giovedì 10 giugno 2021

Quando cadono tutti i punti di riferimento

 https://visionetv.it


L’ultima generazione ad aver avuto la fortuna di vedere il mondo di prima, cioè la società ancora relativamente ordinata e coesa costruita dalle generazioni precedenti, è stata quella dei nati nella seconda metà degli anni ’50 del Novecento. I nonni avevano fatto la Prima guerra mondiale, i genitori la Seconda; qualcuno le aveva fatte entrambe. Finita la guerra e iniziata la ricostruzione, nel 1950 era incominciato il boom che avrebbe portato l’Italia, nel corso di tre decenni, a diventare, sia pure per breve tempo, la quarta potenza economica mondiale. C’era molto fervore di vita, allora, c’era la povertà; c’erano le rovine recenti, quelle materiali e quelle morali, da ricostruire; c’erano i sacrifici, l’emigrazione che solo allora iniziava a fermarsi, il primo benessere che iniziava a manifestarsi, i primi lussi: la Vespa, poi la ‘500 e la ‘600, poi la 850 e la 1100. Le prime vacanze al mare o ai monti di una, due settimane; i grandi magazzini che si affiancavano, per il momento senza ucciderli, ai negozi e alle botteghe familiari; l’inizio del consumismo, ma in forme discrete, reso meno invasivo da una televisione di Stato ancora accettabile, anzi perfino buona.

Una scuola selettiva, ma non ingiusta; un’ottima università; degli studenti che a tredici anni sapevano tradurre Cesare e Cicerone, e degli artigiani che a diciotto erano già ben preparati e perfettamente pronti per entrare con discrete prospettive nel mondo del lavoro.

Era un mondo ordinato, e lo sarebbe stato ancora per pochissimo, perché ciascuno stava al suo posto e ciascuno sapeva esattamente cosa poteva aspettarsi dagli altri, dallo Stato e dalla Chiesa.

Il paziente sapeva di poter contare sul medico di famiglia, a qualsiasi ora: se necessario, nel caso del pediatra, anche di notte. La posta era puntuale e chi spediva una lettera sapeva che entro due o tre giorni sarebbe arrivata. Gli insegnanti ricevevano una visita in classe del direttore didattico o del preside verso la fine dell’anno, in base alla quale avrebbero avuto una valutazione e un punteggio. La classe politica era tutt’altro che eccelsa, però, nel complesso, onesta e abbastanza competente; c’erano politici colti che sapevano la Divina Commedia a memoria, e molti che puntavano a fare davvero il bene pubblico e l’interesse dell’Italia. C’erano gli scandali, ma ancora relativamente rari; e quando ne scoppiava uno, la carriera di quel personaggio era finita. La società non perdonava i bugiardi e i cialtroni. Il fedele che entrava in chiesa e ascoltava la santa Messa sapeva cosa avrebbe detto il prete nell’omelia e cosa avrebbe insegnato ai suoi figli al catechismo: la dottrina cattolica di sempre, secondo il magistero perenne. Niente discorsi sociali e meno ancora politici, o ambientalisti: ma Dio, la grazia, il peccato, la morte e il giudizio, il paradiso e l’inferno. Quelle cose tutti si aspettavano e quelle cose il sacerdote esponeva, con un linguaggio semplice e accessibile a tutti; nella Settimana Santa, poi, arrivavano dei famosi predicatori, di solito domenicani, e la folla si raccoglieva per ascoltarli, al punto che non c’era un posto libero nei banchi. Chi violava la legge, chi spacciava droga, chi vagabondava senza lavoro né residenza, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con la legge. E chi aveva intelligenza e buona volontà sapeva che avrebbe trovato un lavoro, sapeva che avrebbe potuto farsi strada nella vita, costruirsi una famiglia. C’era ancora parecchia povertà, ma la società era in crescita, si facevano bambini, si scommetteva sul futuro, e i padri sapevano che avrebbero lasciato ai figli un benessere assai maggiore di quello che avevano avuto loro.

Poi è arrivato il Vaticano II e la Chiesa si è arresa al mondo, è arrivato il 1968 e la scuola si è arresa alla demagogia; poi la guerra del Kippur e la prima crisi energetica; poi l’inizio del declino, dapprima lento, poi sempre più veloce, precipitoso dopo il 1992, con la svendita dell’Italia decisa sul Britannia.

La classe politica, spazzata via da Tangentopoli, è precipitata ai livelli infimi della corruzione e dell’incapacità; scuola e università sfornano asini diplomati e laureati, futuri disoccupati, dei cui titoli di studio gli imprenditori giustamente diffidano; le forze dell’ordine hanno pressoché rinunciato a far rispettare la legge nei quartieri e nelle periferie, invase da orde di stranieri giunti clandestinamente come falsi profughi, specie sapendo che i soliti magistrati di sinistra darebbero ragione ai delinquenti e torto a loro in ogni caso delicato; la mafia è ormai così potente da decidere la formazione dei governi e l’elezione dei presidenti; i giovani emigrano e i vecchi vanno in depressione; le città s’immiseriscono, i negozi chiudono, le famiglie si rimpiccioliscono, le città si svuotano e la sera paiono città fantasma, come dopo una guerra persa, popolate quasi solo da stranieri che spacciano droga e si prostituiscono; le persone perbene si chiudono in casa e s’incretiniscono davanti alla tv, divenuta completamente idiota e asservita al potere; i giornali, finanziati dallo Stato, vendono poche migliaia di copie e paiono scritti sulla falsariga di quelli della ex Repubblica Democratica Tedesca; nessuna notizia sgradita ai Padroni arriva sulle loro colonne o sulle reti tv; tutto è controllato e censurato; i siti e i blog scomodi vengono colpiti, Youtube rimuove i video, fioccano le querele per incitamento all’odio nei confronti di chi vuol far sapere le verità scomode.

