Fondi Ue, spesi male o truffati: la Sicilia dovrà restituire a Bruxelles 380 milioniLa Sicilia ridotta in mutande “brucia” la bellezza di 380 milioni di euro.
Fondi europei spesi male, in modo irregolare o tramite delle vere e proprie truffe.
E così, la Regione – che è stata dipinta a tinte scurissime dalla Banca d’Italia pochi giorni fa – dovrà restituire quella montagna di finanziamenti. E adesso il governatore siciliano Nello Musumeci tuona: “Chi ha sbagliato deve pagare”.
E certamente qualcuno che ha sbagliato c’è. 
E almeno dal punto di vista politico è anche facilmente individuabile.
Sono gli anni dei governi di Salvatore Cuffaro, poi anche condannato per favoreggiamento a Cosa nostra. 
Sono gli anni in cui a governare l’Isola erano molte delle forze politiche che, pur avendo magari nel frattempo cambiato nome, sostengono oggi il governo di Palazzo d’Orleans.

Il ‘danno’ 15 anni fa – Il salatissimo conto presentato dall’Unione europea è il frutto di una lunga querelle. L’ultima puntata è appunto la decisione con cui la Corte Ue ha respinto definitivamente il ricorso dell’Italia contro il taglio di circa 380 milioni di euro ai fondi europei per la Sicilia previsti dalla programmazione 2000-2006, a causa delle gravi carenze nella gestione e nei controlli. A partire dal 2005 la Commissione aveva riscontrato varie irregolarità, alcune accertate dall’Olaf, l’organismo europeo anti frode. Il 17 dicembre 2015, la Commissione ha ritenuto quindi che il contributo finanziario dovesse essere ridotto di 380 milioni. L’Italia ha prima presentato un ricorso al Tribunale dell’Unione europea, rigettato il 25 gennaio 2018, poi ha impugnato la sentenza davanti alla Corte di giustizia, che oggi ha respinto il ricorso. Insomma, i soldi sono bruciati. “Continuiamo a pagare errori del passato per una cattiva gestione finanziaria. Miliardi di euro sottratti al territorio”, ha aggiunto Musumeci.
“Uno schiaffo ai siciliani”-  Ma dalle opposizioni non sono mancate le bordate. Di “schiaffo ai siciliani” parla ad esempio l’eurodeputato Ignazio Corrao: “I fatti – aggiunge – risalgono all’epoca oscura della formazione siciliana in cui irregolarità, assenza di controlli e gravi carenze hanno consentito di far sparire i fondi. Progetti presentati dopo le scadenze, consulenti esterni privi di qualifiche, spese non attinenti ai progetti, attività formative false, violazioni sistematiche negli appalti e nella selezioni di docenti, esperti e formatori hanno alimentato un sistema che è divenuto a pieno titolo una vera e propria truffa colossale all’Ue con i soldi dei siciliani. Vogliamo sapere chi deve pagare”.
L’ultimo debito – Di sicuro, non pagherà il responsabile dell’ultimo debito a carico della Regione siciliana: oltre un milione che la Sicilia dovrà restituire all’Agea, l’ente che amministra i fondi europei destinati all’agricoltura. Il governo siciliano ha approvato pochi giorni fa un disegno di legge, per rispondere alla Decisione con cui la Commissione europea ha contestato all’Isola l’utilizzo irregolare di 1,16 milioni di euro erogati nel 2007 e utilizzati per una mega truffa, messa in piedi da una società poi fallita. Così, pagherà la Regione anche perché, si legge nel documento dell’Ue, “le autorità italiane hanno avviato la procedura di recupero cinque anni dopo l’accertamento dell’irregolarità”, così, “la lunga inattività ha ostacolato il diritto di chiedere la restituzione dell’importo indebitamente versato”. Il risultato? “La Commissione ritiene che il comportamento delle autorità italiane”, cioè della Regione siciliana, “debba essere considerato negligente e che la quota Ue dell’importo irregolare dovrebbe essere imputato al bilancio dello Stato membro”. Insomma, a sborsare il milione della truffa saranno i siciliani, sotto forma di ‘debito fuori bilancio’. “In quegli anni – spiega l’attuale assessore all’Agricoltura siciliano, Edy Bandiera – si provò a risalire alle società responsabili, ma era ormai troppo tardi”. “A questo punto – commenta Corrao – mi auguro che il governatore Musumeci avvii un indagini interna, o quantomeno che intervenga la Corte dei conti”. Nel frattempo, la Sicilia dovrà pagare.