Porti chiusi, porti aperti.
Che
strano paese, è diventato, l’Italia. Un paese dove i porti sono chiusi
ai migranti soccorsi in mare, con un ministro dell’interno che ha una
crisi isterica quando quattro disgraziati riescono a sbarcare comunque,
aiutati da quegli italiani che si ricordano del proprio paese com’era:
una nazione aperta e accogliente, magari un po’ disorganizzata, ma che –
memore di un recente passato di dolorosa emigrazione in tutto il mondo –
era pronta a compensare idealmente le nazioni che ci accolsero nel
‘900, comportandosi allo stesso modo.
Magari
più da matrigna che da madre, mugugnando come fecero in Belgio o in
Svizzera o in Germania, ma conscia che – senza migranti – una nazione
vecchia e prospera – come l’attuale Italia – è destinata a scomparire.
Un
paese dove sempre lo stesso ministro dell’interno fa l’antimafia da
parata solo il 25 aprile, dove se avesse un minimo di decenza politica
dovrebbe fare altro.
Un paese dove però un terzo dei votanti alle Europee gli dà ragione, et sic est.
Un
paese con i porti apertissimi quando si tratta di imbarcare e
commerciare in armi, dirette verso apocalissi belliche come lo Yemen o
in passato la Siria. Dove sono i camalli di Genova a dover impedire il
commercio di armi, mentre i mercanti d’armi poi, con la complicità del
Governo, eludono la sorveglianza dei lavoratori e completano il loro
orribile carico da un porto della Sardegna.
Un
paese con i porti apertissimi quando si tratta di far entrare enormi
transatlantici nella più fragile e preziosa Laguna d’Europa, quella di
Venezia. E continua con lo sfruttamento di turisti trattati come polli
da spennare, e chissenefrega se fra pochi decenni il gioiello Venezia
sarà rovinato.
Loro
– gli astuti governanti di ieri, degni di quelli di oggi – hanno
investito miliardi di euro nel MOSE, la grande opera più inutile e
malavitosa della Storia contemporanea.
Forse
per spirito di emulazione, sempre lo stesso ministro dell’interno
“adotta” una grande opera che nelle intenzioni si preannuncia molto più
costosa, inutile e malavitosa del MOSE, cioè il buco nella montagna
della Valsusa per far passare un inutile treno merci: lo chiamano ancora
TAV, quando con l’alta velocità per passeggeri non ha più niente a che
vedere, per cercare di truffare ancora una volta gli italiani.
L’Italia
è un paese i cui governanti hanno il coraggio di dichiarare “porto
sicuro” una disgraziata non-nazione come l’attuale Libia, opportunamente
progettata e finanziata dal signor Minniti come l’attuale inferno in
cui un migrante su due, fra quelli che hanno la disgrazia di esservi
recapitati “al mittente” muore.
Uno su due forse non impressiona molto: diciamo un milione ogni due milioni, è una cifra più rispondente alla realtà.
Nel
frattempo, i due fini politici umanitari Minniti e Salvini fanno a gara
nel rivendicare chi ha abbattuto di più gli sbarchi di migranti,
dimenticandosi di citare l’altro dato: uno su quattro – di quegli esseri
umani – muore.
Perchè muore? Per fatalità?
No.
Per le condizioni terribili nelle quali è costretto ad affrontare il
viaggio, carne umana da macello fra i complici libici ed italiani, che
hanno allestito, in Libia e nel Mediterraneo, la più terribile mattanza
umana che la storia ricordi in Europa dopo il 1945.
L’Italia
è un paese di cui vergognarsi. Con governi, attuali e degli ultimi
decenni, di cui vergognarsi. Verrà un momento in futuro in cui l’Italia
sarà chiamata a rispondere di queste stragi inumane: e l’opinione
pubblica mondiale ci chiederà come facevamo a far finta di non sapere,
come i civili tedeschi durante le stragi naziste.
Cosa risponderemo? Risponderemo “prima gli italiani?”
Certamente: gli italiani primi in Europa nella responsabilità terribile della più grande strage del ventunesimo secolo.
Gli italiani che tanto inorridirono per i lager nazisti, primi finanziatori dei lager libici.
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