Siamo ad un passaggio epocale che mentre fa strame di tutto ciò che è tradizione lascia il futuro in balia della più inquietante incertezza; ciò che spiega quello che abbiamo chiamato punto di follia, l’abissale smarrimento esistenziale, un disagio che coinvolge tutte le sfere dell’umano vivere: spirituale, materiale, culturale, psicologica, affettiva, emozionale. Un passaggio di cui la vicenda gender è icastica metafora. Il capitalismo prese in consegna l’uomo mortificato, segnato dal senso di colpa e plasmato da secoli di alienazione religiosa, prigioniero del dualismo irriducibile tra l’al di qua e l’al di là, tra il mondo storico e il soprannaturale. Quell’uomo era tuttavia pur sempre un aristotelico animale politico, un essere sociale dotato, a differenza degli altri animali, di un’essenza dinamica, aperta a diversi e plurimi sviluppi ed esiti.
Il tardo-capitalismo ci consegna un animale impolitico il quale, abbandonata ogni illusione nell’al di là, è tutto schiacciato sul presente, preso a dissetarsi con l’acqua salata cioè la rincorsa compulsiva dell’esaudimento dei più strampalati desideri. L’immanentismo, altra cifra della modernità, sembra vincere su tutta la linea, inverandosi nella sua forma più triviale.
Alla società liquida corrisponde così l’identità fluida: non più soltanto la facoltà di scegliersi, nel caravanserraglio dei generi, quello preferito (beninteso sessualmente determinato); non solo il pluralismo identitario; qui si va ben oltre; si giunge all’esaltazione, ci perdoni W. Heisenberg, dell’indeterminismo identitario, della metamorfosi perenne, del transito da una figura all’altra. Una trotskysta rivoluzione permanente, non della struttura sociale ma del proprio se. Ogni idea di stabilità dell’Essere annientata, ogni certezza esistenziale evaporata.
Sosteneva Marx che ciò che distingue l’uomo dagli altri animali — posto che essi non possono che ubbidire al loro imprinting biologico — è la sua essenza aperta e dinamica, aperta e dinamica poiché esso, non ha solo una natura biologica ma anche storico-sociale, ed era questa sua seconda pelle che giustifica l’apertura a nuovi orizzonti di possibilità, all’oltrepassamento del regno della necessità verso quello della libertà, di cui l’emancipazione universale, la liberazione dalle catene di una società fondata sul lavoro coatto. [2]
Ricaviamo, da quanto affermato da Marx, che l’essenza dell’Essere umano consiste in effetti una doppia natura, la prima biologica e la seconda storico-sociale. A differenza della teologia cattolica, tuttavia, non c’è tra esse ὁμοούσιος, non c’è identità consustanziale, quanto invece una tensione dialettica, oppositiva. Ci si dirà che stiamo riproponendo la teoria cartesiana delle due sostanze, res cogitans e res estensa, rispondiamo: sì a patto di liberarci dal dualismo radicale di Cartesio e di individuare non solo la correlazione stringente tra le due nature, ma di ammettere la loro storicità.
Noi non escludiamo affatto che l’uomo possa, come del resto sempre accaduto, modificare e migliorare il suo stesso aspetto biologico. Il fatto è che l’idea che si va facendo strada è una vera e propria inversione, un fatale capovolgimento dei fattori. Per parafrasare Bauman si insegue la chimera di una soluzione individualistica a problemi di natura eminentemente sociale. Se, come pensiamo, l’origine dell’irrequietezza e del disagio esistenziali hanno a che fare con l’alienazione e l’estraniazione che il tardo-capitalismo ha portato al loro massimo grado, non c’è soluzione che tenga se non quella di rivoluzionare i rapporti sociali.
Accade invece, con le nuove teorie gender, che non si pone in discussione il sistema sociale vigente, anzi, si considera che proprio grazie ad esso ed al posto preminente affidato alla tecno-scienza, sia possibile avventurarsi nel territorio incognito della mutazione di genere e biologica. Un surrogato, nulla di più, ma un surrogato devastante. Il passo dal fluid gender alla distopia cyborg, all’ibridazione uomo- macchina, è evidentemente breve. Siamo così all’ideologia transumanista abbracciata da buona parte dell’élite mondialista: per l’élite la distruzione creativa sul piano economico è anticamera di una distruzione ben più profonda, antropologica. Dalla concezione dell’essenza aperta e dinamica dell’Essere umano siamo giunti all’ideae della sua manipolazione come liberazione, come diritto che debba essere giuridicamente sancito.
Dio ce ne scampi.
NOTE
[1] «LGBTIQ+: Acronimo che indica lesbiche, gay, bisessuali, trans, intersessuali, queer. Il “+” ha un doppio significato: è un simbolo inclusivo che indica tutti gli orientamenti sessuali e identità di genere non etero e rappresenta inoltre l’inclusività delle persone sieropositive (HIV+).
Lesbica: una donna emotivamente e/o sessualmente attratta da altre donne.
Gay: un uomo emotivamente e/o sessualmente attratto da altri uomini.
Bisessuale: una persona sessualmente e/o sentimentalmente attratta da più di un solo genere.
Transgender: aggettivo spesso usato come sinonimo di trans*. In alternativa, è anche usato come identità in sé. A volte gli individui che vivono in un ruolo di genere diverso da quello assegnato alla nascita senza impegnarsi in alcun tipo di transizione medica si identificano come transgender. È un termine “politico”, cioè autoassegnato, in contrapposizione al termine “transessuale” che ha un’origine medica psichiatrica.
