lunedì 1 marzo 2021

Conferenza in Arabia Saudita: le parole di Renzi gettano altra benzina sul fuoco.

Critici avversari, alleati e giuristi.


infosannio.com (di Giacomo Salvini – Il Fatto Quotidiano) 

Non solo Matteo Renzi con la sua e-news di sabato sera non ha “chiarito” sulla sua partecipazione di fine gennaio a una conferenza in Arabia Saudita con il principe Mohammed bin Salman, ma se possibile le parole del senatore di Scandicci hanno gettato altra benzina sul fuoco. Sia per il modo – un’autointervista – sia per il messaggio che non ha convinto politici e giuristi: “Non solo è giusto intrattenere rapporti con l’Arabia Saudita, ma è anche necessario” ha scritto Renzi sabato sera definendo quel paese un “baluardo contro l’estremismo islamico”. La replica del senatore fiorentino, che ieri ha annunciato querele contro Il Fatto, non è piaciuta ai suoi avversari ma nemmeno ai suoi alleati politici. La leader di FdI Giorgia Meloni critica il senatore fiorentino reo di aver “elogiato servilmente” il principe MbS, accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Kashoggi. E, dopo la e-news di sabato, ad attaccare l’ex premier non c’è solo l’ala zingarettiana del Pd ma anche Base Riformista, corrente di Luca Lotti e Lorenzo Guerini da sempre vicina a Renzi.

Il portavoce di Br Andrea Romano parla di “doppia irresponsabilità” da parte di Renzi: “Un’irresponsabilità politica nell’aver definito ‘rinascimentale’ un regime oppressivo e l’irresponsabilità morale e istituzionale del ricevere un compenso da una dittatura straniera mentre si svolgono le funzioni di senatore”. Ed è proprio sul tema del compenso – fino a 80.000 dollari all’anno per sedere nel board della fondazione saudita Fii – che sia l’economista Carlo Cottarelli sia Carlo Calenda, con cui Renzi dovrebbe formare il polo centrista, attaccano l’ex premier chiedendo una norma “che vieti a un rappresentante in carica di percepire soldi direttamente o indirettamente da un governo straniero”.

La questione però assume anche un problema costituzionale. Se l’ex senatore Ds Gian Giacomo Migone ha inviato una lettera (che pubblichiamo qui sotto) alla presidente del Senato Casellati per chiederle di applicare l’articolo 54 della Costituzione, il costituzionalista dell’Università di Pisa Andrea Pertici spiega che il caso deve essere considerato alla luce dell’articolo 67, secondo cui “ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione”. “Un parlamentare, al quale la Costituzione affida la rappresentanza della nazione – spiega Pertici al Fatto – non dovrebbe poter lavorare per uno Stato straniero o istituzioni da questo dipendenti”. Quindi, “anche se purtroppo mancano specifiche disposizioni di legge sul conflitto d’interessi – continua il costituzionalista – il problema di intrattenere rapporti di lavoro con Stati stranieri o loro istituzioni, anche finanziarie, si pone. E ciò a prescindere dal fatto che siano più o meno democratici”. Ciò non ha a che fare con i rapporti diplomatici, conclude Pertici, “che sono curati dalle istituzioni (a partire dal Governo) e non possono certamente passare attraverso incarichi assunti privatamente da singoli parlamentari”.

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