mercoledì 31 marzo 2021

Astra Zeneca sotto falso nome

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Anna Lombroso per il Simplicissimus

C’era una vecchia barzelletta, innocente rispetto all’odierno sdoganamento degli affetti dalla sindrome di de la Tourette: racconta di un poveruomo di nome Lorenzo Culone, sbeffeggiato perciò fin da scolaretto, che incontra un amico all’uscita dall’anagrafe e gli fa tutto soddisfatto, basta ho messo fine alle mie pene e ho cambiato nome! E quello: e come ti chiami adesso? E lui: adesso finalmente mi chiamo Roberto Culone!

Ce n’è stata di gente nella storia che sulla via della redenzione o della fuga all’estero verso paradisi fiscali, della galera come Edmond Dantès, o della corte marziale, del plotone d’esecuzione, o del matrimonio infelice e dei bilanci aziendali manomessi, ha sperato che cambiare nome significasse fare come Mattia Pascal, aprirsi a una nuova vita monda e integra, far dimenticare e dimenticare delitti o viltà, reati o furti.

Chi di noi non ha pensato almeno una volta di sfuggire alla Sciarelli, di darsi alla macchia, di andare da uno di quei pericolosi ometti che nel retro di una tipografia in cambio di una frusciante mazzetta confeziona documenti, passaporti, patenti, tessere sanitarie false. E chi non ha pensato al rischio di rispondere quando,   già arrivato a Zanzibar o in Australia -mete di questi tempi più accessibili di Monteriggioni o SanCandido – qualcuno ti chiama col tuo vecchio nome e tu incauto ti giri scoprendo che è dell’Fbi o dell’Agenzia delle Entrate, o tuo cognato col telefonino pronto per immortalarti.

Chissà se ci ha pensato Astra Zeneca  quando ha deciso di cambiare vita – o morte? – grazie alla nuova denominazione del suo vaccino anti-Covid  che, grazie alla tempestiva autorizzazione dell’Ema, ora si chiama “Vaxzevria“. Il preparato rimane invariato, mentre viene aggiornato il bugiardino del farmaco: il nuovo corso si rivela con l’aggiunta  tra gli effetti collaterali di “rarissimi casi di trombosi”.

Si sa che l’azienda nata nel 1999 è il risultato di una fusione  Astra AB, società svedese con sede a Södertälje, e la Zeneca Group PLC, società inglese nata a Londra. E si è conosciuta poi la genesi del nome: Astra  scelto dagli svedesi nel 1913 ispirandosi alle stelle  nell’etimologia latina e greca. Più complessa fu la genesi di Zeneca: quando nel 1993 la nuova società farmaceutica britannica si staccò dalle Imperial Chemical Industries (ICI), fu chiesto a un’agenzia di inventare un nome. L’indicazione era che doveva  cominciare con una lettera dell’inizio o della fine dell’alfabeto, che restasse impresso, che non avesse più di tre sillabe e che non risultasse “offensivo” in nessuna lingua. 

E difatti non è certo il nome che offende, ciononostante l’impresa presente in un centinaio di Paesi, con 23 siti produttivi e 57.000 dipendenti, di cui 650 in Italia, ha pensato bene di effettuare un camouflage di quelli che aiutano la rimozione, scegliendo una denominazione che pare il prodotto di un gatto che corre sulla tastiera del pc, o un antieroe di Millenium, sperando che la sua astrusità ne favorisca l’uscita dalle cronache quotidiane proprio come quando la Boschi e Renzi sperarono l’eclissi di Zagrebelsky costituzionalista, molesto difensore del No.

 Così  il “Vaxzevria”  potrà circolare, senza voltare la testa se qualche anziano si azzardasse a chiamarlo “vaccino” per strada davanti a una caserma o una farmacia.  o se un giudice a Berlino, come è successo, ne vieta la somministrazione in via precauzionale, per via di casi accertati di trombosi.

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