mercoledì 2 giugno 2021

Il destino della più grande miniera di litio al mondo.

Nella nuova società globalizzata trainata dal turbocapitalismo finanziario, i rapporti di forza fra i singoli stati e le grandi corporation sono ormai mutati radicalmente e si muovono su un piano inclinato dove il potere economico e politico di queste ultime sovrasta di gran lunga quello delle nazioni, che sono state costrette progressivamente a svendere la propria sovranità e si ritrovano sempre più limitate nella loro capacità di movimento.


Le conseguenze di questa situazione sono evidenti in moltissimi settori, che spaziano dallo sfruttamento delle risorse a quello della sanità pubblica, passando attraverso qualsiasi elemento della sfera economica.

Un esempio che dovrebbe farci comprendere lo stato delle cose è senza dubbio costituito da quanto sta accadendo in Messico.
Nello stato di Sonora, all’interno della sierra Occidentale, non lontano dal confine con gli Stati Uniti, tre anni orsono è stata scoperta la più grande miniera di litio esistente al mondo e le estrazioni potrebbero iniziare già entro la fine del 2021.

Il litio, non a caso ribattezzato “nuovo petrolio” è un metallo usato in molteplici ambiti che spaziano dalla costruzione delle batterie alle centrali nucleari, passando attraverso i trattamenti farmacologici. La sua richiesta sul mercato sta continuando ad aumentare in maniera esponenziale, basti pensare che il suo prezzo è aumentato dell’88% solamente nel corso dell’ultimo anno, fino ad arrivare ai 12mila dollari a tonnellata.

In virtù di ciò i 243 milioni di tonnellate stimati all’interno del giacimento in questione potrebbero fruttare al Messico una cifra che rappresenta 4,5 volte l’intero debito estero del Paese centroamericano.
In parole povere grazie allo sfruttamento del giacimento di Sonora, il Messico, dove attualmente la percentuale di povertà si aggira intorno al 40%, potrebbe risolvere buona parte dei propri problemi economici e costruire un futuro radioso.

Per molti versi potrebbe sembrare quasi una bella favola, che però cessa di essere tale dal momento che due corporation, la britannica Bacanora Lithium e la cinese Gangfeng, che hanno condotto le esplorazioni e i carotaggi attraverso i quali è stato scoperto il giacimento, si sono aggiudicate la concessione dello stesso per i prossimi 50 anni.

Resosi pienamente conto della situazione, il governo messicano, capeggiato dal presidente Andrès Manuel Lopez Obrador, sta cercando di trovare un mezzo che gli consenta di tornare in possesso del giacimento e del flusso miliardario di denaro che ne deriverà negli anni a venire. La via potrebbe essere quella di un processo di nazionalizzazione dei settori energetici e del litio, sulla falsariga di quanto tentato in Bolivia da Evo Morales nel 2008, ma si tratta senza dubbio di una strada in salita attraverso un percorso irto di ostacoli.

Innanzitutto estrarre e produrre in autonomia litio di qualità su scala industriale non è un processo così semplice, come sta a dimostrare proprio l’esperienza boliviana dove Morales fu costretto a ricorrere a dei partner stranieri per riuscire nell’intento.
In secondo luogo le due multinazionali che hanno ottenuto la concessione non sono affatto disposte a perdere un affare miliardario di questa portata e si dichiarano pronte a dare battaglia, facendo leva sugli investimenti che hanno sostenuto per arrivare alla scoperta del giacimento e confidando sugli umori della classe imprenditoriale messicana che è in parte riluttante nei confronti delle nazionalizzazioni.

La questione insomma è più aperta che mai, ma la sensazione preminente è quella che anche questa volta, come quasi sempre accade in casi del genere, i profitti miliardari saranno raccolti dalle multinazionali, mentre allo Stato che possiede le risorse resteranno le briciole o poco più.

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