Infine è arrivata la mazzata della falsa pandemia, l’emergenza sanitaria, il coprifuoco, la mascherina, i tamponi, il vaccino, le zone rosse, bianche e gialle, gli arresti domiciliari per tutti, la chiusura di alberghi, bar e ristoranti, il terrore sistematico, la delazione incoraggiata, il figlio che denuncia il padre medico contrario ai vaccini, la dottoressa che tratta sua madre da mentecatta  perché non si vuole vaccinare, le autorità sanitarie e scolastiche che esercitano pressioni enormi sui dipendenti e minacciano di licenziarli, i protocolli sanitari calati dall’alto che impediscono ai medici di curare i malati secondo scienza e coscienza e li riducono a meri esecutori di direttive illogiche e pericolose. I credenti cercano rifugio in chiesa, ma si trovano sbarrate le porte, sospesi i Sacramenti, negata la Messa di Natale; se possono entrare, devono mascherarsi e disinfettarsi, pena l’espulsione da parte del prete divenuto poliziotto; devono prendere l’Eucarestia sulla mano, cosa che ripugna a molti e li induce ad auto-escludersi piuttosto che subire una tale imposizione. Del resto, non è che nelle omelie del clero ci siano vere ragioni di cristiana speranza: sono monotoni sermoni globalisti, vaccinisti e migrazionisti; di tutto si parla, tranne che di Gesù Cristo e del destino eterno dell’anima. Molti vorrebbero trovare conforto nell’amicizia: ma come? E’ difficile vedersi, proibito fare tardi la sera, proibito andare al bar e sedere al tavolo in più di quattro; proibito, di fatto o di diritto, leggere il giornale e giocare a carte; proibito pranzare al ristorante se non all’esterno, mentre piove e tira vento. Inoltre, e questa è la cosa più dolorosa, molto amici si negano, rifiutano di aprire la porta, guardano l’amico in visita con sospetto e paura: temono il contagio, gli chiedono di tenere la mascherina, gli fanno capire che preferiscono star soli. Se dei bambini si mettono a dar quattro calci al pallone nel campetto sotto casa, c’è una vicina zelante che telefona ai carabinieri per porre fine allo sconcio. All’università non si va più, corsi ed esami solo a distanza: e quando si trovano i ragazzi, se studiano e fanno tutto da casa, e si laureano standosene in cucina? La depressione aleggia su tutti, i suicidi aumentano e così i disturbi del comportamento. In compenso, qui e là, la gente fa a botte e si registrano dei malori nella lunga attesa antelucana per ricevere il vaccino.

Sono saltati tutti i punti di riferimento: intellettuali, culturali, psicologici, morali, religiosi; ma non da oggi, né da ieri. È un processo che parte da lontano e che qui abbiamo riassunto in poche righe.

Non c’è più la patria, non ci sono i confini, la cittadinanza è di chiunque arrivi da chissà dove; non c’è la legge, la certezza del diritto, la protezione degli onesti; non c’è più posto per il piccolo commercio e la piccola impresa, ma solo per i colossi della grande distribuzione; non c’è la sanità, ma una macchina spietata, inesorabile, disposta a falsificare i dati, i certificati di morte, espellere il personale che non ci sta; non ci sono più le forze armate, in compenso si spediscono i soldati ai quattro angoli del mondo, a far da ascari per gl’interessi USA; non c’è più la Chiesa, non c’è il clero, non c’è la fede. Non c’è più nulla. Sono le cronache di una devastazione immensa, pressoché totale, di un Pese invaso, umiliato, imbavagliato, ridotto all’impotenza, consegnato ai suoi nemici, gli squali della grande finanza, che se lo comprano brano a brano, a prezzi di saldo.

Eppure non può finire così. La gente è confusa, smarrita, scoraggiata, ma non vinta, anche perché non c’è stata battaglia, nessuno ha combattuto e il nemico trionfa senza aver dovuto lottare. Ma famiglie ancora sane, ci sono; insegnanti, medici, poliziotti, magistrati onesti e bramosi di far qualcosa per rimediare al disastro, ci sono; ci sono anche veri credenti e veri sacerdoti, finora dispersi e quasi confinati nelle catacombe, ma pronti a uscirne e spiegare la bandiera della riscossa, se solo trovano un vero pastore capace di rianimare il gregge, in luogo dei lupi travestiti da pastori che hanno fin qui spadroneggiato e flirtato col mondo, il vizio, la massoneria e la finanza. La gente non si vuol rassegnare; i credenti non vogliono più vedere un ”papa” che posa col club dei Rothschild e sottoscrive i comunicati di Davos. Si meritano un’Italia migliore, un mondo migliore. Su, coraggio!

Francesco Lamendola

Nato a Udine nel 1956. Laureato in Materie Letterarie e in Filosofia, è abilitato in Storia, Storia dell’Arte e Psicologia Sociale e insegna da oltre 40 ann

Nessun commento:

Posta un commento