Intersex o intersessuale: una persona con caratteristiche (ormonali, morfologiche o genetiche) che non corrispondono (del tutto) alla descrizione medica di sesso maschile o femminile. Potrebbe sentirsi come un uomo o una donna o come una persona non binaria.
Queer: storicamente era un termine gergale dispregiativo usato per identificare le persone LGBTIQ+, è un termine che è stato abbracciato e rivendicato dalla comunità LGBTIQ+ come un simbolo di orgoglio, in rappresentanza di tutti gli individui che stanno fuori dalle “norme” su genere e sessualità; è un termine che rigetta completamente identità e definizioni.
Altri termini utilizzati sono:
Agender: una persona che non ha un allineamento personale né con il concetto di “uomo” né di “donna”, e quindi non si definisce in termine di genere (a volte chiamato anche di genere neutro o senza genere).
Androgino: un’espressione di genere che ha elementi sia di mascolinità che di femminilità.
Aromantic*: persona che non prova attrazione sentimentale verso altre persone.
Asessuale: una persona che generalmente non è sessualmente attratta da altre persone o sceglie di non svolgere attività sessuali.
Alleato/a: Una persona che non è LGBTIQ+ ma mostra supporto per le persone LGBTIQ+ e promuove l’uguaglianza in vari modi.
Bear: termine inglese che significa letteralmente “orso”. Nella cultura gay si utilizza per indicare uomini gay o bisessuali generalmente dalla corporatura robusta, spesso pelosi, caratterizzati da una espressione di genere mascolina.
Bifobia: la paura, la rabbia irragionevole, l’intolleranza e/o l’odio verso la bisessualità e le persone bisessuali.
Binario/Non-Binario: si riferisce al presupposto che esistono solo due generi: uomo e donna. Una persona non binaria è una persona che non si identifica come un uomo o una donna. Si potrebbe sentire come una persona non allineata con nessuno dei poli uomo/donna, che presenta sia elementi codificati come maschili, sia elementi codificati come femminili; potrebbe riconoscersi in un punto intermedio dello spettro di genere oppure sentirsi come estranea a questa definizione.
Cisgender: termine usato per descrivere una persona la cui identità di genere si allinea con quella tipicamente associata al sesso assegnato alla sua nascita.
Coming-out: dall’espressione inglese “coming out of the closet”, letteralmente “uscire dall’armadio”, significa dichiararsi, uscire allo scoperto. Indica il processo di riconoscimento, accettazione e rivelazione della propria identità come persona lesbica, gay, bisessuale, trans, intersessuale o altri orientamenti sessuali e identità di genere e della condivisione con altre persone.
Demisessuale: una persona che ha un’attrazione sessuale solo se è presente un’attrazione romantica o comunque un forte legame emotivo.
Eterosessuale: una persona che è sentimentalmente e sessualmente attratta da persone del genere percepito “opposto”.
GPA/ Gestazione per altri: è una tecnica di procreazione assistita dove una donna (gestante per altri), provvede alla gestazione per conto di una o più persone, il futuro genitore o genitori del nascituro. La fecondazione può essere effettuata sia con spermatozoo e ovuli della coppia sia attraverso donatrici e donatori attraverso il concepimento in vitro.
MtF/FtM: MtF : Transizione dal maschile al femminile. FtM : Transizione dal femminile al maschile
Omofobia: la paura o l’odio dell’omosessualità. In
un senso più ampio il mostrare disapprovazione per le persone o per le
relazioni LGBT * IQ (ad esempio qualcuno/a che si sente a disagio ad
accettare che qualcuno sia gay, lesbica, bisessuale o transgender).
Pansessuale: una persona che è sessualmente e/o sentimentalmente attratta da persone indipendentemente dal loro genere.
Polisessuale: una persona che è sessualmente e/o sentimentalmente attratta da diversi generi ma non tutti..
Riassegnazione di genere: procedure. Le procedure mediche che cambiano il corpo di una persona per meglio abbinarlo al loro genere (terapia ormonale, interventi chirurgici di cambiamento di sesso).
Sesso: si riferisce alle caratteristiche genetiche, biologiche e ormonali (organi riproduttivi, ormoni e cromosomi), solitamente descritte come “maschio” e “femmina”.
Surrogazione di maternità: vedi GPA
Transfobia: discriminazione o pregiudizio verso le persone trans basata sul semplice fatto di essere trans o legata all’espressione dell’identità di genere.
Transessuale: una persona che sperimenta una mancata corrispondenza tra il sesso con cui è nata e il genere nel quale si identifica. Alcune persone transessuali (ma non tutte) si sottopongono a trattamenti medici per abbinare il loro sesso fisico alla loro identità di genere.
Uomo Trans/Donna Trans: l’uomo trans ha fatto una transizione dal femminile al maschile e si identifica col pronome maschile (il trans); la donna trans ha fatto una transizione dal maschile al femminile e si identifica col pronome femminile (la trans)».
[2] «E infine la divisione del lavoro offre anche il primo esempio del fatto che fin tanto che gli uomini si trovano nella società naturale, fin tanto che esiste, quindi, la scissione fra interesse particolare e interesse comune, fin tanto che l’attività, quindi, è divisa non volontariamente ma naturalmente, l’azione propria dell’uomo diventa una potenza a lui estranea, che lo sovrasta, che lo soggioga, invece di essere da lui dominata. Cioè appena il lavoro comincia ad essere diviso ciascuno ha una sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e dalla quale non può sfuggire: è cacciatore, pescatore, o pastore, o critico, e tale deve restare se non vuol perdere i mezzi per vivere; laddove nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, cosí come mi vien voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico».
- Marx F. Engels, L’ideologia tedesca
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