martedì 16 marzo 2021

Differenza tra Cannabis Indica e Sativa: facciamo chiarezza

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I termini “indica” e “sativa” vengono spesso usati per distinguere due piante di cannabis che presentano caratteristiche differenti. Qual è il loro significato? Ma soprattutto, sono davvero utili?

Origine e significato dei termini Indica e Sativa

I primi ad usare questi due termini sono stati i più illustri botanici del ‘700, nel tentativo di classificare la pianta di cannabis. All’epoca si potevano osservare due tipi ben distinti di piante per morfologia e origine geografica: una pianta proveniente dall’Asia centrale e dal subcontinente indiano, caratterizzata da una bassa statura, da foglie larghe e con un potente effetto intossicante e una pianta molto alta di forma allungata, con foglie strette e per lo più usata come fonte di fibra. Questi due diversi gruppi di piante sono stati considerati da alcuni studiosi dell’epoca (es. Lamark 1744-1829) come due specie diverse, rispettivamente Cannabis Indica e Cannabis sativa. Altri, come il padre della classificazione scientifica degli esseri viventi, Carlo Linneo (1707-1778), tendono invece ad unificarli sotto la stessa specie, la Cannabis sativa, dando importanza al fatto che tutte le piante di cannabis hanno la capacità di fecondarsi tra loro e produrre progenie sana [4]. Quest’ultima linea di pensiero è la più seguita al giorno d’oggi. In letteratura, per indicare la cannabis con il suo nome scientifico, troviamo l’espressione “Cannabis sativa L., dove L. sta appunto per Linneus.

Perché vengono ancora usati i termini “Indica” e “Sativa”?

Linneo Cannabis Sativa
In Figura, l’opera di Carlo Linneo, pubblicata nel 1753, che costituì il punto di partenza della moderna nomenclatura botanica e dove si trova per la prima volta la dicitura “Cannabis sativa”.

I termini indica e sativa (intesi come sottospecie della Cannabis sativa) hanno continuato a circolare per indicare piante che, in effetti, mostravano tratti completamente diversi tra di loro. Le aziende del settore, specialmente di quello semenziero, hanno recuperato questi termini per distinguere i loro prodotti. Le specifiche sull’aspetto della pianta erano molto utili al cliente per regolarsi nell’autocoltivazione.

Nel corso del tempo, al significato originale dei termini, sono stati aggiunte anche caratteristiche riguardanti gli effetti provocati a seguito del loro consumo. Alcuni effetti intossicanti, infatti, sembravano tipici delle singole categorie: all’assunzione di piante di indica sono stati ricondotti effetti più incentrati sul corpo uniti ad un forte senso di rilassamento, invece, alle piante di sativa sono stati associati effetti eccitanti ricondotti più all’euforia. Questa caratteristica sembrava essere dovuta ad un diverso rapporto tra il THC e il CBD all’interno della pianta (Indica CBD>THC; Sativa THC>CBD).

Quando le parole rischiano di creare confusione

Anche se molto a rilento, gli studi scientifici hanno dato qualche risposta ad alcuni dubbi che negli anni hanno accompagnato questi termini. Per esempio, è emersa l’evidente incorrettezza nel tentativo di collegare l’effetto intossicante della pianta alle sue caratteristiche morfologiche. La verità è che piante con aspetto molto simile possono avere un contenuto di principi attivi completamente diverso [1]. La poca chiarezza sul reale contenuto di molecole attive, e quindi dell’effetto intossicante della pianta, ha rappresentato e rappresenta un fattore di rischio per il consumatore, che spesso compra il prodotto per fini terapeutici.

In secondo luogo, negli anni le piante hanno subito una trasformazione. In questo, un importante ruolo lo hanno avuto gli incroci, utilizzati nei piani di miglioramento genetico per creare nuove varietà. Le caratteristiche una volta così marcate e distintive dell’indica e della sativa si sono cominciate ad attenuare, rendendo la loro distinzione non più tanto semplice. Oggi si trovano le denominazioni commerciali “indica-dominante” e “sativa-dominante”, proprio per indicare piante che presentano caratteristiche non completamente distintive, ma più vicine all’una o all’altra categoria.

Come finirà?

Molti esponenti di spicco del mondo della cannabis, come Ethan Russo [2] e Ernest Small [3], consigliano di abbandonare i termini Indica e Sativa, e focalizzarsi, invece, sul contenuto di principi attivi della pianta.

Priorità dei prossimi anni sarà quindi definire una classificazione universale per la pianta di cannabis e i suoi derivati. Questa dovrà essere semplice, molto informativa per il consumatore e soprattutto essere fondata su solide basi scientifiche.

Alessandro Conca – Biotecnologo

Bibliografia:

1. Elzinga S., Fischedick J., Podkolinski R. and Raber JC. “Cannabinoids and Terpenes as Chemotaxonomic Markers in Cannabis”, 2015. Natural Products Chemistry & Research.

2. Daniele Piomelli and Ethan B. Russo. “The Cannabis sativa Versus Cannabis indica Debate: An Interview with Ethan Russo, MD”, 2016. Cannabis and Cannabinoid Research.

3. Ernest Small. “Cannabinoid Phenotypes in Cannabis sativa”, 1973. Nature.

4. John M. McPartland. “Cannabis sativa and Cannabis indica versus “Sativa” and “Indica”, 2017. Botany and Biotechnology.

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