I parlamentari sulla nave dell'Ong a largo di Lampedusa raccontano: "Il caldo è atroce, fa uscire di senno. Persone tranquille in un attimo esplodono in disperazione".
Sotto
il sole cocente di Lampedusa, protetti solo da un tendalino che nulla
può contro il caldo atroce che annebbia la vista. Accampati sul pontile,
i quaranta migranti che da più di due settimane vivono sulla Sea Watch
non capiscono perché non li facciano sbarcare. Sono avviliti: vedono di
fronte a loro Lampedusa, quasi possono afferrarla con la mano.
L’incomprensione alimenta la disperazione, che aumenta ogni minuto che
passa. L’unica idea, chiara, che si fa largo a bordo è che per poter
scendere devi stare male. E più stai male più sono le chance di toccare
terra. Come il ragazzo trasportato stanotte a Lampedusa per i dolori
insopportabili all’addome, “forse è una peritonite o anche peggio”,
girava voce sulla Sea Watch.
“Qui gli attimi di normalità si alternano a scoppi di angoscia, la paura è che da un momento all’altro qualcuno si butti in acqua e inizi a nuotare verso il porto”. Matteo Orfini è uno dei cinque parlamentari italiani che hanno trascorso la notte a bordo della nave dell’Ong tedesca: “Questa imbarcazione non è fatta per ospitare persone, è fatta per salvarle e basta. I servizi igienici non bastano per tutti, il caldo è insopportabile, si vedono situazioni davvero critiche. Stress fisico, ma soprattutto psicologico che porta le persone, un attimo prima tranquille, a esplodere in momenti di disperazione straziante”, racconta ad HuffPost.
“Qui gli attimi di normalità si alternano a scoppi di angoscia, la paura è che da un momento all’altro qualcuno si butti in acqua e inizi a nuotare verso il porto”. Matteo Orfini è uno dei cinque parlamentari italiani che hanno trascorso la notte a bordo della nave dell’Ong tedesca: “Questa imbarcazione non è fatta per ospitare persone, è fatta per salvarle e basta. I servizi igienici non bastano per tutti, il caldo è insopportabile, si vedono situazioni davvero critiche. Stress fisico, ma soprattutto psicologico che porta le persone, un attimo prima tranquille, a esplodere in momenti di disperazione straziante”, racconta ad HuffPost.
Ai
parlamentari il servizio d’ordine della nave ha chiesto di fare la
guardia per controllare che nessuno compia atti estremi: come gettarsi
oltre il parapetto o procurarsi lesioni gravi pur di convincere le
autorità a farli sbarcare. A un passo dalla pazzia collettiva: “Il caldo
fa uscire di senno, il porto è qui di fronte, lo vedo mentre ti parlo.
Le persone a bordo non capiscono perché. E questo incrementa lo stress
psicologico”.
Una situazione pronta a esplodere, senza nemmeno un motivo specifico se non l’inerzia di una condizione che va peggiorando.
Negli stessi minuti arriva a bordo la notizia che la capitana della Sea Watch Carola Rackete è indagata dalla procura di Agrigento per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
“Non c’è particolare sconforto per il momento, era una notizia attesa d’altronde”, continua Orfini. Quello che conta ora è che i migranti scendano al più presto. “Quello che sulla terraferma non si percepisce è che la nave non è attrezzata per tutte queste persone, non ci sono posti per farli dormire, non ci sono bagni a sufficienza, non c’è riparo, se non una tenda, dal sole che fa perdere la lucidità. La situazione è ingestibile”.
“Dopo il caso di stanotte del ragazzo fatto scendere con il fratello per i dolori, sempre più persone si stanno convincendo che l’unico modo per arrivare a terra è stare male”, dice ad HP Riccardo Magi, anche lui membro della delegazione parlamentare a bordo della Sea Watch.
“Questo spiega bene lo stato di necessità che ha portato la capitana Carola a forzare il divieto di entrare in acque italiane. Col tempo sarà appurato che la Sea Watch non ha violato il diritto internazionale, ma ora conta solo portare le persone al sicuro. E qui non lo sono”.
Una situazione pronta a esplodere, senza nemmeno un motivo specifico se non l’inerzia di una condizione che va peggiorando.
Negli stessi minuti arriva a bordo la notizia che la capitana della Sea Watch Carola Rackete è indagata dalla procura di Agrigento per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
“Non c’è particolare sconforto per il momento, era una notizia attesa d’altronde”, continua Orfini. Quello che conta ora è che i migranti scendano al più presto. “Quello che sulla terraferma non si percepisce è che la nave non è attrezzata per tutte queste persone, non ci sono posti per farli dormire, non ci sono bagni a sufficienza, non c’è riparo, se non una tenda, dal sole che fa perdere la lucidità. La situazione è ingestibile”.
“Dopo il caso di stanotte del ragazzo fatto scendere con il fratello per i dolori, sempre più persone si stanno convincendo che l’unico modo per arrivare a terra è stare male”, dice ad HP Riccardo Magi, anche lui membro della delegazione parlamentare a bordo della Sea Watch.
“Questo spiega bene lo stato di necessità che ha portato la capitana Carola a forzare il divieto di entrare in acque italiane. Col tempo sarà appurato che la Sea Watch non ha violato il diritto internazionale, ma ora conta solo portare le persone al sicuro. E qui non lo sono”.
Sulla
nave si è tornato a sperare in una soluzione dopo che una manciata di
Paesi europei si è fatta avanti per la distribuzione delle persone a
bordo. “Non possono più stare qui, devono scendere al più presto”, dice
ancora Magi.
La distribuzione però avverrà solo dopo lo sbarco, fanno sapere da Bruxelles. Una condizione che al ministro dell’Interno Matteo Salvini forse non piacerà: pretende impegni chiari e precisi da parte degli altri Stati Ue prima di autorizzare la nave a entrare nel porto.
Nel frattempo i quaranta migranti restano a fissare da lontano Lampedusa, accampati alla meglio sul pontile. Sanno cosa stanno aspettando da 15 giorni: il permesso di scendere. Quello che non sanno è perché.
La distribuzione però avverrà solo dopo lo sbarco, fanno sapere da Bruxelles. Una condizione che al ministro dell’Interno Matteo Salvini forse non piacerà: pretende impegni chiari e precisi da parte degli altri Stati Ue prima di autorizzare la nave a entrare nel porto.
Nel frattempo i quaranta migranti restano a fissare da lontano Lampedusa, accampati alla meglio sul pontile. Sanno cosa stanno aspettando da 15 giorni: il permesso di scendere. Quello che non sanno è perché.
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