Carola Rackete è una donna coraggiosa e solidale che sfida l’arresto per restituire la vita ai naufraghi che è andata a salvare. Matteo Salvini è un uomo vigliacco e cinico che si è sottratto al processo che lo vedeva imputato, per continuare a destinare a morte e tortura i profughi sulla cui dannazione ha costruito la sua carriera. Ai piedi di Salvini si è radunato un esercito, in parte organizzato, in parte spontaneo, di persone che con un linguaggio violento, maschilista e volgare – come si evince dalla sua onnipresenza sul web – sembra ritenere che il proprio futuro dipenda dall’abbandono, dall’annegamento, dalla tortura e dallo stupro di migliaia di altri esseri umani. Ciò che accade al di là dei patri confini non li interessa: il ruolo di aguzzini per ora lo delegano ad altri (anche quando a farne le spese sono degli italiani come Giulio Regeni. In quel caso il motto è «prima gli affari»; o «prima gli egiziani»). Domani – come insegna la storia – potrebbe toccare a loro la parte delle vittime, oppure quella di «volonterosi carnefici».
Intorno a Carola si stanno invece raccogliendo – come già intorno alla mite figura di Mimmo Lucano – tutte le persone che pongono il valore della vita umana al di sopra di ogni altra considerazione; e necessariamente ne nasce un aspro confronto con i seguaci di Salvini. Il primo impatto è con il loro linguaggio maschilista e razzista. Ne abbiamo orrore, anche perché sappiamo che quelle parole, quei tweet, trasportano violenza vera; un universo di orrore, un disprezzo per la vita – quella altrui, ma alla fine anche la propria – che dilaga in ogni angolo della nostra comune esistenza.
Ci troviamo così di fronte a un vero «scontro di civiltà» (Carola e Salvini ne sono i simboli) che non separa nazioni, religioni o continenti, ma persone che vivono una accanto all’altra (gli «italiani»: non tutti amati da Salvini che finge invece di volerli difendere tutti) e persino all’interno di ciascuno di noi, o di alcune delle persone che frequentiamo, che per lo più non sono della Lega. E a dover fare i conti con gli argomenti che stanno all’origine di quello scontro di civiltà: «non possiamo accogliere tutti», «non c’è posto», «perché non se ne stanno a casa loro?» e, come alibi, ormai in disuso, «aiutiamoli a casa loro». Abbiamo delle risposte? Sì, ma escono dal seminato mainstream: quello che martellano tutti i giorni politici, media e «giornaloni» (compreso quello di Travaglio, che sul punto è allineato con quelli che finge di combattere).
Intanto Salvini, che strilla tutti i giorni contro gli altri Governi dell’Unione europea – tranne quelli che più si adoperano per affondare sia lui che l’Italia – sta rendendo loro un gran servizio: caricare su di sé la responsabilità di una politica di respingimenti promossa in realtà al gran completo proprio da quell’Europa dell’austerità che Salvini finge di combattere; una politica alimentata da Frontex (ora Agenzia europea della guardia di frontiera costiera) in combutta con tutti i servizi segreti degli Stati membri. Insomma, gli leva le castagne dal fuoco. Ma né Salvini né l’Ue fermeranno il flusso dei profughi. Non li fermano nemmeno ora: arrivano a Lampedusa a centinaia ogni settimana e lui non lo dice; ma arriveranno sempre di più quanto più peggioreranno le condizioni dei loro paesi di origine per via di guerre e dittature provocate dal saccheggio dei loro territori e dal degrado generato dal cambiamento climatico: imputabile non a loro ma alle economie dei paesi «sviluppati» ed «emergenti». E anche qui la politica di Salvini, che è un negazionista climatico, si sposa con quella dell’Ue, che invece si professa fedele agli accordi di Parigi, ma che li rinnega ogni giorno con le sue politiche, nonostante che i climatologi avvertano che abbiamo solo più pochi anni per impedire che il clima che ha reso possibile la vita della specie umana sulla Terra cambi in modo irreversibile.
E così, avanti con guerre, fabbricazione e vendita di armi, pompaggio di idrocarburi, gasdotti, autostrade, gallerie, olimpiadi, «grandi opere», ecc. Quello scontro di civiltà che ora percepiamo attraverso i suoi simboli (Carola e Salvini) si salda qui alle sue radici reali: se non preserviamo il pianeta non salviamo nemmeno la vita delle prossime generazioni, moltiplichiamo i profughi che cercano un luogo in cui trovare riparo, degradiamo la convivenza, ci arrendiamo al cinismo dilagante, trasformiamo la Fortezza Europa in un carcere per tutti, noi compresi.
Abbiamo poco tempo; ma solidarietà e rispetto per chi sta peggio di noi, e soffre più di noi, sono condizioni ineludibili del rispetto per noi stessi e per chi ci vive accanto. Entrambi si radicano nel rispetto per la Terra e per l’ambiente, visti non più come una miniera da sfruttare, bensì come nostri compagni di viaggio i cui cicli vitali vanno salvaguardati. Per farlo occorre innanzitutto invertire il trend precipitoso dei cambiamenti climatici in corso con la conversione ecologica: grandi piani di investimenti che possono offrire nuove e più accettabili occasioni di lavoro a tutti, compresi i tanti o pochi migranti che arriveranno in Europa, che avrà sempre più bisogno di loro; ma soprattutto che possono permettere ai migranti che vorranno (e lo vogliono in molti) far ritorno liberamente nelle loro terre di origine, o alternarsi tra l’Europa e il loro paese, di contribuire anche là alla rigenerazione ambientale e sociale dei loro massacrati territori.
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